Il rimpasto in Giunta va servito… freddo. Sicuramente lontano dall’afa record di questa settimana di Ferragosto. Ma anche dagli appetiti dei due maggiori partiti della coalizione di centrodestra che con Donatella Tesei ha conquistato Palazzo Donini.
Anche perché una scelta immediatamente successiva al siluramento da parte del segretario Caparvi dell’assessore Melasecche, cacciato dal partito dopo quasi due anni di mantenimento dal doppio incarico (di consigliere e di assessore), sarebbe un’insulto alle prerogative della presidente. Che tecnicamente ha sempre il coltello dalla parte del manico: se dice “stop”, si va tutti a casa.
Certo, se il via libera al defenestramento di Melasecche – come pare – è arrivato direttamente da Matteo Salvini, appare difficile dire di no. Come è stato, per capirci, con l’invio in Umbria di Luca Coletto dal Veneto.
La stessa Tesei, che sarebbe rimasta volentieri a Roma sul suo scranno di senatrice, ha accettato la candidatura in Umbria proprio su esplicita richiesta di Salvini. Che dopo il mancato colpo del Papeete (anche allora la crisi, di Governo in quel caso, fu aperta prima di Ferragosto) aveva messo la conquista dell’Umbria rossa come prima medaglia sulla divisa elettorale indossata per la riscossa.
E poi c’è la Lega. In Umbria attraversata da profonde lacerazioni, tanto da far ricordare il Pd. Naturali, del resto, quando un partito imbarca tutti. Da Spoleto a Città di Castello, passando per Todi, è un susseguirsi di liti, espulsioni e fuoriuscite volontarie, ma comunque sbattendo la porta.
Con Fratelli d’Italia, in ascesa sfruttando la posizione strategica di Giorgia Meloni dall’opposizione, pronto a fare campagna acquisti. Non disdegnata anche da Forza Italia, che aveva ha subito negli ultimi anni più di un’emorragia a vantaggio degli alleati più estremisti.
E poi c’è il generale Ruspolini, che ha organizzato le sue truppe già in una ventina di comuni umbri per dare l’assalto a quella Lega che in Umbria, lamenta, è uscita dai binari tracciati dal Capitano Salvini. Trovando anche il plauso di alcuni esponenti di primo piano, almeno nella parte in cui critica la gestione Caparvi – Alessandrini. Per chi non ha velleità romane, può essere un’opzione.
Insomma, un partito in queste condizioni, a poche settimane da una tornata amministrativa che vede impegnato in prima persona anche il suo segretario, un colpo doveva batterlo. Anche a costo di far infuriare la sua presidente. Preoccupata dell’effetto domino in Giunta del caso Melasecche. Perché a quel punto FdI tornerebbe a chiedere un assessore, costringendo a cambiare almeno due pedine del suo esecutivo. Magari mettendo in discussione il posto di Michele Fioroni, persona in cui Tesei confida molto.
Di Paola Agabiti, non espressione dei partiti tradizionali ma eletta nella lista Tesei, tutti hanno apprezzato il modo in cui finora è riuscita a districarsi nelle insidie del bilancio, tra il passaggio di consegne con la precedente amministrazione e le conseguenze imprevedibili (anche sui conti) della pandemia. E poi, appunto, è stata eletta nella lista della presidente.
Quanto a Melasecche, le parole utilizzate nel comunicato, in particolare circa la mancanza di fiducia e le divergenze sul piano amministrativo, rendono improbabile che la Lega possa sopportarne (e giustificarne) a lungo la presenza in Giunta.
La soluzione suggerita, per non ledere l’immagine dell’autonomia della governatrice, né la linea del partito di maggioranza relativa, è quello di aspettare che le temperature si abbassino (in tutti i sensi) e di procedere al rimpasto dopo una verifica di metà legislatura. Una soluzione politicamente più accettabile. Per tutti, o quasi.