Quasi due anni. Tanto ci ha messo la procura di Firenze a portare a conclusione le indagini dell’inchiesta Tav, quella per intenderci relativa al tratto del sottoattraversamento fiorentino. Tra i 33 indagati a vario titolo per associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti e truffa c’è anche l’ex governatrice dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti, ex presidente (dimessasi dall’incarico proprio quando risultò coinvolta nell’inchiesta) di Italferr.
Con lei indagati anche i dirigenti del consorzio Nodavia aggiudicatario dell’appalto e dirigenti del Ministero delle Infrastrutture. Per associazione a delinquere, corruzione e abuso d’ufficio, a settembre 2013, l’ex governatrice finì agli arresti domiciliari per circa due settimane. Assistita dall’avvocato Luciano Ghirga “la zarina” come è soprannominata Lorenzetti, ha sempre dichiarato la sua estraneità ai fatti per cui è indagata. Eppure secondo i pm Giulio Monferini e Gianni Tei poi avvallate dal Gip Angelo Antonio Pezzuti la Lorenzetti faceva parte di una “cricca” fatta di conoscenze altolocate nei palazzi del potere utili a fornire sempre un valido aiuto per aggirare la legge, rendere pareri compiacenti, insomma per aggiustare le cose a danno dei contribuenti e della legge stessa. Piaceri da ricambiare con incarichi prestigiosi e posti di lavoro. Così lavorava per i pm la ‘squadra’ della Lorenzetti. E chi si metteva contro era ‘spacciato’.
Il fulcro dell’accusa si muove intorno ai fanghi di risulta della megatrivella “Monna Lisa”: rifiuti speciali che andrebbero smaltiti con inevitabili costi per le aziende che si sono aggiudicate l’appalto ferroviario. Così sarebbero riusciti a farli passare per rifiuti normali, sversati in siti non autorizzati. Ma pagati da Italferr – che su questo aspetto sarebbe stata tratta in errore – almeno il doppio del costo reale (100 euro a tonnellata, come i 40-50 euro). Sul tentativo di traffico illecito di rifiuti Lorenzetti viene descritta come colei che “operava e svolgeva attività nell’interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette, da cui poi pretendeva favori per il marito, e mettendo a disposizione le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici e una vasta di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati”.
Lorenzetti e Lombardi (Rup di Italferr) “agivano in contrasto con gli interessi della stazione appaltante a conseguire l’esecuzione dell’opera a regola d’arte e nel rispetto dei costi preventivati, così operando in danno della stessa Italferr, anche con condotte illecite finalizzate ad influenzare e condizionare le determinazioni delle pubbliche amministrazioni interessate, in violazione di legge sulle autorizzazioni e sui vincoli di tutela ambientale e paesaggistica e ciò al precipuo scopo di favorire economicamente il general contractor Nodavia e il suo socio di maggioranza Coopsette”.
Tutte le accuse risultano praticamente invariate rispetto all’ordinanza di misura cautelare di un anno fa, mentre il filone d’inchiesta arrivato a Perugia sui presunti aiuti per le ammissioni all’Università è stato recentemente archiviato.