Partita questa mattina alle nove dai Giardini del Frontone a Perugia la Marcia della Pace Perugia-Assisi. Un corteo di oltre 10.000 persone (dati dell’organizzazione) che si sono dati appuntamento come ogni anno nel capoluogo umbro, per raggiungere a piedi, prima Santa Maria degli Angeli e poi la rocca di Assisi.
Un gesto simbolico che quest’anno come forse mai prima in questi 61 anni ha un significato di contingenza visti i tempi di guerra che l’Europa e il mondo intero, sta vivendo. Un modo corale e forte per dire insieme no chiaro alle armi è un invito al dialogo e alla pace. Non a caso lo slogan che contraddistingue la marcia di quest’anno è “Fermatevi, la guerra è una follia”.
“Con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi. Certe cose non si possono vedere” ha scritto ieri Flavio Lotti, storico coordinatore di questo importante evento “Ma questo è il tempo di alzarsi in piedi, di scuotersi, di abbandonare ogni atteggiamento remissivo, rassegnato, passivo e di prendere in mano le redini del nostro destino. Per questo, abbiamo deciso di organizzare questa nuova marcia. Per offrire a tutte le donne e gli uomini di buona volontà un’occasione per reagire a questo impazzimento generale che sta mettendo fine alla (nostra) pace. Prima di essere la marcia per la pace, la PerugiAssisi è una marcia per la vita. La vita buona, quella delle persone che si prendono cura reciprocamente, sempre con un’attenzione per gli altri, vicini e lontani, per quelli che ci sono e per quelli che verranno”.
Presenti personalità politiche, sindacati, associazioni, scuole e università (secondo i primi dati forniti dagli organizzatori 156 Comuni, Province e Regioni, 53 Scuole, 88 Associazioni nazionali, 359 Associazioni locali). Anche Papa Francesco ha voluto salutare da Piazza San Pietro durante l’Angelus, i partecipanti della Marcia della Pace: “Si fermi la guerra! Vogliamo la Pace”. Il corteo che sta raggiungendo Santa Maria degli Angeli, poi salirà verso la Piazza inferiore di San Francesco ad Assisi dove c’è il palco di chiusura dell’evento.
Presidente Regione Umbria: ” Torni centrale il negoziato per far cessare conflitto drammatico e assurdo“
“Nelle ultime settimane si parla solo di guerra e sono scomparse le parole pace e dialogo.
Dall’Umbria, terra di “pace” per antonomasia, auspichiamo con forza la necessità che torni ad essere centrale il concetto di dialogo, riprendendo quel percorso interrotto che è l’unico che può portare quanto prima alla conclusione di questo drammatico e assurdo conflitto”.
È quanto sostenuto dalla presidente della Regione Umbria, presente oggi alla Marcia straordinaria per la pace Perugia- Assisi, nel corso del suo intervento di saluto ai partecipanti, all’avvio della marcia dai Giardini del Frontone a Perugia.
“Da questa marcia della pace – ha affermato la presidente – si deve alzare un messaggio forte indirizzato a tutti coloro che sono chiamati a gestire questa emergenza: riaprire il negoziato che, attraverso le sue regole, porti a mettere fine alla guerra e di conseguenza alla perdita di vite umane e alle terribili conseguenze che sta avendo”.
Stefania Proietti, Presidente della Provincia di Perugia:
La Proietti, sindaco di Assisi, era presente insieme al gonfalone la Presidente della Provincia di Perugia e rivolgendosi al popolo della pace, prima della partenza, ha detto: “Dobbiamo impegnarci tutti per la pace, oggi marciamo per far capire che la pace non è un’utopia, per ribadire che il nostro Paese ripudia la guerra e che ogni conflitto va risolto con la diplomazia. Se non ora quando marciare per la pace? La marcia PerugiAssisi una scelta di coraggio e di aver coraggio non ci si pente mai”.
Cari fratelli e sorelle, abbiamo da poco ricevuto il saluto di papa Francesco. Ci ha chiesto due cose:
1. «accrescere la preghiera per la pace».
