FESTIVAL DEI 2 MONDI, A COLLOQUIO CON GIORGIO FERRARA: "PASSAGGIO IDEALE DI CONSEGNE TRA MENOTTI E ME" - Tuttoggi.info

FESTIVAL DEI 2 MONDI, A COLLOQUIO CON GIORGIO FERRARA: “PASSAGGIO IDEALE DI CONSEGNE TRA MENOTTI E ME”

Redazione

FESTIVAL DEI 2 MONDI, A COLLOQUIO CON GIORGIO FERRARA: “PASSAGGIO IDEALE DI CONSEGNE TRA MENOTTI E ME”

Dom, 11/05/2008 - 15:13

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di Francesco Castellini

Giorgio Ferrara è fatalmente assorbito da un mare di impegni. Il neo direttore artistico del primo Festival di Spoleto dopo l'era Menotti, sta lavorando alacremente. Le date di questa 51° manifestazione, famosa in questo mondo e in quell'altro, si stanno avvicinando in fretta e le cose da mettere a punto sono infinite.Il cartellone è di quelli che fanno impallidire i comuni mortali: trentasette spettacoli e un'opera lirica, tre di danza e diciotto concerti, quattordici opere teatrali, tre mostre d'arte contemporanea, sessantacinque film e la partecipazione di tredici Paesi. Il tutto concentrato nei diciassette giorni che vanno da venerdì 27 giugno a domenica 13 luglio.

Lo intercettiamo al telefonino mentre in auto sta andando verso l'aeroporto. Anche in viaggio Giorgio Ferrara non si placa. “Sono contento – rivela con un sorriso che riesce a superare gli spazi virtuali dellatelecomunicazione – abbiamo appena sistemato la questione dell'orario del concerto finale. Tutto a posto per le 20 in Piazza Duomo. L'orchestra arriva da Londra, ha bisogno di accordare gli strumenti, dunque sarà allestito un tendone sopra il palco in modo che i musicisti possano provare anche con il sole”.

Lo riportiamo un po' alla dura realtà dei fatti con alcune domande a bruciapelo.

Direttore il compito di sostituire il Maestro Menotti non è cosa da poco. Cosa la preoccupa di più di questa sfida? Come la vive?

“Non la reputo una sfida. La vivo come un passaggio di consegne ideale fra Menotti e me. Io mi sento molto in sintonia con il Maestro e siccome Gian Carlo era un uomo le cui scelte erano sempre dettate dalla qualità, dall'internazionalità io cerco di rifarmi ai suoi metodi analitici e selettivi”.

In pratica si tratta di fare propria la sua filosofia di vita, la sua capacità di intravvedere e rivelare le bellezze del mondo?

“Certo. E' questo. Poi avendo allargato l'orizzonte in un certo senso è anche più semplice. Perché c'è più scelta, più possibilità di intervenire e costruire degli eventi con delle realtà che prima erano impossibile daraggiungere o erano fuori da questa visione”.

Ci spieghi. Quando lei dice allargare gli orizzonti a cosa si riferisce in particolar modo?

“Mi riferisco al fatto che non sono più i due mondi ad essere messi sotto osservazione, ma il mondo intero.E quindi ci sono le nuove realtà, asiatiche, africane, sudamericane ad essere guardate con curiosità e interesse”.

Ci riveli dunque con quali criteri sceglie gli spettacoli da portare a Spoleto

“Ho agito secondo la mia sensibilità. Da profondo conoscitore di spettacolo mi sono orientato sui registi.Questo perché credo che sia più interessante, più intelligente, più culturalmente valido, puntare su quelli che fanno un lavoro che comporta innegabilmente doti di creazione. Il regista ha una visione più completa e articolata delle cose. E non stiamo parlando di registi minori. Siamo riusciti a portare nomi di grande prestigio, un quintetto di eccellenze”.

Dunque si può intravvedere anche in questo un passaggio di consegne. Come se idealmente il Maestro Menotti le avesse passato il testimone?

“Sì, anche Menotti teneva alla regia, lo sapeva che era il nocciolo duro di una manifestazione internazionaleche ha per obiettivo quello di qualificarsi come luogo di produzione culturale e non solo di visibilità da vetrina”.

Comunque sia ammetterà che la missione è di quelle difficili. Si parla di un festival che in questi anni ha subito un calo d'attenzione ed è un po' come quando si prende in mano un giornale che è in discesa. Richiede uno sforzo straordinario. Quello che si coglie da fuori è che in questo caso la politica è vicina, c'è una compartecipazione molto forte.

