Mamma mia che angoscia è stato vivere da luglio 2022 fino alla fine di febbraio 2023 e nell’imminenza della presentazione ufficiale del misteriosissimo Programma della 66esima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto, al terzo anno di direzione artistica di Monique Veaute. Una vera traversata nel deserto, con tanto di lingua felpata dalla sete di anticipazioni.
Per chi non è ancora pratico di faccende festivaliere vale la pena riepilogare solo qualche passaggio prima di affrontare uno dei temi più discussi degli ultimi 3 anni e che ha tenuto sospesi i giudizi di molti appassionati cultori del Due Mondi, un consistente numero di frequentatori e sostenitori che non potevano darsi pace per il fatto che la nuova direzione artistica del Festival avesse deciso di non riproporre l’Opera come appuntamento clou in apertura della manifestazione.
Quello che era diventato da più di 60 anni l’elemento distintivo di un Festival internazionale, il momento dove si poteva intuire se tutto sarebbe andato bene o meno, è stato bandito dalla programmazione in nome della novità del Teatro Musicale, “una nuova forma di Opera…”, dirà in più di una occasione Monique Veaute (salvo poi scoprire che si trattava di una guitteria simil-circense), o peggio accampando scuse poco credibili tipo il Covid, proprio mentre in giro per l’Italia l’opera lirica veniva rappresentata senza evidenti sceneggiate napoletane. Una prova lampante? Il fatto che il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto nello stesso periodo non ha interrotto i suoi lavori, con molto sacrificio per carità, ma con ostinata determinazione.
Ma detto ciò, a partire dalla fine di Spoleto65 tutto sembrava essere superato dalla consapevolezza e da qualche “spiffero” che il DA Veaute aveva fatto filtrare ai giornaloni nazionali circa la programmazione di un’opera specifica per l’apertura del 2023.
Quello che nessuno sapeva al tempo era però che l’Opera in questione, Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, era già un titolo di punta nei primi mesi del 2022 in casa (Hungarian State Opera) e nella mente del M° Ivan Fischer, che con la sua Ivan Fischer Opera Company ne avrebbe pensata una versione piaciuta anche al Festival che ha deciso di coprodurla per il 2023, sperando forse che i lagnosi amanti del genere, locali e non, smettessero di lamentarsi.
Insomma, il segreto più custodito dell’Universo, tenuto chiuso in celle blindate protette meglio dei caveau delle banche, sembra invece essere stato svelato anche questa volta per una banale coincidenza.
L’Opera Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, che dovrebbe inaugurare il Festival di Spoleto come nell’antica tradizione, essendo una coproduzione del Festival si scopre, guarda caso, è in programma anche a casa di uno dei partner della stessa, il Vicenza Opera Festival. Non un posto qualsiasi ma il Festival dove il nostro “prezzemolino” M° Ivan Fischer è anche Direttore Artistico. Un bel filotto si direbbe giocando a biliardo.
E con un semplice click, sulla pagina ufficiale del VOF l’arcano più protetto del mondo si è materializzato in tutta la sua forma e consistenza.
Come si può vedere bene dalla pagina è anche già disponibile con largo anticipo il cast e tutti i dati della produzione. Cast che tuttavia potrebbe anche non essere necessariamente lo stesso della messa in scena spoletina. Ma c’è di più: alla fine della scheda di presentazione si leggono le due righe magiche che riportiamo virgolettate, “Una produzione della Ivàn Fisher Opera Company, già una coproduzione tra il Palazzo delle Arti di Budapest, Festival dei Due Mondi, Vicenza Opera Festival“.
Ora se l’Italiano non ci inganna e comunque tenuto conto di una possibile forma tecnico-organizzativa conosciuta forse su Mork e a noi campagnoli sconosciuta, il senso di quanto scritto dovrebbe confermare che lo spettacolo vicentino è una produzione della Ivan Fischer Opera Company, mentre tutto quello che riguarda la messa in scena dell’Opera in altri contesti è frutto della coproduzione tra Palazzo delle Arti di Budapest, Festival di Spoleto e Vicenza Opera Festival. E fin qui nulla di male.
Dove invece il sogno di chi ama il Festival di Spoleto e l’Opera rischia di infrangersi è nella modalità, diciamo curiosa, secondo cui il Vicenza Opera Festival ha già annunciato la sua opera di punta dal sito ufficiale, mentre a Spoleto ancora si attende una data concordata con il ministero per l’attesa conferenza stampa di presentazione.
E se tutto questo è comunque in parte triste, ma risolvibile, quello che non lo è proprio è che Vicenza sta già vendendo i biglietti dell’Opera e Spoleto no, ammesso che sia la stessa nei due contesti e che non ci siano sostanziali differenze di produzione. Ovviamente alzi la mano chi scommette se qualche amico dell’Opera lirica al nord comprerà i biglietti per venire a Spoleto.
