Claudio Bianchini
Omero Savina, consigliere comunale e responsabile del parco regionale dell’oasi di Colfiorito, lancia l’allarme: l’altopiano plestino rischia la deturpazione finale e l’isolamento totale. “Il progetto per l’installazione delle grandi pale eoliche sulle montagne tra l’Umbria e le Marche, era previsto già da tempo – rileva – e sin dall’inizio sono state espresse perplessità e richieste di sospensione, ma non è servito a nulla, e tra l’altro nessuno ci ha mai interpellati e tenuti in considerazione”. Ormai il dado è tratto quindi, ma le 24 eliche giganti non sono l’unica preoccupazione che affligge gli abitanti e gli amanti di questa importante, quanto strategica, porzione dell’appennino. L’impressione, tanto per restare in tema, è proprio quella di una battaglia contro i mulini a vento. “Oltre alle torri eoliche nel bel mezzo dell’area archeologica di Plestia, tra l’altro a ridosso del santuario, verrà scavato e realizzato lo snodo centrale della rete gas italiana nel tratto Sulmona – Foligno, che collegherà i metanodotti dell’europa dell’est al nord africa. Una gabbia delle dimensioni di un campo da calcio – incalza Omero Savina – che snaturerà un paesaggio unico, e porterà con sè seri rischi ambientali”. Ma, stando al responsabile dell’ente parco di Colfiorito, la mazzata definitiva al territorio arriverà dalla costruzione della nuova ‘Val di Chienti’ a quattro corsie. “Non possiamo preoccuparci soltanto dei cumuli e delle movimentazioni del materiale roccioso o delle polveri dei cantieri – attacca Savina – il vero problema è quello delle falde acquifere e delle sorgenti idriche, che potrebbero essere sconquassate dai lavori stradali. Un’opera che sarà comunque troppo a ridosso della zona umida della palude”. Oltre all’allarme ambientale e paesaggistico, l’altra seria preoccupazione è quella della marginalizzazione dell’altopiano. “La nuova Ss 77 non prevede svincoli nella Val Menotre – fa notare Savina – e questo rischia paradossalmente di isolare l’intero territorio montano. Avremo così un’arteria ad alto scorrimento, che però non consentirà ai veicoli di uscire in queste aree, né agli abitanti dei paesi della montagna di poterne usufruire, restando così ancor più tagliati fuori”. In quest’ottica quindi, anche gli sforzi per la valorizzazione e le energie impegnate negli anni per il rilancio turistico, sarebbero del tutto vanificati così come tutta un’economia, reimpostata dopo il terremoto, sulla produzione di prodotti tipici agroalimentari, l’offerta artistico – archeologica e la promozione ambientale e paesaggistica.