Sarebbero nelle casse di Gesenu già da venerdì i 46 milioni di euro che le città di Messina e Catania, con i rispettivi Ato, dovevano alla partecipata perugina. Denaro che potrebbe trasformarsi in linfa vitale per i servizi di igiene ambientale del capoluogo perugino. E che corrisponde a un contratto di appalto stipulato con gli ambiti territoriali nel 2005. Poi lungaggini e mancati pagamenti hanno fatto salire la cifra fino a quei 46 milioni, così come accertato dal commissario liquidatore nominato per risolvere il contenzioso tra le parti in causa.
A darne notizia oggi sono tre consiglieri del Partito Democratico di Perugia, Diego Mencaroni, Alvaro Mirabassi e Leonardo Miccioni, che promettono di volerci vedere chiaro. A dirla tutta, per salvare le Ato di Messina e Catania dalla “morsa” dei mancati pagamenti era intervenuta la Regione Sicilia. Nulla di fatto però: all’inizio del 2013, a causa di alcune questioni amministrative e burocratiche, “tutte imputabili alla Regione Sicilia“, lo sblocco delle risorse ha subìto “pesanti rallentamenti“. Nel documento presentato dai consiglieri del PD di Perugia, si parla anche di “agitazione all’interno dell’azienda“, tanto che le stesse problematiche sarebbero state utilizzate “per metter in piedi operazioni di opportunismo politico da parte delle varie opposizioni di quel momento”.
La mancanza di liquidità era stata però risolta dai presidenti e dal direttore generale di Gesenu susseguitisi negli anni senza particolare allarme “di possibili sbilanci finanziari o di operatività dell’azienda, che era e rimaneva comunque solida“. Fino al piano industriale 2014-2017 di Gesenu, che, lamentano dal PD a Palazzo dei Priori, “per come presentato dagli attuali vertici della società, contiene strategie per l’immediato presente condizionate, anche e soprattutto, dalla presenza di una situazione creditoria, ad oggi appunto di circa 46 milioni di euro comprensivi di interessi di mora, che non hanno permesso di limare le tariffe e di prevedere tagli importanti sui servizi“. Tutti problemi che per Mirabassi, Mencaroni e Miccioni si potrebbero risolvere proprio con la restituzione del debito, che a sua volta potrebbe dare la possibilità a Gesenu di cambiare la strategia dell’azienda, nel caso quello 2014-2017 fosse per la Giunta un piano “obbligato“, proprio per via della minore liquidità di cassa. La questione verrà ora discussa in Consiglio Comunale.
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