Federico Bigotti nella sua cella del carcere di Spoleto, dove è rinchiuso per l’omicidio della madre Anna Maria Cenciarini avvenuto il 28 dicembre del 2014, ha preso carta e penna e su un foglio ha vergato frasi deliranti.
Intanto i suoi legali hanno chiesto una perizia psichiatrica in sede di incidente probatorio, già fissata per il 15 marzo. Il giudice nominerà un suo perito e altrettanto farà la a procura se lo riterrà necessario. Di certo lo faranno gli avvocati Francesco Areni e Vincenzo Bochicchio che intendono far stabilire ai fini probatori le condizioni psicologiche dell’indagato.
E non è escluso che all’esperto che andrà a visitarlo in carcere, Federico mostri anche quella lettera che ha scritto e nella quale ripercorre le tappe dal suo ingresso in carcere fino ad oggi, senza però un apparente filo logico, senza parlare con precisione del momento in cui secondo la procura avrebbe afferrato un coltello e colpito più volte la madre Anna Maria. Una lettera in cui parlerebbe anche di Dio e ancora anche dello spettacolo, la sua grande passione. Quella per la quale avrebbe anche fatto indebitare i familiari per la partecipazione ad un provino.
“Ribelle” ed “egoista, spesso viziato” dal padre e dalla famiglia, così nelle carte dell’inchiesta viene definito Federico Bigotti, “indebitatasi di 15.000 euro per assecondarlo nei suoi sogni di spettacolo, facendolo partecipare a provini per personaggi televisivi, scuole di dizione, e presentazione”, oppure, come a Natale del 2015 quando “Federico riceve 250 euro dai genitori – scrivono i giudici – per comprare un televisore per la sua stanza: invece di comprare il televisore nuovo, Federico ha preso quello della cucina, ha lasciato i genitori senza televisore e si è anche tenuto i 250 euro avuti in regalo”, Federico, per i giudici, avrebbe infatti direttamente “eliminato la fonte della sua oppressione”,lasciando sfociare quell’angoscia provocata dalla madre in “volontà omicida”.
I giudici del Riesame che hanno confermato le misure cautelari sono infatti convinti che “l’omicidio è stato commesso da chi in quel momento era presente nell’appartamento oltre la vittima”. A motivare i giudici e a convincerli della responsabilità di Federico sarebbero stati, inoltre, diversi elementi, dalla porta chiusa della cucina (usata come ingresso per l’abitazione stessa) che ha escluso di fatto ogni entrata di terzi, alla zona estremamente isolata dell’abitazione di Varesina, che persino l’ambulanza, la mattina del delitto, ha ritrovato solo grazie all’intervento diretto del fratello Christian. Ai familiari più stretti era parso strano persino il fatto che il Federico, abituato a dormire sempre fino alle 12.30/13, avesse chiamato il padre, per informarlo che la madre si stava “accoltellando da sola” (al momento unica versione fornita dall’indagato) alle 9.45, orario di poco successivo al delitto e per lui “inusuale”. Uno dei motivi scatenanti dei numerosi litigi madre-figlio, infatti, era proprio il “poltrire” a letto di quest’ultimo.