Le indagini partite da Piombino, a indagare la Guardia di Finanza di Livorno
È coinvolta anche l’Umbria con una società di Assisi nell’operazione “Metal Ghost”, che ha consentito nella mattinata di ieri di sequestrare conti correnti, partecipazioni societarie, immobili e automezzi nei confronti dei responsabili di una maxi-frode fiscale, la così detta frode carosello, nel settore del commercio all’ingrosso di minerali metalliferi e metalli ferrosi. Le ipotesi di reato sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, tra cui l’emissione e l’utilizzo di fatture false, l’indebita compensazione di crediti d’imposta inesistenti e l’occultamento delle scritture contabili. Contestata anche la responsabilità amministrativa per il reato associativo che sarebbe stato commesso dagli amministratori della società capofila del ‘carosello’.
Le indagini sulla frode carosello, condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Piombino, di concerto con il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (P.E.F.) di Livorno e dirette dalla Procura della Repubblica di Napoli, dopo la trasmissione del fascicolo ad opera dell’A.G. labronica, hanno fatto emergere l’esistenza di un presunto sodalizio criminale campano principalmente operante su Napoli, Livorno e Milano, che aveva ideato e messo in opera un complesso sistema fraudolento, ora smantellato, finalizzato alla commissione di frodi fiscali transnazionali.
L’indagine – che ha interessato 62 società tra Italia, 48, e estero: si tratta di Gran Bretagna, Svizzera (2 società), Repubblica Ceca, Croazia, Romania (3 società), Ungheria, Polonia, Bulgaria (4 società) – è partita da Piombino, in provincia di Livorno, con la scoperta di società “cartiere” che hanno emesso fatture false milionarie, poi circolate tra Milano e Napoli, con il coinvolgimento di aziende estere. Fatture false per complessivi 760 milioni di euro, che hanno interessato 62 imprese, tra cui appunto una in Umbria con sede ad Assisi, in un giro che era gestito dal presunto sodalizio.
La Guardia di Finanza di Livorno ha in particolare dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo campano, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente di liquidità e altri beni nella disponibilità di 4 indagati, per un valore complessivo pari a oltre 36.000.000 di euro di imposte evase. All’esecuzione dei sequestri patrimoniali, nel corso della mattinata odierna, stanno collaborando anche Reparti della Guardia di Finanza di Napoli e di Milano.
Secondo le indagini della Guardia di Finanza gli indagati, reiteratamente nel corso degli anni, hanno realizzato un enorme giro di fatture false, del valore medio di circa 1 milione cadauna, relative a operazioni di vendita, acquisto e trasporto “via gomma” ovvero “via mare” di metalli del tutto inesistenti per un importo complessivo di oltre 760 milioni di euro, evadendo l’Imposta sul Valore Aggiunto per 33 milioni di euro nonché l’IRES per 3 milioni di euro.
Per realizzare questa maxi frode carosello la presunta ‘banda’ si è avvalsa delle 62 società: in base alle fatture, gli indagati avrebbero dovuto movimentare oltre 23.000 tonnellate di minerali, una mole di scambi inverosimile per tipologie di prodotti così rare. In particolare, secondo quanto ricostruito, sul territorio dell’Unione europea era stato costituito un gruppo di imprese “fantasma” che fat (ferro-molibdeno e triossido di molibdeno, utili a indurire e prevenire la corrosione dell’acciaio), a supporto dei quali tuttavia gli investigatori non hanno trovato idonea documentazione né adeguate movimentazioni finanziarie. Una di queste “imprese fantasma”, milanese, era stata costituita a seguito del furto di identità di un ignaro cittadino di Formia (Latina)
Società capofila del presunta truffa carosello un’azienda con sede legale a Napoli e operativa su Milano. Come detto sono quattro i principali indagati, tutti di origini partenopee: due residenti in Svizzera, “incaricati – spiega la Finanza toscana in una nota – della gestione occulta della società capofila, un commercialista di 57 anni residente a Lacco Ameno che curava gli aspetti tecnici e amministrativi e un ‘esperto del settore’ di 66 anni, residente a Basiglio, operante quale imprenditore nei rapporti coni terzi“.