Morta per “insufficienza cardiorespiratoria”: questo il drammatico verdetto della relazione clinica sul decesso di B. I., la piccola spirata lo scorso 5 giugno 2011 nel reparto di Pediatria del Sanata Maria della Misericordia di Perugia. Sulla sua morte ora pende un caso giudiziario, che vede indagati sei medici dell’Azienda ospedaliera perugina. Ieri il gip Avenoso si è riservato di decidere sull’eventuale prosecuzione delle indagini da parte del pm. Approfondire ancora quindi, oppure archiviare tutto, questo il responso che potrebbe arrivare il prossimo lunedì.
Nelle mani del gip Avenoso la relazione clinica firmata dal dottor Sergio Scalise Pantuso, medico legale di Perugia, incaricato di effettuare l’autopsia sul corpo della piccola. La bimba era nata il 22 ottobre 2o10, con parto prematuro ma spontaneo, e con una “condizione di ritardo intrauterino evidenziato nelle 6 precedenti settimane”, si legge nella relazione di Pantuso. La bambina però soffriva di una patologia cardiaca dalla nascita che subito i genitori segnalarono ai medici. Fino alla morte, sopraggiunta quando la bimba aveva compiuto da poco i suoi primi 7 mesi: secondo l’autopsia, dunque, si tratta appunto di insufficienza cardiorespiratorio con “cianosi – sospetta inalazione, in realtà conseguente ad una accertata “cardiomiopatia ipertrofica del ventricolo sinistro”, conclude Pantuso.
E’ nell’atto di opposizione dei genitori della piccola che si legge che il pediatra aveva diagnosticato alla bimba, al terzo mese circa, un soffio al cuore. Siamo dunque a gennaio quando si palesa per la neonata la necessità di ulteriori indagini mediche, da effettuare con un eco cuore: la visita fu però prenotata presso il CUP di Magione e fissata per l’8 settembre 2011. Fatto insolito, secondo gli avvocati dei due genitori, in quanto si trattava di un codice di priorità B che “secondo il R.A.O. (Raggruppamenti Attesa Omogenei) Regione Umbria, entrati in vigore il 6 marzo del 2011” prevede che la prestazione sia effettuata entro dieci giorni. Altri tentativi andarono comunque a vuoto. “La mancata visita – si legge negli atti – della piccola I. nel termine prescritto dal R.A.O. di dieci giorni dipese esclusivamente dalla mancata attivazione da parte della USL 2 per i piccoli pazienti”. Il 5 giugno poi la tragedia: prima i sintomi, con la bimba che rifiutava di prendere il latte dalla madre e cominciava a vomitare, poi la corsa in ospedale. Alle 15, dopo che “il padre aveva informato che la bambina soffriva di un soffio cardiaco, con l’ausilio di un’infermiera procedeva ad una mera aspirazione del materiale delle vie aeree”. Ma alla fine il peggioramento delle condizioni della piccola, e alle 16.50 il cardiologo non ha potuto fare altro che constatare il decesso, per una “polmonite virulente ab ingestis”. I genitori, assistiti dagli avvocati Billi e Perticaro, parlano di comportamento “negligente ed imperito dei sanitari. Ed infatti – si legge negli atti – sulla responsabilità dei sanitari che determinava un grave e non scusabile errore diagnostico causalmente rilevate ai fini del decesso della bambina”.
Ora sarà il Gip Avenoso a stabilire se la vicenda dovrà concludersi o proseguire con ulteriori indagini. Agli atti anche una lettera del padre della piccola: “è mai possibile che si esiga il rigoroso rispetto del protocollo nelle situazioni in cui la posta in gioco sono la vita e la salute dell’individuo?”. Così recita la missiva, con cui l’uomo prova, nel suo dolore straziante, a ragionare a mente lucida e fredda. “Un crudele destino – nelle sue parole – che l’intervento umano non poteva arginare o mutare”. Il padre scrive nella speranza che la sua voce non rimanga inascoltata o lasciata sola nell’indifferenza, chiedendo per questo di aiutarlo affinchè la sua voce “possa echeggiare nelle coscienze di chi ancora resta all’oscuro di simili realtà”.
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