Dopo la proclamazione dello stato di agitazione, presidio degli 80 dipendenti. L'azienda convoca un incontro sindacale
C’è forte preoccupazione tra i lavoratori della Mignini e Petrini di Petrignano d’Assisi, storica azienda che produce mangimi alimentari, con circa 80 dipendenti nel sito umbro (e altri 3 stabilimenti in Italia a Bologna, Napoli e Brindisi).
Lunedì 26 settembre le maestranze, insieme ai loro sindacati, Flai Cgil e Uila Uil, hanno dato vita ad un presidio davanti ai cancelli della Mignini e Petrini di Petrignano per denunciare “l’immobilismo della proprietà a fronte di una situazione ogni giorno più insostenibile”. “La perdita costante di fette di mercato sta rallentando fortemente la produzione, costringendo i lavoratori del sito umbro ad utilizzare il proprio monte ferie per far fronte alla fermate produttive, mentre in altri stabilimenti del gruppo, come Bologna, è già attiva la cassa integrazione – hanno spiegato i rappresentanti dei lavoratori nel corso del presidio – Questo è dovuto ad una strategia commerciale a nostro parere sbagliata e a una politica aziendale che negli ultimi anni, dentro la pandemia, ha puntato tutto su esternalizzazioni e riduzione dei costi. È evidente – hanno aggiunto sindacati e Rsu – che serve un immediato cambio di rotta e per questo abbiamo proclamato lo stato di agitazione e indetto questo presidio”.
Presidio che ha portato subito un risultato: è infatti arrivata a stretto giro la convocazione di un incontro sindacale da parte dell’azienda. “Chiederemo prima di tutto il rispetto delle promesse fatte, a partire dalla reinternalizzazione di alcuni servizi – annunciano Flai Cgil e Uila Uil – e poi serve un piano di rilancio vero che scongiuri una crisi occupazionale che davvero non possiamo permetterci”.