La “macchina” che c’è dietro a quei giocatori in maglia biancorossa che scendono in campo. E quella parola “clienti” riferita anche ai tifosi. Qualcuno ha storto la bocca di fronte alle prime parole di Attilio Matarazzo da direttore generale del Perugia Calcio. Un manager con conoscenze amministrative ed esperto di marketing. Quelle competenze, ha spiegato il presidente Santopadre, che Gianluca Comotto, “uomo di calcio”, non ha. Pur ringraziando l’ex dg per aver accettato di venire a Perugia “in un momento difficile”. Una retrocessione inaspettata dopo un anno incredibile segnato anche dalla pausa dovuta al lockdown; una proprietà in rotta di collisione con la tifoseria. E Comotto che, allora, da ex grifone a cui i tifosi erano già legati, ha rappresentato per mesi la faccia della società che poteva confrontarsi con la piazza.
Arrivato dall’incarico in Lega B, Matarazzo per il Perugia ha detto di no ad una squadra di Serie A con cui aveva già un accordo. E questa è già una notizia, visto quanto successo troppo spesso, in questi ultimi anni, con allenatori e giocatori.
Con la parte tecnica pienamente in mano al direttore sportivo Giannitti, Santopadre ha scelto un direttore generale che potesse seguire la parte amministrativa, il marketing (settore che non sarà comunque smantellato, almeno per ora) e la gestione del personale. Come un’azienda, l’altra medaglia degli undici che scendono in campo.
E’ un segno del nuovo calcio. Dove, anche in B, i soldi arrivano sempre più dall’estero. Tra i cadetti ben 8 proprietà sono ormai straniere. Come lo è lo sponsor principale della B.
“Noi ci dobbiamo preparare a un nuovo tipo di calcio e società”, dice il nuovo direttore generale. Che rispetto ai risultati sportivi aggiunge: “Non entrerò mai nel discorso tecnico. Da quel punto di vista, più che fare il tifoso non posso fare”. Nessuna invasione di campo nel lavoro di Giannitti, dunque.
Lui dovrà pensare ad altro. A quelle “strategie” in grado di monetizzare il brand “Grifo”. Anche se poi, lo stesso Matarazzo e il presidente Santopadre, tra le motivazioni che devono favorire il ritorno dei tifosi allo stadio, toccano le corde di quella la “passione” e dellala ricerca di quelle “emozioni” che il calcio e il tifo per la propria squadra sanno dare. Insomma, le parole “tifoso” e “cliente”, nel nuovo calcio, possono convivere. Purché la società sappia, al momento giusto, cosa dare e poter chiedere al “tifoso” e cosa al “cliente”.