“Non vorrei dover spiegare ai miei figli, ai figli dei tanti calabresi perbene nati e cresciuti nella civilissima Perugia, che le nostre origini calabresi sono un problema“. Davanti al Consiglio comunale ed a tanti perugini saliti a Palazzo dei Priori per assistere alla seduta del Consiglio, Nilo Arcudi ha rivendicato con orgoglio il suo essere calabrese, insieme alla sua integrità morale, come persona, come politico e come uomo delle istituzioni. Lo ha fatto da quello scranno di presidente del Consiglio comunale che resta però politicamente a rischio, dopo le intercettazioni emerse nell’ambito delle indagini sui traffici della ‘ndrangheta dalla Calabria all’Umbria e le conseguenti fibrillazioni all’interno della maggioranza.
Indagini che non lo vedono indagato, così come non vedono contestati reati ad alcun politico. Né nelle numerose carte dell’indagine, ha sottolineato Arcudi, emerge un solo contatto tra lui ed alcuno degli indagati. Oppure, gli inquirenti hanno avuto tempo, per un’inchiesta che va avanti da anni, per scandagliare la vita di persone tirate in ballo, a vario titolo, dagli indagati.
“Sostegno mai ricevuto, né mai chiesto”
Quanto alle frasi contenute nell’intercettazione telefonica di uno degli indagati, che si vanta di averlo fatto eleggere in passato salvo poi lamentarsi di non ricevuto un trattamento di riguardo, Arcudi è stato chiaro: “Sostegno non solo mai ricevuto, ma nemmeno richiesto“.
Come aveva già fatto con una nota diramata alla stampa all’indomani delle prime pubblicazioni delle carte dell’inchiesta, Arcudi ha ricordato di aver sempre selezionato attentamente, con i propri collaboratori, le persone che si sono offerte di sostenerlo nelle varie campagne elettorali.
“Pago il fatto di essere calabrese”
“Penso anche di pagare in questa circostanza – ha detto in un passaggio – il fatto di essere calabrese. Ma la Calabria – ha rivendicato – non è solo terra di mafia“. Ed ha ricordato che per lui la ‘ndrangheta è il ricordo di suo padre amministratore pubblico minacciato e messo sotto tutela. Ecco perché lo addolora oggi vedere il suo nome “infangato“.
Lo “sciacallo” che fiuta la poltrona e l’avvocato
“Posso camminare a testa alta” ha detto ancora. Assicurando di tutelare la carica che ricopre in Comune, messa a repentaglio da quelle che ha definito “forme di sciacallaggio perpetrate da qualche consigliere che magari pensa di sostituirmi“. Il nome di Massimo Pici non l’ha fatto, ma il riferimento è chiaro.
E se Arcudi è pronto a tutelare il suo ruolo politico e istituzionale anche facendo chiarezza nell’ambito della costituenda Commissione speciale antimafia che lo vede favorevole, come persona ha annunciato che tutelerà il proprio nome in tutte le sedi competenti, avendo già dato mandato al proprio legale in tal senso.
Romizi cauto: “L’integrità delle Istituzioni non può essere intaccata”
Accanto a lui, con il volto accigliato, il sindaco Andrea Romizi aveva ripercorso gli avvenimenti di queste ultime ore. Dicendosi preoccupato per i tentativi di infiltrazione a vari livelli da parte della criminalità organizzata.
L’intervento integrale del sindaco Romizi
Assicurando: “L’integrità delle Istituzioni non può essere intaccata“. Sì, dunque, all’istituzione di una Commissione speciale sulle infiltrazioni mafiose.
