Con un tempismo perfetto, subito dopo la foto toscan-free a Palazzo Chigi di vice ministri e sottosegretari, Matteo Renzi ha comunicato la nascita del partito (Italia Viva, un nome che ricorda la berlusconiana Forza Italia) a cui sta lavorando da mesi (anzi, probabilmente già dal giorno in cui non è più segretario del Pd). Una scelta che al momento nulla cambia per il Governo Conte-bis, ma che è una bomba (a orologeria?) sul voto del 27 ottobre in Umbria.
Tra dieci giorni si chiudono le liste, centrosinistra e M5s cercano una sintesi per un candidato comune (ancora da trovare, a meno che ci si accordi su Andrea Fora) ed il commissario umbro del Pd, filo diretto con il segretario Zingaretti e con la neo vice ministra Sereni che alla Farnesina ha l’ufficio qualche metro più in là di quello di Di Maio, e la mossa di Renzi aggiunge altre incognite nella composizione della lista umbra.
Perché se prima c’era da tener conto, oltre che delle regole statutarie, del peso delle correnti interne e delle condizioni poste da Di Maio, ora ci si interroga sulla possibili conseguenze nel mettere dentro o nell’escludere i renziani, di oggi e di ieri.
I parlamentari
Aderenti ai gruppi parlamentari di Renzi, alla vigilia venivano date per certe le capolista di Camera e Senato, Nadia Ginetti ed Anna Ascani. Ma la neo ministro dell’Istruzione in serata ha scritto un post in cui spiega: “Non me la sento di lasciare questo partito che mi ha dato moltissimo“.
Ascani saluta gli amici renziani: “non me la sento di lasciare il Pd”
Anche Leonardo Grimani veniva dato per possibile partente, sebbene Luca Lotti, a cui è politicamente legato, non abbia al momento seguito l’ex sindaco di Firenze. Come Graziano Delrio. Lasciati oltre le linee nemiche per avvelenare i pozzi? Serracchiani dice di no e parla di scelte “sofferte” e “personali“.
Da Guasticchi fedeltà a Verini
E allora non stupisce che un altro renziano della prima ora, ma ancor di più lottiano, come Marco Vinicio Guasticchi, giuri fedeltà al Pd e lealtà al commissario umbro Walter Verini, che sta portando avanti un lavoro “serio e determinato” per creare un’alternativa al centrodestra. “Sarò al suo fianco – assicura – per quello che potrò fare con umiltà, coerenza, determinazione e amore per questa straordinaria terra che è l’Umbria e i suoi abitanti. Il Pd è la mia casa e lo sarà ancora”.
Quindi, la scelta di campo: “Appartengo e rimango nel Pd, quello del 2007 del Lingotto di Veltroni, più convinto che mai, senza rinnegare passato, amicizia e stima per Matteo Renzi, con cui, fra i primi in Umbria, anche fra qualche scherno e indici puntati, ho condiviso un lungo percorso. Il Pd può, ne sono sicuro, tornare a essere protagonista e potrà farlo fin da ora con il primo test delle regionali“.
Basterà a tacitare quanti ne chiedono la testa, magari per prenderne il posto? Diversi amministratori giovani dell’Alto Tevere, la sua terra, giorni fa si sono espressi chiedendo “un forte segnale di discontinuità rispetto al passato“. Dal Trasimeno (un’altra zona su cui Guasticchi punta molto, tanto che da presidente della Provincia creò i “lagunari”) stasera arriva una presa di posizione simile.
E poi, c’è la compagna, la consigliera Emanuela Mori, animatrice a Perugia di uno dei Comitati renziani. Tanti nuvoloni più neri di quelli che lo hanno costretto a spostare al coperto il suo ultimo comizio.
I suoi avversari, infine, fanno notare che Guasticchi sta conducendo la sua campagna elettorale senza il simbolo del Pd. Una mossa nel caso si renda necessario, all’ultimo, accasarsi ad una lista civica?
A Terni occhi su Paparelli
Un altro renziano della prima ora era Fabio Paparelli, che si è ritrovato presidente della Regione in questi mesi finali di legislatura. Poi, ha lasciato Renzi quando ha visto che l’ex premier, da segretario dem, non si decideva a mettere mano in Umbria alla disputa tra bocciani e mariniani. E quando quest’ultima si è ricomposta un anno fa con l’accordo per portare Bocci alla segreteria regionale, Paparelli, sostenitore della mozione Zingaretti, ha remato con Verini.
Un’asse rimasta anche nella gestione della crisi politica legata alle dimissioni di Catiuscia Marini. Paparelli in aula ne ha votato la fiducia, ma ha sempre tenuto il filo diretto con Verini e con Zingaretti. Tanto poi da essere stato accusato dalla stessa Marini di aver scelto la data del 27 ottobre su indicazione di Zingaretti, dopo la telefonata con Salvini per andare alle politiche.
Da un lato, dunque, come vice presidente della Giunta regionale finita con due indagati (Barberini e Marini) i pentastellati ne chiedono la quarantena. Ma d’altra parte, della pattuglia dei consiglieri uscenti è il più zingarettiano: difficile che Verini rinunci a lui, considerando anche com’è messo il partito a Terni.
Leonelli: a disposizione del mio partito
Un altro consigliere uscente guardato con sospetto in queste ore post sisma con epicentro Rignano è Giacomo Leonelli. Un altro renziano della prima ora. Che con la corrente renziana arrivò alla segreteria del Pd umbro, salvo poi ritrovarsi a dover mediare tra bocciani e mariniani ai tempi della cattività barberiniana. All’ultimo congresso regionale, lo scorso dicembre, Leonelli prese le distanze tanto da Bocci quanto da Marini, sostenendo la candidatura di Verini. Che al cospetto di Zingaretti, nel giorno del fatidico “quelli che passano le domande d’esame noi li cacciamo” è stato acclamato come l’unico consigliere dem che non ha votato per lasciare al suo posto Catiuscia Marini. Una posizione che Leonelli oggi rivendica, anche di fronte alla questione morale posta da Di Maio.
