Festival di Spoleto, piace "Le Bourgeois gentilhomme-Ariadne auf Naxos" | Il Tiramisù destrutturato di Ivan Fisher - Tuttoggi.info

Festival di Spoleto, piace “Le Bourgeois gentilhomme-Ariadne auf Naxos” | Il Tiramisù destrutturato di Ivan Fisher

Carlo Vantaggioli

Festival di Spoleto, piace “Le Bourgeois gentilhomme-Ariadne auf Naxos” | Il Tiramisù destrutturato di Ivan Fisher

Sab, 29/06/2024 - 08:00

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Esecuzione impeccabile, direzione d'orchestra sapiente, ma regia destrutturata. Cast eccellente e soldout al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti

Sono pochi coloro a cui non piace un tiramisù, dolce della tradizione familiare, ricco di calorie e glicemico al punto giusto. Si contano sulle dita di una mano, inoltre, quelli che ignorano la ricetta per la preparazione. E così, quando qualche artista del savoiardo e del mascarpone decide di “destrutturare” la ricetta, l’indecisione sovrana è quella se, dare preminenza al sapore, alla classicità del prodotto o alla compostezza e compattezza visiva del dolcetto-scherzetto, prima di una cucchiaiata mortale.

E così, quasi fossimo davanti ad una regola divina di vita, potrebbe anche succedere che ci prenda la mano del destrutturare, facendone quasi un postulato indimostrato del successo in ogni forma dell’agire umano.

Capita dunque che la regia dell’opera, considerata a più voci, un grande classico della produzione musicale dei primi anni del ‘900, come appunto l’Ariadne auf Naxos/Le Bourgeois gentilhomme di Richard Strauss su libretto di Ugo Von Hofmansthall, alla fine appaia come un tiramisù destrutturato secondo le esigenze di autoaffermazione come masterchef del pur bravo Direttore di Orchestra Ivan Fischer, che si diletta molto in regie a tratti spiazzanti come il dolce suddetto.

Opera e destino o anche, “il destino dell’Opera”

Il Festival dei Due Mondi di Spoleto a guida Monique Veaute, ha deciso da un paio di anni che l’Opera è la forma migliore di apertura per un festival internazionale, proprio come quello spoletino. Non che tutto ciò fosse questa grande scoperta, ma dopo un temporale devastante e l’annullamento del concerto inaugurale nel 2023, la convinzione è diventata una certezza operativa. Il destino dell’Opera così sia, nei secoli dei secoli.

Ma la produzione di un’opera lirica sembra essere una sorta di “bestia nera” di questo attuale corso artistico. E la scelta conseguente è l’acquisto di un prodotto già bello e confezionato da mani esperte come quelle di Ivan Fisher e della sapiente Budapest Festival Orchestra, considerata dai più, e non a torto, una delle migliori orchestre d’Europa. Si legge nel libretto di sala, “produzione- Spoleto Festival Dei Due Mondi, Budapest Festival Orchestra ‍ in collaborazione con Iván Fischer Opera Company, Müpa Budapest, Vicenza Opera Festival. Al solito andrebbe chiarito che si intende per produzione, ma qui ci troviamo nella complessa semantica del gergo teatrale che si allunga e si ritira e solleva come le gambe della Sora Lella.

Siamo profondamente convinti dell’entusiasmo generale per le capacità musicali del Direttore Fischer e di tutti i professori della Budapest. Ma dove entriamo in crisi, come davanti al famoso tiramisù destrutturato, è nelle prove registiche di Fischer.

Caffè o l’Orzo Bimbo?

Anche ieri sera, 28 giugno, appuntamento con la classica prima apertura di sipario di Spoleto67, ci è voluta una mezz’ora abbondante dopo le note iniziali per riuscire a capire dove andava a parare il nostro condottiero.