L’amarezza di Romizi e il caso sgonfiato di CasaPound
Romizi non ha mancato di parlare dell’intercettazione telefonica in cui una delle persone al telefono, non indagata, ha detto di aver “mangiato insieme al sindaco“, “parrebbe per ragionare – ha detto Romizi – di ipotetiche alleanze con il movimento politico Casapound. La circostanza assolutamente non corrisponde al vero. Ignoro chi siano i soggetti che parlano nella telefonata oggetto di captazione. L’unico confronto avuto con la lista Casapound, così come con numerosi altri soggetti politici candidatisi nella scorsa tornata elettorale – ha chiarito – è avvenuto a ridosso delle elezioni e nello specifico è intercorso con il Sig. Antonio Ribecco, colui che si è poi presentato come candidato sindaco nella medesima lista. E, aggiungo, a lui manifestai la mia indisponibilità ad un collegamento con la lista di Casapound“.
L’agenda del sindaco
Romizi ha anche spiegato come le cariche istituzionali possano portare ad avere un “contatto” con “persone di cui ignoriamo il profilo e la storia personale“. Ricordando che, come emerge dalla sua agenda, solo nel 2018 ha avuto 1810 appuntamenti, oltre 70 pranzi istituzionali, 510 tra cene, eventi, matrimoni e sagre.
Appello per una “impermeabile unità”
“Per quanto riferito, capirete allora – ha detto Romizi – come abbia trovato ingiusto e perfino insopportabile il semplice accostamento di nomi in articoli di giornale, tenuto anche conto del fatto che per formazione umana e familiare, per impegno politico e amministrativo, ho sempre combattuto non solo la doverosa battaglia contro le varie forme di criminalità, ma anche tutto ciò che precede il malaffare: le scorciatoie, i ragionamenti di convenienza, il calcolo per il proprio tornaconto. Credo fermamente siano questi i momenti in cui dovremmo trovare la forza, sentire la responsabilità ed anche il senso di necessità di una impermeabile unità e di una pronta reattività. Manteniamoci vigili e concentrati, senza disperdere le nostre preziose ma limitate energie“.
Il cerino in mano a Romizi l’equilibratore
Quanto poi all’opportunità o meno che Nilo Arcudi continui a presiedere il Consiglio comunale di Perugia, Romizi è stato cauto, per evitare che la vicenda potesse aumentare le fibrillazioni all’interno della maggioranza (dopo gli scontri di sabato) o offrire il fianco all’opposizione.
E negli interventi della maggioranza è stata sposata la linea del sindaco, ancora una volta l’equilibratore della coalizione che ha vinto le elezioni. Quindi, saranno fatte “opportune valutazioni“, anche alla luce di eventuali sviluppi che dovessero esserci nell’inchiesta. Questa, del resto, era stata la posizione decisa nell’incontro di maggioranza che c’era stato in mattinata prima della seduta, per evitare che davanti alla città, in una Sala del Consiglio piena come nelle grandi occasioni, andasse in scena un’altra volta lo scontro fratricida di sabato.
Pici e quella ‘strana’ comunicazione della sua lista
Più cauto anche Massimo Pici, che pur restando dell’idea che Arcudi debba dimettersi, non vuole agire come un cane sciolto all’interno della maggioranza. Se poi resterà dentro Perugia Civica oppure fare altre scelte (come pare ormai scontato) si vedrà. E non dipenderà solo dalla decisione dei probiviri dell’associazione che ha ispirato la lista, a cui è stato deferito. Azione comunicata all’opinione pubblica con una nota che al momento disconosce, visto che non era firmata da alcuno. E dentro la compagine di Perugia Civica, secondo quanto fa emergere Pici, non tutti starebbero dalla parte di Arcudi.
Le opposizioni chiedono un passo indietro
Le opposizioni chiedono a Nilo Arcudi di “farsi da parte“. Non chiedono le dimissioni, ma “uno spontaneo atto di responsabilità” da parte del presidente del Consiglio. Lo hanno detto la capogruppo del Pd Sarah Bistocchi, lo ha detto la pentastellata Francesca Tizi, che ha citato anche Giovanni Falcone. Insomma, se non ci saranno ulteriori e rapidi sviluppi non verrà presentata una mozione di sfiducia, ma si fanno pressioni perché Arcudi si dimetta. Tanto più che la sua elezione a presidente del Consiglio comunale era stata vista soprattutto dal Pd come fumo sugli occhi, dopo il cambio di campo di Arcudi.