“Farà piacere un bel mazzo di rose
E anche il rumore che fa il cellophane
Ma una birra fa gola di più
In questo giorno appiccicoso di caucciù ...”
Il testo immortale del poeta Paolo Conte (Bartali) e relativo motivetto sonoro, è quanto ci è ronzato in testa dopo una mezzora di ascolto dell’attesissimo concerto di Tristano (Francesco Tristano) in Piazza Duomo ieri sera, 4 luglio.
La comunicazione del Festival si era scatenata nell’ultima settimana su questo nome che, iscritto e descritto in un primo momento come un protagonista della musica elettronica contemporanea, aveva già fatto venire in anticipo l’acquolina in bocca a diversi addetti al settore.
Tuttavia circolano in rete un certo numero di video sulle performance del nostro che testimoniano comunque come alla fine la musica elettronica, intesa come scrittura musicale, poi alla fine non fosse il reale oggetto del contendere. Quasi che il solo uso di teconologia dei grandi giocattoloni elettronici oggi disponibili in quantità esagerata, fosse sovrapponibile alla composizione vera e propria.
Perchè se così fosse, allora il fenomeno dell’uso sfrontato della tecnologia più moderna è patrimonio anche di epoche meno recenti, anzi ormai lontanissime. Ricordiamoci i distorsori degli Area in Gerontocrazia.
O la faccia divertita come quella di un bambino di Herbie Hancock che sull’elettronica applicata all’improvvisazione di stampo jazzistico ha costruito pietre miliari. Non c’è un suo concerto dove non spunti fuori un bestione di synth da cui esce di tutto.
E di Ryuichi Sakamoto ne vogliamo parlare? Magari qualcuno si ricorda il suo progetto con Alva Noto. Per inciso a Spoleto Sakamoto e Noto ce li ricordiamo bene, per aver rifiutato proprio un loro concerto in una circostanza e condizioni surreali.
Ma la pietra di paragone certa ed indubitabile è la sostanziale differenza tra ciò che in Umbria già conosciamo molto bene grazie alla rassegna Segnali promossa per alcuni anni dal Conservatorio Morlacchi di Perugia e quanto invece andato in scena l’altra sera.
E sul comporre in ambiente di “Elettronica” consigliamo un paio di artisti che sono di uno spessore rimarchevole: Kiefer e una vecchia conoscenza spoletina, Nicola Guida
Tristano è senza dubbio un “mostro” di bravura tecnica, formatosi alla celeberrima Julliard School che tanto piaceva al M° Menotti, e che suona Bach e contemporaneo (insieme ad un gruppo di giovani e bravissimi musicisti The New Bach players), con la stessa fluidità esecutiva e con grande soddisfazione del pubblico presente a Spoleto, accorso in massa fino a coprire tutta la disponibilità di posti in sicurezza di Piazza Duomo.
In ogni caso un vero successo, complici anche i ragazzi di Club Culture che coproducono con il Festival lo spettacolo.
Si può dire che Play Bach & More è uno spettacolo sulla scia di quello andato in scena a Spoleto59, quando passò da noi il celebre Jeff Mills con tanto di orchestra Roma Sinfonietta al seguito.
Il progetto fondamentalmente è sempre lo stesso o poco più. Contaminazione e in alcuni casi riscrittura tra classico e sonorità contemporanee, con una abbondante e sapiente spruzzata di “piacioneria” applicata.
Nel caso di Tristano la vera differenza la fa la poliedrica capacità esecutiva in entrambi i generi. Anche se nei pezzi di produzione propria dell’autore è decisamente più apprezzabile l’idea e l’orchestrazione più che la resa effettiva della ripetizione ossessiva dello stesso accordo su cui tutto si impernia. Diciamo, una questione di gusti, forse. O di stile!
In qualche modo sfugge anche il senso della progettualità dei pezzi scritti da Tristano e l’esecuzione di quelli bachiani, non essendo possibile intervenire pesantemente su quest’ultimi senza sfiorare il ridicolo.
A tratti sembra di assistere ad una autocelebrazione del “guarda che so fare…”, di cui Francesco Tristano francamente non ha bisogno, con quelle mani benedette che si ritrova.
Magari tutti gli elementi di grande novità che ci si aspettava alla fine non ci sono stati, ma resta il fatto che il prodotto ha trovato riscontro di pubblico. E quando chi paga il biglietto è contento e soddisfatto, allora non ci sono discussioni di merito che tengano.
E allora forse si può capire meglio perchè al posto di un bel mazzo di rose a volte una birra fa la differenza. Questione di prodotti o di gentilezze…o anche di cellophane!
Perchè la faccenda è sempre la stessa: bisogna saper incartare bene il regalo.
(Modificato h 09,37)