Se solo si leggesse con attenzione la sinossi fornita dallo stesso Festival agli spettatori che hanno riempito tutti i posti disponibili del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, si potrebbe apprezzare una certa complessità di approccio (illustrata egregiamente da Giovanni Gavazzeni) nello studio di questa messa in scena spoletina. Tuttavia il prodotto che appare poi sul palcoscenico, al netto dell’ esecuzione musicale e della direzione orchestrale, in qualche tratto lascia un retrogusto indecifrabile. Un po’ come se invece di inzuppare i savoiardi con il caffè, i biscottoni li inzuppassimo con l’Orzo Bimbo, destrutturando a destra e a manca e fidandoci solo dell’effetto salvifico dello zucchero.

E abundandis ad adbundandum (direbbe Totò), la “povera” Budapest finisce ancora una volta schierata da Fisher sulle assi del palco del Nuovo, abbandonando di nuovo la “magica” buca menottiana, quel Golfo Mistico che potrebbe dare tante soddisfazioni all’acustica delle note prodotte dall’ensemble magiaro.

I professori “meschini” vengono così necessariamente “inzuppati” (coinvolti) nella commedia dell’arte studiata da Hofmansthall che tra frizzi e lazzi, mette in scena le maschere a noi note di Arlecchino, Scaramuccio, Truffaldino e Brighella. I “poverazzi”, costretti a suonare note complesse in piedi o in pose da guitti, mentre i fastidiosi bighelloni li subissano di attenzioni con improbabili, cappelli e mantelline di tulle e contendendosi metri di palcoscenico per avere un minimo di ribalta. Stessa spiaggia stesso mare dello scorso anno. Del resto squadra vincente non si cambia.

Mantelline e voile a cui non rinuncia di sicuro invece il Direttore Fischer, che nel 2023 (in Pelléas et Mélisande) ne sfoggiava una fascinosa, arricchita da un collare di foglie. Quest’anno al posto della eccentricità di vari collari, Fischer in mantellina naturalmente, ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e si è trasformato a tratti in attore-mimo, fingendo mancamenti invalidanti che però non gli impedivano di dirigere da sdraiato con un solo braccio. Il Maestro è decisamente in forma, anche quando si rialza di scatto dal giaciglio, sorta di triclinio roccioso, studiato appositamente per la bisogna. Uno schiaffo morale per i criticoni, come il qui presente assente. A tratti Fischer ha una leggera somiglianza con un direttore d’orchestra meno preparato musicalmente, ma molto scenico che alcuni di noi sessantenni cinefili, conoscono bene.

E se non fosse stato per la esplosiva e descrittiva colorazione dei costumi dei protagonisti, studiata dall’attenta Anna Biagiotti, buona conoscenza artistica spoletina, la scena “porettaccia” molto incline ai toni sbiaditi e a un certo pauperismo di materiali, avrebbe non solo destrutturato in maniera definitiva l’opera-Tiramisù ma, sempre per metafora dolciaria, avrebbe “scavato il tunnel nella panna del Mont Blanc”, come spiegava una famosa battuta di Nanni Moretti nel film Bianca . E continuiamo a farci del male!

Incomprensibile e temeraria la scelta di tenere praticamente fissa più volte alla ribalta il personaggio di Ariadne (il soprano Emily Magee), durante il corso dei soliloqui sull’abbandono che sono previsti per lei in partitura. Una assenza di drammaturgia che lascia invece abbandonato il pubblico alla sola musica e al canto. Un peccato per la soprano, che un po’ ne risente. E tanti saluti alle famose (ma efficaci) regie Geometriche di Giorgio Ferrara.