“In questi giorni – dice Leonelli – sto ricevendo tanti messaggi e telefonate di persone che mi chiedono se sarò candidato alle prossime elezioni regionali di ottobre: a tutti rispondo che pur avendo svolto un solo mandato e avendo ricevuto la larga indicazione del partito della mia città, sono e rimango a disposizione del mio partito, il Pd, che valuterà al meglio se avvalersi o meno del mio contributo“.
E poi aggiunge: “Detto questo, però, vedo troppo tatticismo in giro, figlio magari della volontà di farsi spazio nella lista del Partito Democratico magari a scapito di altri invocando criteri magari cuciti su misura, quando invece non ci sono liste bloccate o collegi uninominali, ma una lista di 20 persone rispetto ai quali i cittadini possono esprimere liberamente al massimo 2 preferenze. Il tema qui è molto semplice e non servono grosse alchimie: un recentissimo sondaggio SWG pubblicato in questi giorni ci dice che la coalizione di centrodestra rispetto a quella composta da un eventuale accordo PD-M5S è avanti del 2,5%. Che tradotto in termini assoluti sarebbero circa 7/8.000 voti, che possono essere più che recuperabili con una squadra di candidati riconosciuti e apprezzati nel territorio regionale. Possiamo permetterci di fare liste poco competitive? Possiamo permetterci di lasciare fuori qualcuno perché forse così qualcun altro avrebbe più “spazio” o perché si presume che faccia riferimento a una sensibilità in questa fase non troppo “ortodossa” magari perché ha sostenuto al congresso candidati segretari che sembrano in uscita? Non credo proprio! Il rischio concreto, se questi sono i dati, è che il 28 ottobre potremmo pentircene amaramente“.
Perché uno dei problemi è questo: lasciando fuori bocciani, mariniani, renziani etc. etc., i voti alla lista del Pd chi li porta? Domanda che però ne suggerisce un’altra: ma i vari “iani” i voti li muovono ancora?
Affollamento a Perugia
Anche perché, soprattutto a Perugia, se venissero candidati tutti coloro i cui nomi sono circolati in questi giorni ci sarebbe un bell’affollamento. E’ di Perugia Leonelli; è di fatto un perugino acquisito Guasticchi, con un passato in Giunta con Valeria Cardinali, altra pronta a correre. E’ perugina Carla Casciari, le cui quotazioni sono però in forte ribasso. Ed è stato consigliere comunale a Perugia il neo-rottamatore Tommaso Bori. Non bastasse, c’è l’animatore dei “104”, Sauro Cristofani, pronto per un eventuale ticket con Donatella Porzi, alla faccia di chi lo considera in rampa di lancio verso le truppe renziane.
Oggi nel Pd, e domani?
Chi non vuole in lista i renziani, di oggi e di ieri, agita il sospetto del tradimento postumo. Possibile, visto che le regole dell’Assemblea legislativa umbra non sono poi così diverse da quelle che consentono a Matteo Renzi di crearsi il suo partito in Parlamento con un’intervista a un quotidiano. Con il rischio, dunque, che visti i tempi ristretti, Renzi i suoi li porti a Palazzo Cesaroni senza passare per le urne, arruolando poi qualche eletto nelle file del Pd o di liste civiche collegate al progetto del centrosinistra in costruzione. Altro dilemma per Verini e Zingaretti…
Chi resta nel Pd
Al momento è strategicamente più facile dire di voler restare nel Pd. Alcuni lo hanno fatto in modo molto chiaro e convincente. La lista è lunga. A cominciare da tutti coloro che confidano di essere candidati. Anzi, non sono mancati gli apprezzamenti di chi dal Pd è uscito ed oggi conta di poter rientrare. Una lista che la settimana prossima, quando i fatidici venti nomi saranno svelati, si assottiglierà?
E chi va con Renzi
Pochi, e soprattutto dalle seconde linee, si sono schierati apertamente con Renzi. I due Nicola, Preiti e Cassieri a Perugia, animatori dei Comitati di azione civile. (Ma quest’ultimo, con un post nella tarda serata di martedì, pur rinnovando le proprie attestazioni di stima e ammirazione da “tifoso” per Matteo Renzi, ha annunciato di voler restare nel Pd, aggiornamento ore 7,45).Comitati renziani che contano anche personaggi come il vice sindaco di Corciano, Lorenzo Pierotti, Leonardo Scimmi ed Emanuela Guanciale a Terni. In tutta l’Umbria ce ne sono una decina, da sud a nord.
Vincenzo Laloni a Nocera Umbra ha formalizzato i saluti da segretario con una lettera inviata al commissario Verini ed al gruppo dirigente nocerino. “Per me che sono un riformista inizia un’altra strada” scrive alla fine di un messaggio da divorzio consensuale.
Tra i fedeli della Ascani si guarda alle mosse di Federica Lunghi e Andrea Vannini, fino a ieri dati per possibili candidati nella lista Pd.
Ma i big – parlamentari a parte – ancora non si spostano da dove sono. Le truppe renziane attendono a braccia aperte l’arrivo dell’ex assessore regionale Antonio Bartolini, che ha lasciato la Giunta dopo la nomina all’Aran. Un indizio che porterebbe al passo che molti aspettano, quello di Catiuscia Marini. Che dopo i popcorn, ha scelto anche il film, “Ecce bombo” di Nanni Moretti: “Vengo, no non vengo. Oggi tutti morettiani“.