I Love Spoleto, "Zio Crì" Christian De Sica a cuore aperto | Successo della data unica a Piazza Duomo - Tuttoggi.info

I Love Spoleto, “Zio Crì” Christian De Sica a cuore aperto | Successo della data unica a Piazza Duomo

Carlo Vantaggioli

I Love Spoleto, “Zio Crì” Christian De Sica a cuore aperto | Successo della data unica a Piazza Duomo

Aneddoti, tante canzoni, e la vera natura di Christian sul palco di Piazza Duomo, con la complicità di Pino Strabioli
Dom, 26/08/2018 - 13:35

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“’S Wonderful, come dicono gli americani”. Comincia così lo spettacolo di Christian De Sica in una Piazza Duomo spazzata dal vento fresco che annuncia un cambiamento di stagione. Lo stesso cambiamento che si percepisce nel grande artista Christian, figlio d’arte e di cotanto padre, Vittorio De Sica. 

Un attore, regista, cantante, scrittore, che ha nei cromosomi qualcosa di inevitabile, così come lo fu per il compianto Manuel De Sica, fratello di Christian scomparso prematuramente nel 2014 e autore di meravigliose colonne sonore per film come quella de Il Giardino dei Finzi Contini, con la regia del padre Vittorio e per la quale ebbe una nomination all’Oscar nel 1972. Il film poi lo vinse l’Oscar, come miglior film straniero.

Christian legatissimo alla famiglia di origine nel suo show spoletino, penultima tappa degli spettacoli di “razza” di I Love Spoleto, prima dell’arrivo del ciclone Caparezza (il prossimo 31 agosto), racconta e cita spesso il comune destino artistico suo e di Manuel, iniziato con delle recite in casa “vestiti con dei ridicoli frakkettini”, sotto la regia del padre e per la gioia di amici di famiglia del calibro di Paolo Stoppa o Sophia Loren.

Per anni, osservando la carriera lunghissima di Christian fatta anche di oltre 100 film all’attivo, “Montgomery Clift ne ha girati una ventina ed io invece sto ancora qui…”, la critica, spesso feroce nei suoi confronti, ha discusso a lungo se fosse un clone del padre Vittorio, una sorta di ottima riproduzione dell’orginale, ma senza talento. In realtà è lo stesso Christian a chiarire l’arcano, “Il mio modello era Sordi, tanto che Alberto mi disse che avrei dovuto accendere un moccolotto sotto la sua immagine”.

Ma è davvero ingeneroso accusarlo di essere un senza talento. De Sica, Christian, è un magnifico crooner, “Amo il Jazz, il primo disco che ascoltai lo portò papà dall’America. Era di Art Tatum”. E ci vuole una discreta faccia tosta a cantare in maniera intepretativa, le grandi Hit di Frank Sinatra, come New York New York, ma Christian è sempre stato l’unico che non le ha stravolte, oltretutto mostrando una capacità canora di grande livello, sopratutto ora, a 67 anni portati in gran forma, che la voce si fa matura ed esperta.

E’ inoltre un attore comico, non banale, di cui si percepisce la profonda malinconia aldilà del cinismo di alcune battute, ed anche uno straordinario interprete come nel film Il figlio più piccolo di Pupi Avati (2010) in cui a Christian tocca in sorte il registro drammatico che padroneggia in maniera perfetta.

Non è un caso che in questo film si parli di un padre ingombrante e di un figlio dimenticato e un pò imbranato che alla fine diventa l’unica salvezza dell’augusto genitore. Christian a Spoleto dirà una cosa di una straordinaria lucidità e di struggente affetto sul suo rapporto con il padre Vittorio, “Di mio padre io amavo i difetti…”. Quei difetti che l’enorme genitore riversava sui figli come unico linguaggio della sua attenzione.

Ne saranno raccontati tanti, di quei “difetti”, nella serata di Piazza Duomo ed alcuni assolutamente divertenti, per il loro cinismo involontario. Il più conosciuto è quello dei luoghi di vacanza dei piccoli fratelli De Sica in tutti i più famosi luoghi di gioco d’azzardo, forse unica vera passione di Vittorio, come Campione, Montecarlo, Saint Vincent. Oppure come quando, prima di partire per una lunga trasferta teatrale sudamericana, Christian, all’epoca poco più che maggiorenne viene salutato dai genitori all’aeroporto e mentre la madre. Maria Mercader piangeva a dirotto, Vittorio appena un attimo prima che Christian mettesse il piede sulla scaletta dell’aereo lo chiama a gran voce e gli urla come commiato, “Mi raccomando figlio mio, prima di entrare in scena, un ombra di grigio sulle palpebre”. Una risata fragorosa attraversa Piazza Duomo, ma nessuno sa davvero cosa ha attraversato quel giovanotto che se ne andava dall’Italia, un attimo prima di salire su un aereo, e quel padre che lo salutava.

