NOF4, messaggero della costellazione di Nonsisachì, è probabilmente la migliore evidenza di come ciò che appare, non è. Se non fosse stato per la produzione copiosa di segni e simboli che un occhio esperto potrebbe anche riconoscere negli anfratti spigolosi di antichi alfabeti iniziatici, il fenicio o quello di Enoch, il tebano o le Rune, nessuno avrebbe più il coraggio di apostrofare l’uomo in questione come “matto da legare”.
Matti e jazzisti
Fernando “Oreste” Nannetti (1927-1994) è un classico esempio di presenza-assenza dove il dubbio, preoccupante condizione della vita contemporanea, lascia il posto alla meraviglia e alla rivelazione. La meraviglia intesa come ciò che segna la coscienza e il nostro essere soggetti tra le cose oggettive.
Ma se scriviamo di lui dopo aver visto la messa in scena di sabato 9 agosto-Teatro Caio Melisso- di Nanof, l’altro, Opera Nuova commissionata dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, giunto alla 79a Stagione, è perchè l’intuizione di occuparsi di questa anima ricca è strettamente legata per paradosso alla vicenda di altri “strani” personaggi umani come ad esempio una nostra vecchia conoscenza, Hermann Poole Blount (1914-1993) noto ai più come Sun Ra, di professione jazzista in missione per conto di Saturno. Un pianeta, Saturno, che comparirà anche nel libretto dell’Opera ascoltata a Spoleto, nel segno di una comune quanto surreale intesa astro-spaziale tra “matti” e jazzisti.
Nel corso di un periodo preciso della nostra storia, a partire dagli anni ’50, ci fu un fiorire straordinario di umanità artistica varia che affermava con ostinata e sincera convinzione di essere missionaria di logos-verbo celeste, originato in luoghi apparentemente irraggiungibili. Fernando Nannetti si definiva “…un astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale. Questa è la mia chiave mineraria. Sono anche un colonnello dell’astronautica mineraria astrale e terrestre”
Nel mentre Sun Ra raccontava della sua esperienza quanto segue, “Il mio corpo cambiò in qualcosa d’altro […]. Potevo vedere attraverso me stesso, non avevo forma umana […] mi trovavo in un pianeta che capii essere Saturno […] mi avevano teletrasportato […] ed essi volevano parlare con me”.
Entrambe le dichiarazioni dei due missionari e messaggeri dello spazio furono rilasciate in epoche straordinariamente vicine, Nannetti dopo il 1959, quando iniziò anche l’opera di iscrizione dei graffiti a Volterra tentando di spiegare la sua ispirazione, e Sun Ra dopo il 1952 e dopo diversi anni di incomprensione.
L’epilogo di queste due vite fatte di “convergenze parallele” (Aldo Moro 1959, altro visionario spaziale che pagò con la vita per le sue idee) fu che Sun Ra ebbe una spettacolare carriera internazionale con la sua Arkestra (band-orchestra) che suonò anche nei primi anni di Umbria Jazz mentre il povero Nannetti rimase internato quasi a vita. Lo salvò nel 1979, solo in parte, la Legge Basaglia. E allora che dire… solo che ciò che appare non è? O magari, alla Sun Ra, che Space is the Place (Lo Spazio è il luogo)!
Si potrebbe scrivere una lista lunghissima di musicisti ed artisti influenzati dallo Spazio e dalla vita in altri mondi, da David Bowie a Peppino di Capri. Ma è etico ed onorevole in questa circostanza occuparsi di Nanof-NOF4, perchè mentre gli altri sono rimasti “impuniti” è proprio a Nannetti che va il risarcimento morale cospicuo, più grande di tutti, per essere stato vessato, rinchiuso, offeso nel fisico e non creduto nella sua libertà creativa di missionario- innocuo- di mondi presenti-assenti del Nonsisachì.
L’Opera “Nanof, l’altro“
Si capisce subito come l’opera Nanof, l’altro, sia per il compositore Antonio Agostini una forma virtuosa di ristoro per il messaggero Nanof-Nannetti. Si è in presenza di una sorta di Vangelo secondo Agostini in cui si descrive il martirio di un povero cristo dei nostri giorni che soffre, non per sua mano, solo per avere l’ardire di parlare un linguaggio fuori dal canone conosciuto.
