La Confcommercio dell’Umbria interviene nel dibattito originato da quanto stabilito dal decreto per la stabilizzazione della finanza pubblica, che ha introdotto disposizioni “sperimentali” in materia di liberalizzazione delle aperture e degli orari di vendita degli esercizi commerciali nei comuni turistici e nelle città d’arte, consentendo l’apertura sempre, compresi superfestivi, e senza il limite massimo delle 13 ore. E lo fa invocando una soluzione equilibrata, frutto del confronto tra le parti in causa, e il rispetto delle competenze attribuite in materia alle Regioni.
“Se da un lato condividiamo – spiega il presidente di Confcommercio Umbria Aldo Amoni – l’opportunità di favorire al massimo in certe aree le aperture, sia in termini di giorni che di orari – in Umbria pensiamo ad esempio a città come Norcia, o Assisi, in cui per le imprese è essenziale tenere aperto anche a Natale e Pasqua, o in orari più ampi dei consueti, per dare un adeguato servizio ai turisti e garantire una sufficiente redditività alle imprese, che per lo più sono a carattere familiare e non hanno dipendenti – dall’altro però riteniamo che questa possibilità debba essere consentita soltanto laddove ce ne sia davvero la necessità. Inoltre l’art. 35 del decreto per la stabilizzazione fa riferimento – nel prevedere la liberalizzazione di orari e aperture – ad una classificazione, quella appunto di città d’arte e comuni turistici, che non solo in Umbria, come in tante altre regioni, non esiste, ma di cui non sono stabiliti neppure i criteri, e dunque è suscettibile di forzature e abusi”.
Molto più puntuale e rispondente alle effettive esigenze che la liberalizzazione intende soddisfare – secondo la Confcommercio dell’Umbria – è l’attuale classificazione adottata dalla Regione Umbria, che stabilisce la possibilità di deroga alle aperture per i centri storici/acropoli, per la aree a vocazione turistica e i borghi. “E’ dunque a livello di competenza regionale – spiega ancora Amoni – che la questione va ricondotta, e in questa sede va attivato un tavolo di confronto in cui valutare l’opportunità di una piena liberalizzazione di aperture e orari in quelle realtà in cui fosse effettivamente motivata da esigenze di servizio alla clientela e di forte vocazione turistica del territorio”.
Confcommercio dell’Umbria pone peraltro un’altra questione che ritiene prioritaria: “Dissentiamo completamente – spiega Amoni – da chi ritiene che la liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura per gli esercizi commerciali porterà automaticamente ad un incremento dei consumi e dell'occupazione: perché questo accada bisogna incidere sulla domanda, realizzare azioni per la promo-commercializzazione del territorio, rilanciare i flussi turistici. Non dobbiamo dimenticare che l’Umbria è una regione nella quale, a fronte di valori di reddito e consumi che ci collocano in una posizione meno che intermedia rispetto al resto d’Italia, c’è una densità commerciale – cioè un rapporto tra punti vendita e popolazione residente – pari a 1.318 esercizi ogni 100mila abitanti, superiore alla media del Centro e a quella nazionale. Quindi il vero problema non quello della liberalizzazione, ma di un aumento del potere d’acquisto e della capacità di attrazione commerciale e turistica dei nostri territori. Altrimenti avremo negozi aperti a tutte le ore, ma vuoti”.