Il piano di riorganizzazione di Poste non piace, il 3 giugno è sciopero - Tuttoggi.info

Il piano di riorganizzazione di Poste non piace, il 3 giugno è sciopero

Massimo Sbardella

Il piano di riorganizzazione di Poste non piace, il 3 giugno è sciopero

Slc Cgil e Uilposte invitano i lavoratori a sospendere le prestazioni ordinarie per l'intera giornata
Mer, 28/05/2025 - 17:03

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Dopo l’esclusione di Cgil e Uil dai tavoli di trattativa nazionali e locali con Poste, le sigle di categoria Slc Cgil e Uilposte hanno indetto lo sciopero delle prestazioni ordinarie per l’intera giornata del 3 giugno.

“Basta promesse vane. Salario e diritti in Poste Italiane”, sarà questo lo slogan dello sciopero, proclamato dalle categorie di Cgil e Uil che lo scorso novembre sono state estromesse dai tavoli di trattativa dalla dirigenza dell’azienda. “La più grande azienda del Paese – sostengono le categorie dei lavoratori postali, dei pensionati, e Cgil e Uil dell’Umbria – deve garantire democrazia e pluralismo, e il 3 giugno i dipendenti di Poste incroceranno le braccia per dire no a relazioni sindacali che mortificano il confronto e cancellano il dissenso”.

Il piano di riorganizzazione

Al centro della protesta il piano di riorganizzazione che prevede tagli degli organici che renderanno sempre più difficile garantire servizi agli utenti e lavoro di qualità.

Sul territorio umbro, in particolare, queste politiche aziendali rischiano di compromettere il servizio universale di recapito – in particolare sul territorio di Terni, con il taglio del 30% delle zone di recapito che è stato implementato nel mese di maggio – e la rete degli uffici postali che a causa della strutturale carenza di personale, spesso possono essere tenuti aperti solo a forza di prestazioni straordinarie e piani ferie continuamente rivisti.

“Di fronte a queste problematiche, chiare tanto all’utenza quanto ai lavoratori – scrivono i sindacati – Poste Italiane tuttavia nega l’evidenza, nascondendosi dietro ai fabbisogni di personale stabiliti negli accordi del 27 novembre, numeri che non hanno niente a che fare con la realtà.
Il motivo di questa condotta è chiaro: l’Azienda intende comprimere al massimo il costo del lavoro e massimizzare i profitti a breve termine, ma a farne le spese sono gli utenti e i lavoratori”.

“Basta – proseguono le Confederazioni e le Categorie – alla politica dei dividendi agli azionisti e delle briciole ai lavoratori: i risultati aziendali devono portare ad aumenti anche per chi permette di ottenerli con il proprio lavoro quotidiano, e occorrono interventi risolutivi su stabilizzazioni, trasformazioni e mobilità”.

“Bisogna aumentare poi gli investimenti per la sicurezza dei lavoratori diretti e degli appalti”, proseguono Cgil, Uil, Slc e Uilposte, Spi Cgil e Ulipensionati. Che concludono: “Il 3 giugno ribadiremo il nostro no alla vendita delle quote azionarie di Poste da parte del Ministero delle Finanze. Poste deve rimanere saldamente in mano pubblica”.


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