Ed in assenza di una comunicazione efficace (magari ad esempio un cast diverso che spinge ad andare in un posto invece di un altro), anche altri normali affezionati al Due Mondi potrebbero rimanere disorientati.
Alla fine della fiera qualche domandina ci viene spontanea per i nostri eroi del Festival: ma dove inizia la coproduzione con i partner citati e soprattutto in che cosa consiste, visto che qualche spiccetto a Spoleto lo tireremo fuori?
E dove e come invece agisce in libertà il M° Ivan Fisher con la sua struttura IFOC che, stando a quanto scritto nel sito vicentino, produce il Pelleas et Melisande per Vicenza? È noto in campo musicale internazionale che la messa in scena del M° Fischer e del suo IFOC si pone sempre come obiettivo un’unità organica tra musica e teatro. Le produzioni spesso collegano spazialmente strumentisti e cantanti. E pare che sia così anche per la messa in scena spoletina. Ma in questa fase siamo nel campo dei “si dice” e dunque nulla di fatto. Quindi la curiosità resta!
E proseguendo con le domandine, l’Opera che si definisce “coprodotta dal Festival dei Due Mondi” è per caso un prodotto chiavi in mano che necessita solo di piccoli adattamenti in base ai teatri di destinazione oppure stiamo lavorando per renderla unica e mai vista prima, come normalmente è sempre accaduto al Festival?
Una serie di semplici curiosità che non dovrebbero creare disturbo, soprattutto dopo due anni interi di astinenza da Opera. Proprio ora che stiamo per sederci e godere dei 5 atti e 12 quadri del lavoro di Debussy, non possiamo certo rinunciare a capire alcune mosse strategiche della direzione artistica in campo di coproduzioni.
Come nel caso dei costumi storici del Festival andati in prestito all’artista Jeanne Candel per un nuovo lavoro che ha visto il debutto agli inizi 2023 e che noi campagnoli non vedremo a Spoleto66 ma forse a Spoleto67. Nella speranza che ci ridiano i costumi almeno.
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Che si tratti delle famose coproduzioni a “babbo morto”?
A forza di vedere gli errori o le cose storte dappertutto, noi malfidati osservatori locali abbiamo perso di vista invece il senso di una certo modo di fare “champagne”, che vuole per prima cosa non lasciare mai soli un minuto gli spoletini dalle faccende festivaliere. Poi dice che uno… non è vicino a chi il Festival lo vive sulla propria pelle da 65 anni, prossimamente 66.
Ogni giorno invece ce n’è una nuova, per cui, se le mettiamo in fila, il famoso catalogo mozartiano (Don Giovanni) diventa poco più che la lista della spesa.
Si è passati da bandi per assunzioni di figure necessarie, forse, a proposte di revisione dello Statuto della Fondazione con creazioni di sedi alternative minacciate, poi accantonate, poi ripescate e infine forse abortite. Avevamo una biglietteria efficiente durata decenni e sempre regolarmente assegnata con gara, ma abbiamo sentito il bisogno di cambiare passando a strutture milanesi, sicuramente più vicine geograficamente allo champagne che al sagrantino.
Avevamo tenuto saldo un principio di territorialità del Festival, anche nell’ottica di una promozione economica che premiasse il territorio specifico e invece quest’anno abbiamo deciso di fare un concerto d’organo “strappacore” ad Assisi, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Qualcuno ci ha detto “andiamo a piantare le nostre bandierine lì…”. Ancora si odono nell’aere gli sghignazzi dei fratacchioni assisani che di organizzazione di spettacolo ne sanno più di Pippo Baudo ed Amadeus messi insieme. Senza contare che ci risulta che nell’area del concerto verrà montato a breve un cantiere del terremoto. Amen fratelli!
Stanno ancora cercando alcuni dispersi che lo scorso anno sono usciti dai radar, dopo che hanno tentato di prendere parte a tutti gli spettacoli programmati per il giorno inaugurale del festival. Una abbuffata mai vista.
E per concludere, lo scazzo epico con la Curia Arcivescovile di Spoleto con facce tese, rimapalli e pallonetti, senza cucchiaio, per stare nel gergo calcistico. Una partita che non finirà al 90°. Ne resterà uno solo, forse!
E, come sempre, l’assenza totale di un minimo pronunciamento di chi dovrebbe vigilare e sovraintendere almeno per la parte amministrativa e gestionale, ad esclusione della artistica che è esclusivo compito del DA. E’ infatti scomparso dai Radar anche il sindaco – presidente Andrea Sisti. Lo cercano con i droni ma al momento ancora nulla.
Insomma non sommiamo oltre, che in 3 anni ne abbiamo viste di cose noi umani…