La Cineteca di Bologna propone una rassegna di uno degli autori francesi più “maledetti” della storia del cinema.
Creatore di sole quattro opere a causa della prematura morte a sole 29 anni per una tubercolosi, Jean Vigo è riuscito a consacrarsi come artista iconico, venerato, amato e rivisitato.
In quei pochi anni a lui concessi l’artista francese è riuscito a tracciare un percorso lucente mai dimenticato. L’immortale François Truffaut dirà di lui:“ In “L’Atalante” si trovano, riconciliate, due grandi tendenze del cinema, il realismo e l’estetismo. Ci sono stati nella storia del cinema dei grandi realisti come Rossellini e dei grandi esteti come Ejzenštejn, ma pochi cineasti si sono provati a fondere le due tendenze quasi fossero contraddittorie.” Quello che si può aggiungere al giudizio di Truffaut è che Vigo è riuscito a fondere le due tendenze in maniera personalissima, senza cadere nelle trappole di genere e senza scendere mai a compromessi.
Benchè la sua produzione sia racchiusa in soli quattro titoli, essa costituisce un esempio di cinema poetico, di “avanguardia veggente”, che ci parla ancora, anche dopo decenni e decenni, senza cedere un minimo della sua forza visiva e del suo carico emotivo.
Il suo cinema anticipa le libertà linguistiche e figurative delle nouvelle vague mondiali. Non per nulla è un autore eternamente citato, da Bernardo Bertolucci (“Ultimo Tango a Parigi”, 1972) fino a Michael Gondry (“Eternal Sunshine of a Spotless Mind”, 2004).
Autore censurato per eccellenza, sopravvissuto grazie al lavoro delle cineteche, restaurato più e più volte, torna finalmente in sala grazie ad un colossale lavoro di restauro, diretto scientificamente da Bernard Eisenschitz e voluto dalla Gaumont (per “L’Atalante”, in collaborazione con Cinémathèque française e The Film Foundation) con il supporto di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée presso i laboratori L’immagine Ritrovata e L’image Retrouvée a partire da nitrati originali di prima generazione provenienti da BFI – National Archive, Cineteca Italiana e Cinémathèque française.
Il film simbolo della cinefilia
“L’Atalante” del 1934, inno all’amore e alla sua eterna giovinezza, reso celebre in Italia dal critico Enrico Ghezzi e dalla leggendaria sigla di “Fuori Orario”, è l’unico lungometraggio nella produzione di Jean Vigo.
Si tratta della prima volta in cui questo film viene portato in sala in versione restaurata nella sua “veste originaria” dopo un attento e lungo lavoro di ricerca sui diversi materiali (e sulle differenti versioni) esistenti; viene da sé che questa sia un’occasione più unica che rara per godere di una perla della storia del cinema.
“L’Atalante” è un inno poetico alla giovinezza eterna dell’amore che si gioca attorno ai tre protagonisti: il marinaio (l’indimenticabile Père Jules di Michel Simon), il capitano (Jean Dasté) e la novella sposa (Dita Parlo, immortalata da L’Atalante, prima di La grande illusion di Jean Renoir). L’opera deve però la sua intramontabile magia anche ad altri “personaggi”: il paesaggio francese, il fiume, la chiatta, il viaggio, la fisarmonica e il grammofono, il desiderio e l’illusione, la Parigi immaginata e quella reale, la gelosia, l’amore perduto e ritrovato. E perché no? Anche i gatti dello svalvolato Père Jules.
Alcuni tra i più grandi critici del cinema si sono doverosamente espressi su un capolavoro come “L’Atalante”.
Tra le parole di mostri sacri come François Truffaut, Paulo Emilio Sales Gómes e Maurizio Grande spicca però il fulminante commento di John Grierson nell’autunno del 1934.
“È uno stile palpitante. Alla base c’è un senso del realismo documentario che rende la chiatta una vera chiatta, così precisa nella sua topografia, che vi ci potremmo orientare a occhi chiusi in una notte di vento. E questo è importante sia per una chiatta fluviale sia per un battello, ed è quanto i film sul mare non hanno mai capito.”