2. «avere il coraggio di dire, di manifestare che la pace è possibile».
Per voi, marciatori della pace, l’invito a manifestare sfonda una porta aperta. Permettetemi di sottolineare, come mi è già capitato di fare nella Lettera ai governanti dei popoli, la prima richiesta del papa: «accrescere la preghiera per la pace».
Facciamo forse fatica a percepire la forza “strategica” di questa parola. Eppure è proprio questa il fondamento di una cultura della non-violenza, che non si limiti a dire “no” alle armi. Da solo, questo “no” potrebbe essere ambiguo. A chi è aggredito potrebbe apparire persino cinico, come una complicità con l’aggressore.
Dentro l’invito alla preghiera c’è l’invito alla conversione di ciascuno di noi, ma anche delle nostre istituzioni e delle nostre politiche. Noi cristiani siamo convinti – in sintonia con quanti esprimono la loro fede in modi diversi, come avvenne nella preghiera per la pace elevata qui da Giovanni Paolo II con i leaders religiosi del mondo il 27 ottobre 1986 e da noi rilanciata il 27 di ogni mese – che se non ritroviamo il senso di Dio come unico Signore della vita, di ogni vita, e come fondamento della nostra fraternità, non avremo abbastanza forza per riconoscere, anche come base delle nostre istituzioni nazionali e internazionali fino all’ONU, che nessuno di noi è padrone della vita, e nessuno può credersi in diritto di usare la forza per risolvere alla sua maniera i problemi del mondo.
La cultura della non-violenza è oggi di fronte a una sfida: dimostrare di avere la capacità di difendere veramente gli aggrediti sostenendo una diplomazia che poggi non su equilibri di potere, ma sulle ragioni della fraternità.
È questa la diplomazia che serve. Papa Francesco si è messo a disposizione. Ieri Zelenski ha detto che accoglierebbe la sua mediazione. E perché non potrebbe accoglierla anche Putin? Questa piazza è la grande scuola della diplomazia della pace di cui è maestro il Poverello di Assisi. Noi vogliamo aiutare le diplomazie ascoltando l’invito del Papa a compiere il primo atto, direi “popolare”, di questa diplomazia, e cioè un atto di verità con noi stessi e dentro noi stessi, di cui è appunto espressione la preghiera, o, per chi non sa pregare, la meditazione sul senso della vita e del mistero che la avvolge. Vi chiedo un minuto di silenzio orante, in cui ciascuno di noi si faccia carico intimamente delle sofferenze di tanti fratelli che stanno morendo e soffrendo in questa guerra e in tutte le guerre del mondo. Un silenzio orante che sia anche un atto di umiltà, in cui ci riconosciamo tutti “custodi” dei fratelli e delle sorelle, e facciamo arrivare un sentimento di fraternità persino a coloro che consideriamo nemici o che sono responsabili della guerra, chiedendo a Dio di toccare i loro cuori.
Questa piazza di pace diventi, almeno idealmente, il luogo ospitale di una diplomazia che metta subito fine a questa sciagurata guerra e ponga le premesse di una pace giusta e duratura in Europa e nel mondo. Grazie, popolo della pace!
Coordinatore del Comitato promotore della Marcia PerugiAssisi
Fermatevi! La guerra è una follia
Questa marcia è un coraggioso atto di solidarietà, di pace e di responsabilità.
Il mondo è in guerra e nessuno può restare indifferente!
Per ora si spara e si ammazza in Ucraina e in tanti altri paesi del mondo. Ma la guerra economica è già globale.
Siamo qui dire a gran voce: Fermatevi! Fermatevi! Fermatevi.
Fermatevi prima che sia davvero troppo tardi!
Questo è il grido disperato delle vittime dell’aggressione russa dell’Ucraina e di tutte le vittime di tutte le guerre che continuano nel mondo:
Fermatevi! Fermatevi! Fermatevi
A tutti quelli che ancora di domandano da che parte stiamo, diciamo: Noi stiamo con Papa Francesco. Grazie Papa Francesco unico riferimento universale che sta cercando di guidare l’umanità lontano dalla terza guerra mondiale e dall’apocalisse atomica.
