Erzsebet Katalin Bradacs si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma da Capanne si professa innocente | Le verità dall'autopsia sul piccolo Alex
“Non ho ucciso mio figlio”. Ha ripetuto solo questo Erzsebet Katalin Bradacs, la donna ungherese di 44 anni in carcere a Perugia con la terribile accusa di aver pugnalato a morte il figlio di due anni, Alex Juhasz, a Po’ Bandino.
Il porno, Cicciolina, le foto shock:
Ungheria morbosa sulla vita di Katalin
Il night e Ikea, un figlio tolto e Alex conteso,
la vita di Erzsebet Katalin fino al carcere
Nell’interrogatorio di garanzia lunedì mattina, di fronte al giudice per le indagini preliminari Angela Avila la donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere.
Il suo legale, l’avvocato Enrico Renzoni, all’uscita dal carcere conferma la versione della donna, che sostiene di essersi allontanata per qualche minuto dall’ex cabina Enel dove il piccolo stava dormendo e di averlo ritrovato ferito. Al supermercato sarebbe poi corsa con il bimbo sanguinante in braccio per cercare aiuto.
Una telefonata alle 4.46 di notte:
così arriva l’orrore a Po’ Bandino
La donna ha anche sostenuto che avrebbe presto riportato il piccolo Alex in Ungheria dal padre, con il quale era aperto un contenzioso giudiziario per l’affido.
Intervista al papà di Alex:
“Non si può chiamare madre”
Nonostante la richiesta di scarcerazione avanzata dalla difesa, la scelta della donna di non rispondere alle domande ha reso scontata la decisione del gip, arrivata nel primo pomeriggio: Katalin resta in carcere.
L’audio della confessione atteso dagli inquirenti italiani
per verificarne l’autenticità
L’autopsia sul corpo del piccolo Alex
Si attende intanto l’esito dell’autopsia sul corpo del bambino, per stabile l’arma del delitto e con precisione l’ora e le modalità del decesso.