La produzione di una vita in un singolo pomeriggio
Data la morte prematura di Vigo, l’autore francese è riuscito a creare un solo lungometraggio (il sopracitato “L’Atalante”), un mediometraggio, “Zéro de conduite”( la fantasia anarchica di Jean Vigo investe i dogmi dell’autorità con l’umorismo e l’irriverenza della fanciullezza. Allo sguardo di un ragazzo, infatti, i riti retorici e ipocriti degli adulti non possono apparire altro che ridicoli. L’ebbrezza della rivolta dei bambini nel dormitorio assume la forma delle piume liberate dai cuscini che cadono ovunque come fiocchi di neve, mentre un fanciullo esegue spericolate acrobazie.), e due cortometraggi, “Á propos de Nice”( splendido falso documentario su una città che Vigo trasforma nell’allucinato e incantatorio “processo” al mondo borghese. Non appena indicate l’atmosfera di Nizza e lo spirito della vita che vi si conduce, il film muove alla generalizzazione degli insulsi divertimenti, messi sotto l’insegna del grottesco, della carne e della morte, ultimi bruschi trasalimenti d’una società che si abbandona.) e “La natation par Jean Taris, champion de France”( il film sul campione di nuoto Jean Taris, commissionato a Vigo da Germaine Dulac, viene spesso considerato un film minore, anzi, talvolta viene persino ignorato, quando invece reca, ben stampato, il nome “Vigo”, anche se il regista amava, del film, solo le sequenze girate sott’acqua.
Ma non c’è solo questo: la scena del “nuoto in camera” è insolita e divertente, così come i trucchi e l’ammicco di Taris allo spettatore, quando, completamente vestito, cammina sulle acque. È la prima esperienza sonora di Vigo, in un’epoca in cui non esisteva il missaggio. Il cineasta è riuscito a creare un contrappunto tra voce umana e rumore dell’acqua in movimento.).
Sembra dunque difficile, a rigore, aspettarsi grosse sorprese quando la Gaumont ha intrapreso (dopo quelli realizzati nel 1990 e nel 2001) un nuovo restauro della filmografia di Vigo. Ma non si erano tenuti nel debito conto, a distanza di diciassette anni (data del precedente restauro), lo sviluppo degli scambi tra archivi e le nuove potenzialità della ricerca e della tecnica.
I nuovi mezzi, insieme al lavoro su documenti ritrovati negli archivi di Luce Vigo (venuta a mancare il Febbraio scorso, proprio quando stava iniziando a prender forma questo progetto) e di molte cineteche hanno consentito di conoscere meglio il metodo di lavoro di Vigo e i suoi film così come li aveva portati a termine.
Molti spettatori erano rimasti colpiti dalla bellezza degli elementi che erano stati integrati nei restauri anteriori (1950, 1990). Queste interpolazioni, che sono parte di un insieme di scarti acquisiti dalla Cinémathèque française alla fine degli anni Quaranta, non trovano più posto nel film “L’Atalante” propriamente detto, ma andavano comunque messe a disposizione dello spettatore, insieme al film ristabilito nella sua “purezza originaria”.
Un’altra sorpresa: si è scoperto che la copia di “Zéro de conduite” della Cineteca Italiana di Milano, inviata da Henri Langlois a Luigi Comencini nel 1947, aveva un metraggio superiore a quello della copia conosciuta, uscita nel 1945. Si tratta, infatti, di due montaggi differenti, entrambi datati 1933.
La copia di Milano presenta ancora le didascalie esplicative scritte da Vigo e vi figurano parecchie inquadrature “censurabili”, poi attenuate o eliminate nella versione conosciuta, mentre una sequenza ricompare nella sua versione completa. Si è deciso di dare la preferenza a questa versione, restaurando comunque entrambi i montaggi, con un ritorno, per la prima volta, al negativo originale.
Un’ultima piccola curiosità: c’è stata la ricomparsa di undici bobine di materiali (immagine e sonoro) dello stesso “Zéro de conduite”, depositate dalla Gaumont presso Les Archives du film français, tra le quali nove minuti di inquadrature e di riprese scartate, all’interno delle quali si può scorgere il giovane Vigo.
L’ATALANTE(1934)
Di Jean Vigo
Durata: 89 minuti
ZÉRO DE CONDUITE(1933)
Di Jean Vigo
Durata: 44 minuti
À PROPOS DE NICE(1930)
Di Jean Vigo e Boris Kaufman
Durata: 25 minuti
LA NATATION PAR JEAN TARIS, CHAMPION DE FRANCE(1931)
Di Jean Vigo
Durata: 9 minuti
Programmazione:
• Domenica 21 gennaio •
ore 11:00 ➽ L’Atalante (89 min.)
Con introduzione alla visione a cura di Marco Rambaldi.
Per l’occasione in sala caffè e pasticcini
(Jacopo Fioretti)