In tutto questo c’è una forma di assonanza ammaliante con la vicenda dell’altro Cristo, tanto che consapevolmente Agostini e il regista Alessio Pizzech in uno dei momenti finali dell’Opera- atto unico, mettono in scena il protagonista Nannetti Fernando detto Oreste completamente disteso sul boccascena mentre due figure materne e familiari (Lei1 e Lei2) lo curano e ne lavano il corpo come Giuseppe di Arimatea e Nicodemo fecero con il corpo del Cristo appena deposto dalla croce, preparandolo per la sepoltura. Un atto che prelude alla resurrezione, come appunto quella del nostro Nanof-NOF4 che infatti viene aiutato dalle due figure “materne” a rialzarsi per andare via, forse nella costellazione dei Nonsisachì
Ci sono due modi, a nostro modesto parere, per assistere a questa fatica contemporanea di Agostini. Il primo è quello di seguire con attenzione il libretto (scritto dallo stesso Agostini con Chiara Serani e la collaborazione di Davide Toschi) che nella sua forma minimale sembra voler usare lo stesso linguaggio dei segni di Nanof, e la messa in scena studiata dal regista Pizzech con tutto quello che ne consegue, scene, luci, cantanti, movimenti di scena etc. Eppoi invece c’è quella che noi consideriamo la via maestra, ovvero escludere o mettere su un secondo piano ciò che si osserva a teatro e abbandonarsi alla potenza della musica, dei 16 interventi dell’elettronica nella composizione, le voci impostate e poi “stimbrate”, o dell’ingresso a teatro del pubblico accolto dalla musica-rumore-suono dell’opera già in atto.
Sarà proprio la musica ad indirizzare la mente di chi ascolta verso questo o quel particolare, come una mappa invisibile, del mondo dei Nonsisachì.
Siamo decisamente colpiti da questo passo in avanti del Lirico Sperimentale che come primo atto della 79a Stagione mette in scena una Opera Nuova difficile ma dal fascino indubitabile. Perchè la complessità è ricchezza e non solo esibizione e sfoggio intellettuale.
Un cast apprezzabilissimo, che come sempre non descriveremo in termini di capacità canore (sono giovani studenti-debuttanti comunque preparatissimi), ma che non possiamo fare a meno di elogiare per la forza espressiva e l’attorialità che l’esperto ed effervescente regista Alessio Pizzech tira fuori dalla loro materia plasmabile. Protagonisti della replica del 9 agosto sono stati Marco Guarini–Nanof, Lorena Cesaretti–Lei1 e Francesca Lione–Lei2, Sathya Gangale–Primario, Nicola Di Filippo–infermiere1 e Stepan Polishchuk–infermiere2.
Scene evocative e sempre ben organizzate del veterano Andrea Stanisci, di cui conosciamo da tempo l’esperienza e la creatività. Una pietra d’angolo. Costumi della preziosa e spaziale Clelia De Angelis e luci della perfetta Eva Bruno.
Una menzione speciale per tutta l’orchestra dell‘Ensemble Calamani diretto dalla talentuosa Mimma Campanale che segna anche l’evento della prima direzione d’orchestra al femminile al Lirico Sperimentale dopo 78 anni. Non era scontato che una simile partitura potesse fare breccia tra un pubblico eterogeneo quale è quasi sempre quello del Lirico a Spoleto. Ma l’esperienza e la bravura dell’Ensemble e ancor più della interpretazione nella conduzione della Campanale ne hanno fatto un unicum di cui andare fieri.
Non manca infine la infaticabile opera di direzione del coro del M° Mauro Presazzi.
Ricorda nel bel libretto di sala Mimma Campanale (finalmente la straordinaria novità di un tangibile e bel libretto di sala della Stagione, stampato), che un frammento dei graffiti di Nannetti recita, “la morte deve cantare…”
Noi potremmo aggiungere, visto che lo Sperimentale si occupa di preparare al debutto i giovani cantanti lirici, che è sempre valida la lezione del “cantare la voce” (Demetrio Stratos), volendo ancora una volta sottolineare il mistero della produzione e dell’origine della voce stessa, del suono vocale e più nel dettaglio, del logos.
Una questione, quest’ultima, che va a braccetto con i segni-simbolo disegnati da “Oreste” Nannetti, e che in conclusione di questa nostra riflessione, completa ipoteticamente il cerchio di quanto detto all’inizio sulla simiglianza con gli antichi alfabeti iniziatici.
E’ fin troppo scolastico sentenziare che Nannetti era una personalità disturbata mentalmente, senza prendersi la briga di studiare a fondo il suo metodo espressivo. Se così avessero fatto anche gli esegeti dei testi sacri conosciuti, oggi non avremmo le tre religioni rivelate. Per qualcuno, non noi, magari, un bene!
Giusto allora il ristoro di Antonio Agostini e del Lirico Sperimentale che offrono ancora una volta uno spunto di riflessione artistico su un tema sociale e contemporaneo. Un nuovo passo in avanti dell’Ente presieduto da Roberto Calai, con la Direzione Artistica di Enrico Girardi.
Ed è solo l’inizio di questa Stagione n°79!
Foto: Tuttoggi.info-Carlo Vantaggioli









