A due anni dall’esito delle indagini, l’operazione “Turnover”, messa a segno dalla Squadra Mobile della polizia di Perugia, continua a far parlare di sé. E ad arrestare ricercati sodali dell’organizzazione anche conosciuta come Cosa Nostra nigeriana. L’ultimo a finire in manette è K. C., cittadino nigeriano di 34 anni, considerato il capo “locale” del gruppo operativo a Firenze. Era uno dei membri più autorevoli del gruppo di nigeriani, alle dirette dipendenze di A. J., ritenuto a sua volta il boss del sodalizio operativo in Italia, domiciliato a Roma e catturato all’alba del 21 maggio davanti all’ambasciata della Nigeria nella capitale. Il gruppo di criminali, dall’Africa, portava in Italia ingenti quantitativi di droga, per poi smerciarli sulle piazze principali, tra cui quella di Perugia.
K.C. era dunque ben noto agli uomini della Mobile, che avevano avuto modo di conoscerlo già all’inizio dell’indagine, attaccando una sua foto, sulla cartina dell’Italia, proprio su Firenze. Il 34enne si era distinto per la scaltrezza e per l’acume criminale, grazie ai quali non solo non era mai stato arrestato in flagranza, ma soprattutto, dopo gli arresti scattati all’alba del 7 maggio 2014, si era dato alla fuga, facendo perdere ogni traccia di sé dal territorio nazionale.
Ma gli uomini della Squadra Mobile non si sono persi d’animo, e avevano continuato a seguire le sue tracce in maniera discreta ed impercettibile, intervenendo nel momento più opportuno. La svolta è arrivata nel pomeriggio lunedì 7 marzo, quando dalla Polizia di Frontiera Aerea di Bologna arriva la tanto attesa conferma degli accertamenti e degli approfondimenti svolti e diretti ad assicurare alla giustizia anche il referente fiorentino del gruppo.
K. C. è infatti ricomparso con un volo da Casablanca a Bologna: credeva di riuscire a eludere la polizia italiana, fiducioso di non essere più ricercato, ma è stato ammanettato prima ancora di mettere piede in aeroporto. Poi gli uomini della polizia lo hanno condotto nella casa circondariale più vicina. A nulla dunque è servita la scelta “strategica” dello scalo intermedio in Marocco, per “ingannare” gli investigatori alla ricerca del suo nome sulle liste dei passeggeri provenienti dalla Nigeria. Un sistema ormai da considerare obsoleto e fallimentare, nonostante sia stato utilizzato in precedenza nell’organizzazione dei trasporti di droga.
Droga, “turnover” ancora un arresto per il traffico nigeriano
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Il cerchio dell’operazione della Squadra Mobile di Perugia si è dunque chiuso anche su Firenze. L’operazione denominata Turnover, lo ricordiamo, condotta tra il 2012 ed il 2014 dagli uomini della “Criminalità organizzata” di Perugia e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, era stata concepita e condotta per contrastare e neutralizzare una vera e propria “rete” di nigeriani, tutti dediti in maniera attiva e proficua all’immissione di droga in Italia e presenti in numerose province del territorio nazionale e all’estero (Nigeria, Congo, Zambia, Brasile, Ecuador, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna). Il suo epilogo era giunto con l’emissione, da parte del GIP di Perugia, di ben 37 misure di custodia cautelare in carcere, molte delle quali eseguite all’alba del 21 maggio 2014 su tutto il territorio nazionale.
L’indagine aveva consentito l’individuazione e la cattura di due pericolosissimi latitanti nigeriani, rifugiatisi in Irlanda con false generalità, uno dei quali era a pieno titolo inserito nella lista dei 30 latitanti più pericolosi secondo il Gruppo Integrato Interforze per la Ricerca dei Latitanti del Ministero dell’Interno.
Particolarità del gruppo oggetto dell’indagine Turnover è la triste circostanza per la quale i corrieri di droga che avevano la sventura di cadere nella trappola degli investigatori di Perugia, solitamente appena atterrati a Fiumicino, venivano erroneamente ritenuti, dai loro mandanti, in fuga con la droga e pertanto “traditori”. Le conseguenze, per le loro famiglie e per le loro case in Nigeria, erano nefaste, al punto che dopo la “somministrazione” di un potente rito “Voodoo” sull’arrestato, i familiari erano vittime di pesanti violenze e ritorsioni.
Qualora invece i capi venissero a conoscenza dell’avvenuto arresto del loro inviato, i riti malefici erano destinati agli operatori di Polizia autori della cattura (…”gli uomini in divisa”).
L’indagine, oltre a permettere di individuare e cogliere in flagranza circa un decina di “corrieri-ovulatori” inviati in Italia per immettere sul mercato nazionale ingenti quantitativi di “eroina” e “cocaina”, sequestrata per oltre 10kg, ha consentito soprattutto di identificare i “mandanti”, gli “organizzatori” dei vari trasporti, presenti in diversi paesi esteri e distribuiti nelle principali città italiane per la gestione delle relative piazze di distribuzione, all’ingrosso, della droga.
I cosiddetti “capi” o “referenti” locali si occupavano, oltre che dell’organizzazione dei viaggi per l’arrivo della droga in Italia, anche della successiva distribuzione, a connazionali e non, per lo spaccio al dettaglio, riuscendo quasi sempre a non farsi mai trovare con la droga addosso o in casa.
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