Quando la spumeggiante Big Band composta da 18 elementi guidati dal Maestro Marco Tiso, con al pianoforte il Maestro Riccardo Biseo. attacca le prime note di ‘S Wonderful, famoso brano di Un Americano a Parigi, cantata in origine da Gene Kelly e Georges Guétary, in una sorta di cronologia al contrario, De Sica torna dunque pacificato alle sue origini di artista. Racconta agli spoletini che lo ascoltano attentissimi mentre viene intervistato sul palco dall’attento Pino Strabioli, il giorno della consacrazione definitiva in arte a Montecarlo.

Seduti davanti a lui il padre Vittorio, il principe Ranieri e la moglie Grace Kelly, una serie incredibile di altri attori, musicisti e personaggi del Jet Set e in fondo alla sala proprio Gene Kelly. Un battesimo che dire “di fuoco” è un eufemismo. Ma anche il commiato edipico dal padre Vittorio. Concluso poi, com’è nella natura umana di Christian giovane debuttante, in un ascensore dell’hotel, dopo una libagione colossale di champagne, “m’era venuta una panza così…”, con un peto liberatorio, un attimo prima che entrasse nello stesso ascensore Soraya, ex- principessa di Persia.

In due ore di spettacolo Christian De Sica racconta tutto e di più di una vita segnata da incontri straordinari, che solo a poche persone sono destinati in una vita intera. Alcuni sono talmente cinici da superare lo sbalordimento per trasformarsi in una sorta di scrittura di scena per una commedia.

Come quando “Zio Crì” racconta i segreti di Wanda Osiris, la soubrette mito di intere generazioni di italiani, la Divina, che nel giro di 5 minuti viene trasformata in una macchietta con evidenti problemi di sordità e amante di strani riti preparatori prima degli spettacoli. Le risate si sprecano e l’umanità dei personaggi ne fa persone accessibili a chiunque.

O come quando racconta di un concerto americano di Andrea Bocelli che lo vuole con lui per cantare insieme. “Ancora mi tremano le gambe. La moglie di Bocelli mi aveva dato delle istruzioni su come fare con Andrea (non vedente) al termine della canzone per il saluto al pubblico.” E invece Christian travolto dall’ovazione della platea e dai baci che gli mandava copiosi dalla prima fila Sophia Loren, amica di famiglia e attrice preferita di papà Vittorio, si dimentica completamente di Andrea che nel frattempo si era alzato dal pianoforte e andava per conto suo verso l’arpa. “Per fortuna lo riacchiappai al volo…”. Se non è una dichiarazione a cuore aperto questa!

Quella voglia che lo stesso Christian ha di annullare le distanze “Oh..siamo qui per una chiacchierata tra amici eh….non è uno spettacolo”.

E siccome di amici in platea ce ne sono parecchi, inclusa la moglie Silvia Verdone, Christian tra gli altri chiama a salire sul palco Serena Autieri, ormai spoletina a tutti gli effetti. Con lei duetterà amabilmente sulle note di Roma nun fa la stupida stasera.

E quando lo spettacolo volge al termine Christian, come si fa tra buoni amici, racconta gli ultimi istanti di vita del grande Vittorio, ormai morente su un letto di ospedale a Parigi. La disperazione della moglie, Christian con il magone e le ultime parole al figlio che lo straordinario regista sente affine, “mi raccomando prenditi cura di tua madre, è una ragazzina…stagli vicino” e a seguire tutta una seria di raccomandazioni interrotte solo alla fine da una notazione, la più importante, “Ma hai visto che culo ha quell’infermiera?”.

E il commiato si compie sulle note della celebre composizione di Vittorio, Parlami di amore Mariù.

Se lo spettacolo di Spoleto è stato un “unicum”, pensato proprio per questa occasione, allora ci piace pensare, come detto all’inizio, che Christian De Sica sia pronto per la sua nuova stagione, quella del grande artista che non deve più uccidere nessun padre ma solo offrire senza risparmio tutto ciò che la sua vita ed esperienza artistica gli ha dato in dote. Il pubblico spoletino, quasi 1500 persone ieri sera in Piazza Duomo, lo capisce e applaude generosamente. A presto “Zio Crì”.

Riproduzione riservata

Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)

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