Dopo l’incendio dei giorni scorsi, un comitato di cittadini di Santa Maria degli Angeli scrivono (tra gli altri) a Comune, Ministero dell’Ambiente, alla Regione e alla Provincia, ma anche all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, all’Arpa e ai Carabinieri (forestali e del nucleo ecologico), per chiedere “un sopralluogo e tutti gli accertamenti sulle emissioni in atmosfera di sostanze (in particolare, fumi e polvere scura che si accumula ovunque nel circondario, come agevolmente visibile), sugli odori, che creano fastidi in gola, sui rumori e sugli scarichi idrici provenienti dal ciclo produttivo dell’opificio delle Fonderie Tacconi di Santa Maria degli Angeli”. Fonderie che rispondono ricordando di essere un’azienda che opera nel pieno rispetto delle normative, e tra l’altro, sul piano ambientale, con emissioni di dieci volte inferiori rispetto alla legge.
“I disagi – sostengono i cittadini in una corposa raccolta firme – si rilevano tutti i giorni in modo continuativo, con picchi di esalazioni maleodoranti nel corso della giornata, secondo anche la direzione dei venti. Inutili si sono rivelati, ad oggi, i plurimi solleciti già formulati dai residenti, anche per disincentivazione da parte degli stessi Enti, che ivi hanno sempre teso a considerare del tutto normale una situazione di evidente invivibilità“.
Per questo tutti gli enti e le istituzioni interpellati dai residenti, “ciascuno per la propria competenza“, sono invitati “a procedere al sopralluogo urgente e a tutti gli accertamenti sulle emissioni in atmosfera di sostanze (fumi e polvere scura), sulle emissioni maleodoranti, sui rumori e sugli scarichi idrici provenienti dal ciclo produttivo“. Ma non solo: la delocalizzazione è un’altra delle richieste dei cittadini del comitato: “Situazioni come quelle della Tacconi in pieno centro abitato e a poche centinaia di metri dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli – spiega Valeria Passeri, avvocato e vicepresidente del WWF Perugia – non sono più ammissibili: le amministrazioni dovrebbero assumersi le loro responsabilità e cooperare per una delocalizzazione delle industrie insalubri. Ci stiamo attivando – conclude – per ottenerlo“.
“Delocalizzare? È un intervento che richiede 50-60 milioni“, ribatte Pietro Tacconi, amministratore delegato dell’azienda omonima. Le fonderie, già nei giorni scorsi, dopo l’incendio, avevano ricordato “la grande attenzione per l’ambiente e sulle emissioni“, sottolineando l’assenza di rischi per le persone. E oggi, appresa della raccolta firme, spiegano che “Siamo a Santa Maria degli Angeli dal 1962 e abbiamo determinate lavorazioni, tutte le pieno rispetto della normativa. Abbiamo rinunciato ai turni notturni per limitare i disagi dei cittadini, e le nostre emissioni sono controllate dall’Arpa e abbiamo i nostri sistemi di monitoraggio interni: i nostri committenti sono attenti a questi aspetti“, dice ancora Tacconi. Ricordando tra l’altro come ogni anno l’azienda (che dà lavoro a circa 300 persone) investe risorse per ridurre e migliorare le emissioni e tutelare la salute dei cittadini che vivono nella zona. “L’incendio è stato un incidente – conclude – risolto nel migliore dei modi”.