Indagine Confindustria: ecco le imprese che in Umbria crescono - Tuttoggi.info

Indagine Confindustria: ecco le imprese che in Umbria crescono

Redazione

Indagine Confindustria: ecco le imprese che in Umbria crescono

Nel 2018 per le società di capitali aumentati fatturato, occupati, valore aggiunto e redditività
Ven, 13/12/2019 - 18:10

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Nonostante il generale clima di incertezza in Italia e in molti mercati internazionali, il 2018 è stato un anno positivo per le imprese associate a Confindustria Umbria. Questo, almeno, stando ai dati complessivi: crescono del 12% fatturato, del 4% gli occupati, del 19% il valore aggiunto e del 36% la redditività delle imprese.

Parliamo però delle società di capitali che operano in diversi settori produttivi, oggetto di un’indagine i cui risultati sono stati presentati dal presidente di Confindustria Umbria, Antonio Alunni, in occasione della conferenza stampa di fine anno. Le imprese più strutturate, quelle che, supportate dall’associazione di categoria, si sono confrontate con i mercati internazionali.

I dati

Dal 2017 al 2018 il fatturato di questa tipologia di imprese è passato da 13,6 miliardi a oltre 13,9 miliardi. I dipendenti nel 2017 erano 43.969 nel 2018 sono arrivati a 44.592, il valore aggiunto era di 3,2 miliardi del 2017 a 3,4 del 2018.

Alunni: lavorare per far crescere le imprese

Sono dati positivi – ha spiegato il presidente Alunni – che testimoniano la volontà delle nostre aziende associate di portare avanti progetti di crescita. Innovazione, formazione del capitale umano e internazionalizzazione sono gli elementi fondamentali che determinano la crescita dimensionale delle imprese di un territorio. Bisogna lavorare su questi fronti per avere un numero sempre maggiore di aziende medie e grandi che sono le naturali clienti delle piccole”.

Il manifatturiero

Rispetto alle aziende prese in esame, un focus particolare è stato dedicato alle imprese manifatturiere. Si tratta di aziende associate che rappresentano l’81% del Pil regionale del settore manifatturiero e assorbono il 73% degli occupati in Umbria.

Si tratta di dati oggettivi – ha aggiunto il presidente Alunni – che dimostrano come una parte rilevante della manifattura regionale sta comprendendo quali sono le leve su cui lavorare per vincere la sfida della competizione globale. C’è una parte della regione che sta vincendo la sfida del mercato e che può essere un modello anche per tutte le altre aziende che hanno nella loro strategia una ridefinizione della dimensione e dello spettro di azione. La dimensione è un aspetto determinante per proiettarsi sul futuro”.

Nel dettaglio, la crescita del fatturato indica che le aziende hanno avuto la capacità di acquisire più spazi sul mercato e di migliorare la competitività attraverso percorsi di investimento. Ciò ha portato a una migliore marginalità che si riscontra sia nel valore aggiunto che nella capacità delle aziende di produrre ricchezza.

L’aumento dei dipendenti – ha sottolineato Alunni – è indice del fatto che l’innovazione non va a detrimento dell’occupazione. Attraverso l’innovazione tecnologica le aziende sono più competitive, possono cogliere maggiori opportunità sul mercato, crescono nel fatturato e creano posti di lavoro”.  

La “ricetta” per il successo

Dall’indagine condotta da Confindustria Umbria si rileva una coerenza tra il manifatturiero in senso stretto e l’intero comparto produttivo regionale. “Dobbiamo lavorare, anche come Associazione – ha aggiunto Alunni – affinché il nostro sistema industriale si collochi su fasce di valore sempre più alte. È necessario, quindi, continuare ad investire nelle tecnologie che oggi sono disponibili e che possono fare la differenza in termini di competitività. Fondamentale, infine, sarà portare avanti percorsi di crescita manageriale e formativa ad ogni livello: dalle figure produttive fino al middle management per arrivare a tutte le strutture tecniche”.

Insomma, la raccomandazione alle imprese è sempre la stessa: strutturarsi, irrobustirsi, collocarsi su settori ad alto valore aggiunto per superare la concorrenza al ribasso che arriva dai Paesi emergenti.

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