Spoleto

Festival Spoleto, nuovo traguardo | Al Romano il “più imbarazzante” spettacolo di danza degli ultimi anni

Sappiamo di gettarci senza rete e “gnudi” in un ginepraio con questo articolo non necessario. Potevamo anche far finta di nulla e starcene in silenzio stampa usando una gentilezza di maniera e raccontando semplicemente che il Teatro Romano si era riempito come nelle grandi occasioni, per una festa della danza il cui ospite preventivamente osannato e celebrato, il Solista del Royal Ballet di Londra, Fernando Montano era il protagonista indiscusso con il suo Buena Ventura

Fernando non ha colpa

Avremmo salvato l’indifendibile, senza per questo sembrare osservatori che vanno a teatro per raccontare ciò che gli altri vorrebbero far apparire conto terzi, ma poi non è. E sia chiaro che la cosa si è rivelata imbarazzante soprattutto per il superbo ballerino Fernando Montano che di titoli e successi ne ha a iosa da vantare e non per finta. Dottorato Onorario delle Arti, Università di Bath (2019) e sensibile ai temi della salvaguardia ambientale, dal 2020 è Ambasciatore della Marine Conservation Society UK, oltre che organizzatore dell’Ocean Voices.

Tuttavia siamo al cospetto di un artista che ha 37 anni e che potremmo dire oggettivamente, si avvia verso il termine della carriera, intesa come ruoli più impegnativi nei balletti tradizionali (Ci viene in mente il Grand Pas de Deux de Le Corsaire ad esempio). Per avere una pietra di paragone, Roberto Bolle ne ha 48 di anni, e l’ultima volta che lo abbiamo visto a Spoleto in un Gala di danza, dunque su un programma limitato a pochi ruoli, fu nel 2017 per Spoleto60. Poco più degli anni di Montano ad oggi. E Bolle in quell’occasione non fu propriamente performante.

Ma siamo consapevoli che queste riflessioni si prestano a mille confutazioni e diverse sfumature interpretative. Ne prendiamo atto e raccontiamo i fatti oggettivi.

L’impensabile al Romano

Lo spettacolo inizia con il regista di Buena Ventura, Alejandro Buchelli e la ballerina Carolyn Rose Ramsay fondatrice del Ballet d’Jèrri, presentatori appena farfuglianti (che in un misto di italiano e inglese tradotto alla meno peggio) ci spiegano che il maltempo della sera precedente non ha consentito di svolgere regolarmente le prove necessarie, annunciando al pubblico del Romano che i tecnici per il disagio bestemmiavano. E vorrei ben vedere!

Una sorta di giustificazione preventiva male augurante. A cui segue l’apertura con un pezzo solista di Montano su musiche della tradizione colombiana, amato paese d’origine dell’artista, che viene illuminato da una luce fissa al centro e ogni qual volta il ballerino si spostava sui lati del palcoscenico rimaneva al buio totale, con le bestemmie (queste necessarie) del pubblico più lontano.

Non sarà piovuto, ma la maledizione della nuvola fantozziana rimane aleggiante sul Romano.

Fanno poi la loro comparsa in scena i ballerini della Compagnia di appoggio a Montano, il Ballet d’Jèrri, della Rose Ramsay, danzatrice che nel corso della sua carriera ha lavorato per il Ballet Nacional de Cuba, Les Ballets de Monte Carlo e il Norwegian National Ballet

Tutti ragazzi giovani e… molto giovani. Ma, fatta qualche eccezione, tutti titubanti per usare un eufemismo. Per esperienza evidentemente poco adatti ad una ribalta come il Festival di Spoleto.

Ma anche se questo è un aspetto importante ma non decisivo nel complesso di uno spettacolo, quello che peggiora l’impressione generale di qualcosa non “montato” con la dovuta attenzione nella regia di Alejandro Buchelli sono la scelta delle luci frastornate, la mancanza di una regia musicale corretta (interruzione improvvisa dei brani con i ballerini ancora in scena, in luce o al buio mentre escono) ed anche alcune scelte nei costumi come approccio alla coreografia. Troviamo sempre fastidioso e discordante osservare balletti di matrice “contemporanea” per musiche ed intenzioni, ballati poi con una infarcitura deludente di passi classici con tanto di scarpette ai piedi. Una sorta di vorrei ma non posso che irrita. Diremmo che si era in presenza di un saggio di fine corso della scuola di danza de la qualunque.