Quando si riferisce di modifiche morfologiche alla zona interessata dall’inchiesta sulla Valnestore, parliamo della storia di un territorio letteralmente “plasmato”, dove i profili di colline, strade e campi sono stati arrotondati e smussati per anni, alterati per l’escavazione di lignite e per gli stoccaggi della cenere. Ma questo non è l’unico aspetto. Nel periodo relativo alla costruzione della nuova centrale Enel (terminata nel 2003), quando l’attività estrattiva era ormai terminata come era ormai finito il gran “traffico” di ceneri, si resero necessarie mastodontiche movimentazioni di terra. Per effettuare il “precarico” sull’area della futura centrale a metano si prelevarono imponenti quantità di metri cubi di terra dall’area che oggi appartiene alla Sviluppo Valnestore che poi, unitamente a quelle dello scavo per la realizzazione della struttura, vennero “rispalmate”, nella zona compresa tra il fiume Nestore e quella oggi identificata come area adibita a discarica di ceneri e rifiuti.
Su circa ottocento metri in linea d’aria per una superficie di circa 40 ettari venne riversata “una montagna di terra”, quella superficie nemmeno fu sufficiente, si chiesero quindi autorizzazioni per accedere ai terreni dei privati confinanti per quasi altrettante cubature. Un’operazione che provocò la “morte” di una quindicina di querce secolari, soffocate letteralmente da quella “sepoltura”, evento per il quale la Forestale emise un verbale con relativa sanzione.
Un sistema di collegamento tra il lago nero e il lago grande di Pietrafitta. Dall’ingrandimento delle immagini facilmente reperibili su Google mappe nelle quali si nota un “taglio” nel punto in cui un “troppo pieno” sarebbe stato collocato per permettere il deflusso dell’acqua dal piccolo bacino dalle acque scure nel ben più grande e limpido lago grande. Altro elemento che andrebbe tutto verificato nell’ottica del fare piena luce su tutti gli aspetti ambientali che riguardano la Valnestore. Ora ci sarebbe da verificare se tra le prescrizioni ambientali dell’area non vi fosse qualche richiamo specifico proprio alla bonifica di quella “macchia scura” che balza agli occhi osservando le mappe.
Intanto il comitato della Valnestore cresce e le istituzioni ne hanno ormai fatto un interlocutore ufficiale per quanto attiene l’inchiesta. Giovedì sera è stata la volta dell’assessore regionale all’ambiente Fernanda Cecchini e dei consigli comunali di Panicale e Piegaro. La partecipata assemblea di Colle San Paolo si è aperta però con un nuovo e più impressionante dato. Lo stesso presidente pro tempore del comitato, Ivano Vitali che è lo stesso cittadino ad aver inviato ai Comuni il primo dettagliato esposto contente la mappatura dei sotterramenti di ceneri e rifiuti e dei casi di patologie che hanno colpito gli abitanti della sua via, ha aperto spiegando di aver recentemente appreso che al numero dei malati su quei 700 metri (circa 140 abitanti per 40 famiglie) ne vanno aggiunti altri 10. Ogni famiglia, stando a questi dati, avrebbe almeno un malato o un congiunto deceduto per cancro. Una linea “di massima trasparenza e volontà dell’accertamento definitivo dei fatti, attraverso i dati e l’esito delle indagini della procura” è stata annunciata dagli amministratori locali. “Non ci saranno coperchi – ribadiscono i sindaci Cherubini e Ferricelli – vogliamo mettere un punto e andare a capo, per questo per primi abbiamo richiesto tutti i controlli possibili a partire dai pozzi”. Ma la gente qui ha fretta di capire. “Vogliamo sapere perchè per tanto tempo si taciuto su questo argomento, perchè per 20 anni è stato coltivato grano e immesso nel mercato se era noto che fondasse le radici sulla cenere. Perchè discariche di rifiuti note a tutti non sono attualmente recintate e controllate”. Questa la sostanza. La pratica è più complicata. I punti censiti sono un conto, l’uso smodato delle ceneri da parte di “chiunque avesse una buca da tappare o un piazzale da spianare” è tutto un altro paio di maniche. Su questo l’assessore Cecchini è stata chiara “Ho sentito cose stasera – ha spiegato – che ritengo debbano essere riferite al magistrato, è utile che queste segnalazioni le facciate direttamente all’organo inquirente. La procura farà il suo lavoro perchè la giustizia ha i suoi tempi e funziona e uno Stato funziona quando ognuno rispetta il suo ruolo. La Regione ha già fornito gli elementi in suo possesso per le discariche di cui era a conoscenza, ma se vi sono situazioni non censite, su quelle non abbiamo strumenti per riferire”.
