L’Hadrian di Rufus Wainwright, che ha aperto ieri la 68ma edizione del Festival dei 2 Mondi, non entusiasma il pubblico che, al termine del quarto atto, dopo circa tre ore, ha riservato tiepidi applausi a questa seconda opera (dopo Prima donna del 2009) che il compositore canado-americano, più apprezzato e conosciuto quale cantautore e collaboratore di grandi come Bacharach, Elton John, Robbie WIlliams, ha portato in scena nel 2018 in Canada.
Ma con una scenografia totalmente diversa da quella allestita per il Festival: sette anni fa realizzata ricreando ambienti della Roma antica con tanto di colonne con capitelli; a Spoleto quasi a mò di “recital” con i cantanti (tutti bravi, alcuni eccellenti) in abiti anche casual – i senatori persino con maglioncini di lana che solo a guardarli alzavano la già importante temperatura -, posizionati su sedie davanti alle quali facevano poca bella mostra i rispettivi spartiti. Stranezze delle arti contemporanee che, se non dettate da problemi di budget, lasciano il palco misero, se non fosse stato per la bella quanto frenetica sequenza di immagini firmate nel tempo da Roberto Mapplethorpe che dal fondale accompagnano la scena. Scatti scelti dal regista Jorn Weisbrodt (marito di Wainwright) senza sfociare nel temuto “scandalo” – concetto che il Festival ha sdoganato da decenni – cui il fotografo ci ha abituato nel tempo con i nudi espliciti di uomini e donne dai corpi, inclusi gli organi intimi, scultorei.
L’opera, almeno per lo spettatore medio, non sembra di elevato spessore, tra un libretto troppo lungo seppur con parti di buona poesia e pathos, e una partitura non continua che passa dal melodramma a passaggi di musica più moderna, con qualche accenno anche al blues, a volte troppo forte da sovrastare completamente il canto dei protagonisti. Variazioni su cui è risultata eccellente la prova offerta dalla Orchestra filarmonica di Malta del direttore Johannes Debus.

Scelte sapientemente le voci, a cominciare da quella di Adriano (superba e non facile prova del baritono German Enrique Alcàntara), di Plotina (la mezzosoprano celebre nel mondo Sonia Ganassi), Sabina (Ambur Braid dalla voce potente e dalla interpretazione di rara drammaticità), Antinoo (il tenore Santiago Ballerini), Turbo (Christian Federici, tra gli interpreti pucciniani più bravi), Traiano (il tenore Nicola di Filippo), Lavia (il soprano Kristyna Kustkova), sol per citare i protagonisti. Tra i quali si aggiungo i due bassi Nicolò Lauteri di Terni, di cui queste colonne hanno già esaltato le grandi potenzialità, approdato al Teatro Lirico Sperimentale quale vincitore del Concorso internazionale che si svolge proprio a Spoleto, e del romano Alessio Neri che da due anni è membro del coro del Tls presieduto dall’avvocato Roberto Calai che ieri sera, con lo storico accordo raggiunto tra Lirico e Fondazione Festival, ha visto impegnato con successo anche il proprio coro.
Sulla narrazione si potrebbe dire molto, perché quella dell’amore che Hadrian prova e vive per il giovane Antinoo non lo porta, come vuole questo copione, ad essere l’Imperatore totalmente sopraffatto dal dolore per la perdita dell’amato incapace di pensare agli affari di Roma. Ma la storia, ed è giusto che sia così, non deve per forza combaciare con l’arte. Così Wainwright si dedica al tema dell’amore dei due, del dolore dell’imperatrice Viba Sabinia, delle preoccupazioni di comandanti e politici dell’epoca preoccupati da questo amore che rischia di compromettere la stessa esistenza dell’Impero.
Adriano resta uno tra gli Imperatori più colti e saggi della storia romana, capace sì del primo atroce sterminio di ebrei e della creazione della Syria Palaestina consacrata al paganesimo, ma anche di terminare l’espansionismo dell’impero che troppi problemi e costi faceva ricadere sulla sempre più deboli casse e truppe di Roma.
Agli applausi timidi del pubblico a fine rappresentazione dell’Hadrian, si sono alternati quelli più sentiti per i singoli interpreti. Un’opera destinata a far discutere, anche per gli espliciti riferimenti alle attuali vicende geopolitiche che registrano continue guerre che spesso si fanno passare per credo religioso ma sono pur sempre responsabilità dell’uomo.
Hadrian, l’emozione per il “ritorno” del Sipario
Un momento di forte emozione si è vissuto quando la morte di Antinoo è stata accompagnata dalla calata dello storico sipario, illuminato per l’occasione di color rosso a significare la dipartita del giovane amato da Adriano, tornato al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti dopo 25 anni (gli ultimi due dedicati a delicati restauri). Dipinto nel 1861 dal bergamasco Francesco Coghetti, la “quarta parete” è dedicata alla fuga di Annibale da Spoleto nel 217 a.C. e si dipana su circa 165 metri quadrati di tela tornata, grazie a un progetto di cofinanziamento pubblico-privato, al suo antico splendore.


Diviso in orizzontale, il sipario vede nella parte alta le mura da cui la popolazione spoletina, secondo la leggenda, gettò l’olio bollente sulle truppe del cartaginese; in basso la battaglia e la fuga da Spoleto.
I Vip e la gaffe durante il catering
Ormai la Prima non si conferma più come quel momento in cui a farla da padrone erano più le sfilate dei vip che la stessa messa in scena delle Opere che hanno comunque segnato positivamente la storia della kermesse. E che registravano, proprio per l’autorevolezza degli ospiti, anche le manifestazioni di protesta di operai e impiegati di questa o quell’azienda del comprensorio a rischio licenziamento che potevano così sperare in un fugace colloquio con un ministro o un sottosegretario. La 69ma edizione ha quindi registrato un parterre in formato quasi regionale, ad eccezione dell’ambasciatore del Brasile in Italia, Renato Mosca de Souza, del Presidente della corte d’appello di Perugia, Giorgio Barbuto, del Prefetto di Perugia, Francesco Zito, dell’assessore regionale Tommaso Bori in rappresentanza della giunta, della presidente dell’assemblea legislativa Sarah Bistocchi, della sindaca del capoluogo Vittoria Ferdinandi e della pressoché totale giunta di Spoleto guidata dal sindaco e presidente della Fondazione Andrea Sisti immancabilmente seguito dal consigliere regionale Stefano Lisci. Per le forze dell’ordine erano presenti il questore Dario Sallustio, il comandante provinciale della finanza, generale Carlo Tomassini, il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Sergio Molinari, e il comandante del II Reggimento Granatieri di Sardegna colonnello Giuseppe Rauso.
Un momento di imbarazzo c’è stato nell’intervallo tra il secondo e il terzo atto quando la Sala XIV Settembre, riservata dalla Fondazione Festival già per un aperitivo pre-opera, ha riaperto nuovamente le porte ai molti invitati (non tutti): l’organizzazione ha però mancato il doveroso annuncio con cui viene da sempre segnalata dagli altoparlanti la ripresa dello spettacolo e così, vuoi per una tartina in più, vuoi per un’altra bollicina utile a rinfrescare l’ugola, sono stati in diversi a riprendere posto in platea e sui palchi quando l’orchestra e i cantanti dell’Hadrian erano tornati già all’opera (è proprio il caso di dirlo) creando non poco disturbo. In diversi, specie tra gli amministratori locali, hanno invece approfittato del momento conviviale per sfilarsi dal teatro, segno che l’Hadrian firmato Wainwright non è stato in grado di entusiasmare tutti.
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