“E' vicina ma allo stesso tempo non è invasiva, è aiutativa. Del resto per quanto mi riguarda non poteva essere altrimenti. Ho sempre trattato il mio mestiere, sia quello di regista, che quello di organizzatore culturale come un compito da svolgere senza ingerenze. E per la fiducia accordatami devo ringraziare il ministro Rutelli che è riuscito, grazie anche alla direzione Generale dello Spettacolo, Salvo Nastasi, il sindaco Brunini, a darmi in mano una cosa straordinaria”.

Una cosa comunque molto onerosa. Chi gliel'ha fatto fare? Cosa è che l'ha spinta ad affrontare questa avventura?

“Mi ha confortato molto l'esperienza che ho fatto a Parigi. Se non avessi avuto questa alle spalle nonavrei accettato il nuovo incarico. A Parigi io sono arrivato in un deserto. L'istituto italiano di Cultura eraun luogo dove si mandavano dei sandwich e dove c'erano degli italiani che venivano a visitarlo. Bhènel giro di pochi mesi, lavorando così, con la stessa passione con cui sto cercando di lavorare qui a Spoleto,facendo dei ragionamenti che passano sempre attraverso l'arte diretta dello spettacolo, ho fatto in modo di fare cultura e allargare l'orizzonte e quindi attrarre pubblico. Una sfida che a Parigi ho vinto. L'istituto è diventato una sede di forte richiamo. Oggi si dice: questa sera dove andiamo, al cinema, in pizzeria o all'Istituto Italiano di Cultura?”.

C'è una francesizzazione del Festival di Spoleto?

“No. Quest'anno piuttosto è successa una cosa molto semplice. Avendo deciso di dedicare ogni Festivalad un Paese, per questa edizione ho scelto la Francia. Questo per ovvie ragioni. La Francia la conoscoe sono fiero di poter portare grandi attori di teatro e la loro grande drammaturgia , ma anche è una questione di “utilità”, avevo così poco tempo che non potevo che non partire da me stesso. Questoera contingente, ma ogni anno sceglieremo un Paese diverso al quale dare un posto d'onore”.

Ci consenta una domanda un po' più personale. Perché questa sua curiosità verso l'arte? Perché questo mondo la intriga da sempre? L'arte intesa come modo di vivere è uno strumento di lettura verso l'esterno o è un tentativo di dare delle risposte irrisolte a se stesso?

“Direi un po' tutte e due le cose. E' una ricerca molto dura, molto lunga e meditata che riguarda se stessi e che però è sempre proiettata verso gli altri. Anche con il mio lavoro di regista ho sempre cercato di fare delle scelte che mi assomigliassero, che assomigliassero alla mia filosofia di vita, ma che in qualche modo potessero avere la possibilità di essere comprese e condivise dal maggior numero di persone”.

Quindi anche un modo per comunicare le proprie “verità”, le proprie conquiste?

“Sì in qualche modo sì, ma sempre tenendo presente le reazioni del pubblico. Un viaggio che comportaun feed back continuo che reputo fondamentale. Tant'è che io quando faccio gli spettacoli a teatroli seguo sempre. Mi guardavano come un pazzo perché io sto lì a vedere, a parlare con la gente, acercare di capire e anche di modificare, proprio perché il pubblico che assiste alle rappresentazioni hadelle sensazioni che molto spesso vanno rispettate”.

Come pensa reagirà Spoleto? La città oggettivamente in questo momento è un po' addormentata, un po' ripiegata su se stessa. Crede che sarà possibile scuoterla da questo indolenzimento?

“Arrivando a Spoleto ho avuto la sensazione di una grande disperazione, di una grande mancanza. Questa “fame”, questo bisogno, mi ha motivato molto. Mi piacerebbe davvero portare una ventata nuova,capace di ridare fiducia ad una città che merita davvero una storia bella”.

Di buon auspicio c'è il fatto che ci sono davvero tutte le condizioni perché questo Festival torni a far parlare bene di sé.

“Sì. C'è una buona atmosfera. Io sono molto motivato e quello che mi dà la spinta è che sono mosso da una grande passione. Certo questo è l'anno zero, nulla è facile. Ma il progetto vale qualsiasi sforzo”.

(Tratto da Il Giornale dell'Umbria – edizione dell'11 maggio 2008)


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