Un fascicolo della Procura, tre interrogazioni parlamentari di M5S, Scelta Civica, Pd e un esposto recapitato nella commissione bicamerale d’inchiesta sugli ecoreati targato Lega Nord, oltre alle prese di posizione e gli interventi in regione dell’assessore Cecchini, dei consiglieri Squarta, Ricci, Leonelli e della commissione Ambiente e Sanità e ora l’ipotesi è quella di un “disastro ambientale nell’area della ex centrale a lignite di Pietrafitta, piccola frazione del comune di Piegaro. Il disastro ambientale sarebbe avvenuto in un periodo a cavallo degli anni 80 e 90, in un contesto di assenza di regole e di perpetrato sfruttamento del suolo, non soltanto per l’estrazione della lignite”. E’ quanto scritto nell’esposto recapitato nella commissione bicamerale d’inchiesta sugli ecoreati. Firmato Stefano Candiani, senatore della Lega Nord e commissario umbro del partito di Salvini. Candiani ripercorre le tappe dell’inchiesta e cita le testimonianze “che rilevano la sepoltura di rifiuti e ceneri nella Valnestore, tra i paesi di Panicale e Piegaro”. A metà degli anni ’80, nel territorio del comune di Piegaro erano presenti due discariche di rifiuti: una, di proprietà privata, per lo smaltimento di rifiuti urbani e speciali, con esclusione di tossici e nocivi, e l’altra per lo smaltimento di rifiuti urbani al servizio del Comune di Piegaro e poi anche dei comuni di Paciano e Panicale. “La discarica privata – è scritto nell’esposto – fu autorizzata a smaltire anche i rifiuti speciali costituiti dalle ceneri provenienti dalla Centrale Enel di Pietrafitta e successivamente, sia pure per un periodo limitato, anche dalle Centrali di Vado Ligure e di La Spezia, fino ad una quantità massima di 50.000 metri cubi. Nella discarica comunale, situata in località Trebbiano, invece, non fu mai autorizzato lo smaltimento di ceneri”. In quei venti anni il materiale di risulta dalla combustione della lignite veniva interrato in discariche, sia nei terreni di proprietà dell’Enel che di privati. Candiani centra anche il tema dell’uso delle ceneri e dell’ “intuizione” dei numerosi trasportatori che presero ad usarle come rilevato un po’ ovunque, anche per “tombare” i rifiuti. Attività di discarica di cui “non sembra esserci traccia – scrive Candiani – Nessuna delimitazione o indicazione. Niente che faccia immaginare la presenza di una discarica controllata”. Poi il riferimento alle “ceneri da carbone della centrale Enel di La Spezia (che si sospetta possano avere più alte concentrazioni di isotopi radioattivi) “. Non manca un cenno al “contenzioso” che ha portato al protocollo d’intesa tra Enel e Regione per la nuova centrale e la bonifica e riambientazione delle aree tutt’intorno. Nell’esposto si cita infine lo studio preliminare del registro tumori da cui “risulta in aumento il tasso di incidenza e mortalità delle patologie oncologiche, più alto della media regionale, nonostante le caratteristiche rurali dell’area. Il tasso di incidenza dal 2001 al 2010, per tutti i tipi di tumori, vede il comune di Piegaro, con riferimento agli uomini, a quota 1023.05, secondo solo a Città di Castello (1102.9) ma davanti a dimensioni urbane come Perugia (860), Terni (933.5) e Foligno (964.8) e alla media regionale. Dati “che esigono indagini epidemiologiche approfondite per stabilire eventuali collegamenti tra le patologie oncologiche e i fattori tossici o cancerogeni dell’inquinamento dell’area”.
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