Ha ammesso di aver esploso il colpo risultato fatale e confessato di aver agito come ha agito per la paura di dover dire alla famiglia di quello che considerava il figlio che non aveva mai avuto che Davide lo aveva ucciso lui. Allo stesso tempo però Piero Fabbri, 56 anni detto “il Biondo”, il muratore di Assisi arrestato per l’omicidio di Davide Piampiano, ha negato di aver depistato le indagini e smentito di non aver chiamato i soccorsi, anche se non direttamente.
L’uomo, nell’interrogatorio di garanzia durato circa due ore, ha ammesso di aver sparato: “Era buio, pensavo di sparare a un cinghiale”, la sua versione dei fatti. Sostiene di aver scaricato il fucile del 24enne per sicurezza, mentre le altre azioni che gli inquirenti indicano come un depistaggio per salvarsi la pelle dice sarebbero state intraprese perché, “sconvolto” dall’incidente, aveva vergogna di dover confessare ai genitori che lo consideravano di famiglia – per Davide, Fabbri era come un secondo padre – che aveva sparato, seppur per errore, al loro figlio.
Ma, dopo aver nascosto il fucile e il giubbotto, ha reiterato la sua prima ricostruzione dei fatti – ossia che Davide si fosse sparato da solo – non solo agli inquirenti intervenuti sul posto ma anche, per giorni, ad amici e familiari. Ad Assisi, una città ancora attonita dalla ricostruzione della tragedia, c’è infatti chi racconta che per giorni “il Biondo” abbia fornito la sua ricostruzione dei fatti (un racconto del tipo: “Davide si è sparato da solo, ho tentato di salvarlo l’ho visto morire di fronte ai miei occhi”) a qualunque persona incontrasse, inclusi i numerosi avventori di un bar della zona che frequenta. Un tentativo di salvataggio che avrebbe confermato anche nell’interrogatorio di ieri: non avrebbe chiamato il 118 perché appunto stava soccorrendo Davide, e avrebbe telefonato al terzo cacciatore, coetaneo di Davide, per chiedere aiuto.
Totalmente diversa la ricostruzione dell’accusa: nessuno sconvolgimento, “il Biondo” avrebbe inscenato la “fandonia” che Piampiano si fosse sparato da solo, ad esempio scaricando l’arma della vittima e nascondendo il bossolo del colpo (peraltro mai trovato), ma anche la sua arma e il suo giacchetto da caccia, e quindi alterando lo stato dei luoghi e delle armi (come si vede nel video) per “salvare se stesso da possibili conseguenze”, invece di chiamare i soccorsi che avrebbero potuto salvare l’amico che lo implorava di aiutarlo. Un comportamento che il gip riassume in “condotte dolosamente immobiliste, inidonee a procurare l’intervento immediato di chi veramente poteva salvare la vita al giovane, e piuttosto orientate al proprio esclusivo tornaconto personale”.
Al termine dell’interrogatorio il difensore di Fabbri, per cui si tratterebbe di omicidio colposo aggravato e non di omicidio volontario con dolo eventuale, ha chiesto la revoca della custodia cautelare, su cui si pronuncerà il giudice del capoluogo umbro; poi tutto passerà alla magistratura di Firenze alla quale il procedimento è stato trasmesso per competenza.