Quando vedere canali satellitari “gratis” può costare molto più caro di quanto si pensi: addirittura fino a tre anni di reclusione. Non è un paradosso ma è una situazione in cui, in questi giorni, si sono ritrovate circa 40 persone tra l’Alto Tevere umbro e toscano.
La denuncia delle piattaforme tv – Tutto è cominciato lo scorso anno, quando Mediaset e Sky hanno presentato una denuncia penale congiunta alla Procura del Tribunale di La Spezia, città da dove è partita la truffa. Entrambe le aziende erano infatti venute a conoscenza di diversi utenti “irregolari”, che utilizzavano schede pirata nei propri decoder satellitari per godersi gli oltre 1000 canali offerti (non certo gratuitamente) dalle due piattaforme tv. Spettatori “furbetti” distribuiti in tutto il territorio nazionale ma, prevalentemente, nel territorio altotiberino, unica zona coinvolta dal fenomeno nell’intera Umbria.
La frode – Come detto in precedenza è proprio da La Spezia che è partito tutto. Nella città ligure è infatti stata individuata “la base operativa”, ovvero il server principale dal quale un 40enne spezzino, allacciandosi anche ad alcuni client con sede in Francia, riusciva a fornire ai “clienti”, attraverso una normale connessione web, le chiavi di accesso per decodificare i contenuti criptati delle due piattaforme tv. In molti casi gli utenti potevano usufruire anche di entrambi gli abbonamenti. In Valtiberina sarebbero stati due uomini a fare da “collettore”, fornendo lo stesso tipo di scheda pirata a tutti coloro che lo richiedevano, ricevendo in cambio un corrispettivo annuale molto conveniente per gli acquirenti (compenso pari ad una fattura mensile di una sola piattaforma).
Partita galeotta – Dopo l’avvio delle indagini da parte della Guardia di Finanza spezzina (nell’ambito di un coordinamento investigativo tra Italia e Francia), ad “incastrare” i telespettatori “illegali”, ci hanno pensato gli stessi informatici di Sky e Mediaset con i loro potenti mezzi. Durante un match di cartello di Champion’s League dello scorso febbraio, il cui share prometteva grandi numeri, i tecnici specializzati hanno infatti intercettato i numerosi e ignari “tifosi” risalendo, tramite la semplice connessione internet, agli indirizzi Ip dei vari decoder, sintonizzati in quel momento sulla partita. Quella sera tra il territorio biturgense e quello tifernate ne sono stati individuati, appunto, circa 40.
Provvedimenti – Solo a questo punto, anche le Procure di Arezzo e Perugia si sono attivate. Le prima si è limitata a mandare un avviso di garanzia agli indagati, invitandoli a rendere l’interrogatorio alla Guardia di Finanza di Sansepolcro. La Procura perugina, invece, con il pm Michele Adragna si è attivata in maniera diversa: le fiamme gialle hanno infatti proceduto, a metà maggio, a perquisizioni domiciliari a tappeto in appena due giorni, con tanto di mandato e avviso di garanzia. In alcuni casi sono stati rinvenuti e sequestrati decoder e schede pirata, in altri, dove non è stata trovata alcuna traccia di apparecchi, è stato comunque ravvisato l’avviso di garanzia. Molti degli indagati, nell’Alto Tevere umbro, si sono già rivolti agli avvocati Michele e Roberto Bianchi.
La Guardia di Finanza tifernate, nell’ambito di quella che è stata chiamata Operazione “Prima Visione”, ha operato in collaborazione ad altre tenenze locali, tra cui quella di Assisi. Il reato che viene contestato alle persone coinvolte è quello della violazione del diritto di autore. Tutte loro, trattandosi di un reato solo all’apparenza “leggero”, rischiano la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una sanzione che va da 2.582 euro a 25.822. Tra i 40 indagati in Valtiberina, inoltre, molti risultano essere soggetti in vista, con cariche in varie categorie professionali e imprenditoriali.
A ‘piede libero’ ci sarebbero ancora tanti altri spettatori “non autorizzati”, scampati alle grinfie della giustizia per un gioco del destino, o semplicemente perché, in questo caso, non particolarmente appassionati di calcio. Sicuramente la vicenda potrà comunque servire da monito a molte altre persone, anche perché, nell’immediato futuro, potrebbero ripetersi operazioni simili sempre in vista di avvenimenti di alto gradimento (gli Europei di Calcio sono alle porte). La situazione, al momento, è in fase di evoluzione e, in Umbria, si attendono intanto i vari interrogatori di rito.