Nell’ordinanza che ha confinato agli arresti domiciliari sei operatori di una struttura protetta di Torchiagina ad Assisi ci sono descritte umiliazioni e violenze psicologiche, violenze fisiche e vessazioni. Il tutto fotografato, intercettato, filmato e raccontato nei verbali dei carabinieri del Nas di Perugia che dopo una denuncia arrivata nel dicembre del 2015 hanno avviato un’indagine scrupolosa fino a portare il pm Michele Adragna a richiedere le sei ordinanze poi firmate dal Gip Carla Giangamboni. Ora la struttura è stata posta sotto sequestro e per garantire la continuità del servizio agli ospiti presenti sono stati designati dirigenti e personale operante diverso da quelli rientrati nell’inchiesta per maltrattamenti e lesioni aggravate.
Una casa degli orrori, dove donne e uomini, più o meno anziani ma anche tossicodipendenti in terapia erano ospitati in “regime protetto”. Protetto si, ma non evidentemente da chi si permetteva di “prendere per il collo e colpire con un pugno” un paziente che si era rifiutato di raccogliere i fazzoletti carta gettati a terra o di “punire” una donna costringendola a “restare in piedi per diverso tempo contro un muro”.
Per chi si sottraeva al lavoro nell’orto della Onlus arrivavano i metodi “duri”, come per l’ospite che viene “strattonato e colpito a più riprese con dei violenti schiaffi mentre aveva il braccio dietro piegato sulla schiena”. Per chi non voleva assumere medicinali, le pene corporali: “tanto da essere presa con forza per l’orecchio sinistro e trascinata verso un’altra stanza”.
Le sei persone arrestate, lunedì mattina sfileranno davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia e dovranno spiegare perchè da quella Onlus una persona è uscita con un polso fratturato “per una presa troppo vigorosa” recita l’ordinanza, o perchè un altro ospite è rimasto ferito alla testa, secondo la ricostruzione in seguito a percosse perche “spinto contro un cassone di ferro”. Botte date con un grosso bastone, insultando e gridando verso un paziente con disagi mentali per obbligarlo a “rialzarsi immediatamente dalla sedia a rotelle”.
Fa rabbia, tanta rabbia, scorrere la sequenza di episodi attribuiti ai 6 (uno straniero e cinque italiani) se si pensa ad un’anziana che si addormenta dopo pranzo e viene svegliata con un bicchiere d’acqua fredda gettata sul viso. Metodi da lager anche verso un paziente che lancia in aria un bicchiere e viene aggredito, per questo, al collo e al petto da un operatore. Il tutto in clima sempre di offese e ingiurie verbali e con toni autoritari ed intimidatori.