Dopo 8 anni di guerra e 60 giorni di escalation è venuto il tempo di fermare la guerra.
Questa guerra poteva e doveva essere evitata.
Per otto anni e 60 giorni abbiamo riempito l’Ucraina di armi ma non è servito a proteggere gli ucraini dal flagello della guerra.
Per otto anni e 60 giorni abbiamo affidato alle armi le sorti dell’Ucraina, dell’Europa, del diritto all’autodeterminazione dei popoli, della libertà, della democrazia e della pace nel mondo. E’ il suicidio della politica.
Non è vero che le armi sono l’unico aiuto che possiamo dare all’Ucraina.
C’è un altro modo ed è il motivo per cui siamo qui.
Per salvare la vita degli ucraini dobbiamo togliere la parola alle armi e ridarla alla politica.
Una politica nuova, una politica di cura, di pace e nonviolenza basata sul diritto internazionale dei diritti umani, sul disarmo e sulla consapevolezza che un mondo ormai globalizzato, frammentato, sottoposto a grandi sfide comuni richiede il passaggio dalla competizione selvaggia alla cura reciproca, dall’economia di guerra all’economia della fraternità, dalla sicurezza armata alla sicurezza comune.
La politica torni ad essere l’alternativa alla guerra.
Prima che la guerra diventi così cieca e devastante da travolgere anche noi!
Prima che la fine della pace nel mondo provochi anche la fine della pace sociale.
Nessuno si permetta di aumentare le spese militari mentre milioni di italiani precipitano nella disoccupazione, nella miseria e nella disperazione.
Invece di preparare un’economia di guerra questo è il tempo di costruire l’economia della fraternità.
Per fermare la guerra e la sua escalation, per spingere i governi sulla via della pace deve crescere dal basso un grande movimento di cittadini per la pace. In ogni città, in ogni quartiere, in ogni scuola, in ogni luogo di lavoro deve nascere un gruppo, un comitato, un’iniziativa per la pace.
Questa marcia deve essere l’inizio di un impegno quotidiano che ci deve vedere tutti responsabili.
Facciamo nostro l’appello di Papa Francesco, nel giorno di Pasqua: “Impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace, dai balconi e per le strade! Pace! Chi ha la responsabilità delle Nazioni ascolti il grido di pace della gente.”
Nessuno resti indifferente.
Non rassegniamoci alla guerra e alla violenza.
Apriamo gli occhi sul pericolo immane che incombe! Rischiamo la fine del genere umano.
Alziamo la voce per dare voce a tutti i bambini, le donne e gli uomini martoriati dalla guerra che gridano: Fermatevi!
Invochiamo la pace ma facciamola anche noi.
Prendiamoci cura delle vite degli altri -e non solo della nostra- sempre, comunque e dovunque senza distinzioni di alcun genere.
Prendiamoci cura dei giovani e dei più piccoli ri-costruendo fiducia e speranza, investendo sulle loro energie positive e sulle loro intelligenze.
Prendiamoci cura della natura, dell’ambiente, di tutti gli esseri viventi e del pianeta che sta implorando il nostro cambiamento.
Fermiamo la circolazione dei discorsi dell’odio e dell’inimicizia.
Rifiutiamo la logica amico-nemico.
Mettiamo fine alla competizione sociale ed economica che ci ha trascinato in una guerra impossibile di tutti contro tutti.
Rifiutiamo l’economia di guerra.
Costruiamo l’economia della fraternità.
Abbandoniamo la sicurezza armata e costruiamo la sicurezza umana.
Ogni città diventi un laboratorio della cultura della pace, di una società e di un mondo capace di vivere in pace.
Investiamo su una lotta senza quartiere alla miseria e alle crescenti disuguaglianze che uccidono la dignità.
Investiamo sulla solidarietà universale.
Educhiamoci ed educhiamo alla cura e dunque alla pace
Costruiamo l’alleanza di tutte le donne e gli uomini che vogliono la pace.
Non cerchiamo la via della pace: la pace è la via!