Quando il sapore non manca, nel cast…

E tuttavia, il sapore di questa Opera di apertura del Festival non è mancato. Splendida esecuzione, e gigionismi a parte, direzione d’orchestra puntualissima ed efficace. Cantanti di esperienza e solidissimi nell’accompagnare con vivacità un libretto con diverse pecche e stuccosità. Una Zerbinetta (Anna-Lena Elbert) eccellente e con una voce affascinante. Un Bacco (Andrew Staples) talmente solido da essere un vero “Baccone” possente e sciupafemmine. Arlecchino (Gurgen Baveyan), Scaramuccio (Stuart Patterson), Truffaldino (Daniel Noyola), Brighella (Juan de Dios Mateos), tutti di straordinario livello attoriale e con voci ponderatissime. Bravissimi e basta! Come molto efficaci, infine, sono state La Naiade (Samantha Gaul), La Driade (Olivia Vermeulen), Eco (Mirella Hagen), piacevolissime e morbide come ci si aspetta da ninfe consolatorie. Ginnicamente irrefrenabili gli Attori- Utka Gavuzzo e Camilo Daouk. Co-regia e coreografia- Chiara D’Anna, scene- Andrea Tocchio, luci Tamás Bányai.

E il pubblico della prima applaude generoso e convinto. Un buonissimo successo, oltre ogni regia-non regia.

Il popolo del “chi c’era” e…”chi non c’era proprio”

Destrutturato anche il cerimoniale. Bilancio Vip magro, spettacolo a parte, per l’avvio di questa 67ma edizione del Festival dei 2 Mondi in cui ben poche sono state le personalità viste al Teatro Gian Carlo Menotti. Assente il Governo – il Ministro Gennaro Sangiuliano ha inviato un messaggio augurale letto dal palco, tra qualche mormorio di troppo, dal sindaco Andrea Sisti, mentre a rappresentare la Regione dell’Umbria c’era l’assessora alla cultura e bilancio Paola Agabiti.

Presenza tripartisan per i parlamentari con i senatori Emma Pavanelli (M5S), Franco Zaffini (fdI), Valter Verini (Pd) mentre sul fronte estero c’era l’ambasciatore in Italia della Cambogia. A livello locale, insieme al Sindaco, c’erano alcuni membri della Giunta anche se la tensione tra alcuni di questi conferma il periodo grigio che stanno attraversando le forze di maggioranza. Tra i consiglieri comunali notati Giancarlo Cintioli e Alessandra Dottarelli. Presenti quasi tutti i membri dell’assemblea dei soci e del board del Festival.

Tra le istituzioni militari erano presenti il neo Comandante della Regione Umbria della Guardia di Finanza, generale Francesco Mazzotta accompagnato dal Comandante Provinciale colonnello Carlo Tomassini, il Direttore della Scuola di Polizia per sovrintendenti di Spoleto dirigente Maria Teresa Panone, il Comandante provinciale dei carabinieri colonnello Sergio Molinari e il Colonnello Pier Giorgio Giordano, comandante del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna. In platea era presente anche il noto critico musicale del Corriere della Sera Valerio Cappelli.

Ma non è solo la scarsa partecipazione delle autorità a ‘pesare’ sul cerimoniale. Non è passata inosservata, infatti, la gaffe che ha visto nel palco del sindaco la neo collega di Perugia, Vittoria Ferdinandi (che all’intervallo ha dovuto abbandonare il teatro), mentre la rappresentante della Regione era seduta in quello a fianco insieme alla riconfermata sindaca di Orvieto Roberta Tardani.

Un’ultima nota di colore l’ha fornita l’outfit dei due big della serata, in particolare le calzature indossate dalla direttrice artistica Monique Veaute e dal sindaco-presidente Andrea Sisti: mocassini rossi e completo bianco per la prima, scarpe oxford verde scuro su abito blu (e cravatta rossa), con gli immancabili calzini a righe per il secondo. Non c’è dubbio, il compianto maestro Giorgio Ferrara cui tanto piaceva “spiegare” con i colori e la foggia delle sue calzature, ha colpito ancora!

Foto della ribalta finale: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)
Foto di scena: Festival dei 2Mondi
Ha collaborato: Carlo Ceraso

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