Le accuse a suo carico sono pesantissime: avrebbe abusato di sua figlia per 6 lunghissimi anni, sin da quando la bimba aveva 10 anni. Approfittando anche delle trasferte che lui, allenatore sportivo, compiva insieme alla figlia, in Italia e all’estero. Accuse che però l’uomo, un 65enne residente nel Perugino, respinge con forza, dichiarandosi innocente.
Imputato a Spoleto – L’uomo, difeso dall’avvocato Salvatore Finocchi, è finito sotto processo davanti al collegio penale del Tribunale di Spoleto (Fornaci, Anibaldi, Marzullo). Le accuse sono pesanti, violenza sessuale aggravata su minore, minacce ed ingiurie, queste ultime nei confronti anche della moglie. La donna,dopo la denuncia alle forze dell’ordine – che un anno fa ha portato la magistratura a disporre gli arresti domiciliari per il 65enne – è andata a vivere fuori regione, portando con sé i figli.
Pesanti accuse – Stando alla tesi accusatoria, rappresentata in aula dal pm Iannarone, l’uomo, dal 2010 al 2014 avrebbe avuto rapporti sessuali di vario tipo con la figlia, con una frequenza quasi settimanale. La moglie non si sarebbe accorta di nulla, fino a quando l’adolescente ha deciso di raccontare gli abusi che avrebbe subito dal padre. In particolare, stando al capo d’imputazione, il genitore avrebbe approfittato della figlia sia a casa, nei momenti in cui si trovava solo con lei, che in strutture alberghiere italiane ed estere, dove i due avrebbero soggiornato in occasione delle gare sportive della ragazzina, atleta agonista del quale il padre era l’allenatore.
Scontro tra medici in aula – Dopo che i giudici avevano accolto la richiesta di rito abbreviato condizionato all’escussione dei medici che visitarono l’adolescente al momento della denuncia, oggi in tribunale si è entrati nel vivo del processo, ascoltando proprio i professionisti citati dalla difesa. Ma tra i due ginecologi, quello spoletino chiamato a testimoniare dal difensore dell’imputato e quello nominato dalla Procura all’epoca dei fatti è stato scontro in aula. Il primo, infatti, in sostanza ha spiegato l’impossibilità di accertare la violenza fisica subita, mentre il secondo ha sostenuto il contrario. Si tornerà in aula a gennaio per la discussione e la sentenza.