Persone in piedi, ammassate, a poca distanza l’una dall’altra. Insomma, un assembramento, secondo una parola diventata purtroppo usuale in tempi di pandemia Covid. Siamo a Perugia. Ma non in uno dei luoghi della movida, più volte chiamati in causa in questi mesi.
Siamo al Tribunale penale di Perugia. Dove ogni giornata di udienza si ripete la stessa scena, con parti, testimoni, avvocati che si ritrovano ammassati negli angusti corridoi adibiti a sala d’attesa.
Per carità, segnali adesivi mettono in guardia dai posti nelle panchine dove non ci si può sedere, per mantenere il distanziamento, e dove bisogna camminare. Solo che, materialmente, manca lo spazio per contenere tutte quelle persone. E così, in attesa che vengano chiamate le udienze iscritte a ruolo per quella mattina, le parti convocate di più processi si ritrovano giocoforza a dover condividere i pochi metri quadrati dei corridoi. Senza finestre.
Scene che in alcuni casi si ripetono anche all’interno delle aule, nonostante il giudice di turno provi a limitare l’accesso in base al numero delle persone ammesse rapportate ai mq dell’aula stessa.
Secondo la procedura adottata durante l’emergenza Covid le udienze dovrebbero essere ridotte, proprio per limitare questi inconvenienti. Ma anche per istruire un’udienza che poi viene rinviata si ripete il rito delle parti convocate e dei testimoni che attendono nel corridoio. Con gli inevitabili assembramenti.
Ecco perché alcuni avvocati chiedono, insieme ai magistrati, di essere inseriti tra le categoria prioritarie per la vaccinazione anti Covid. Altrimenti il rischio, affermano, è quello di bloccare in Italia una giustizia già lenta.