Pac 2000 A, Acciai Speciali Terni e Eurospin Tirrenica sul podio umbro dei fatturati aziendali. Ariston Thermo, Tod’s e Biesse nelle marche.
La fotografia rappresentata plasticamente all’interno dell’Annuario Economico Umbria-Marche 2020/2021 quanto sia differente il peso delle due economie regionali, anche in termini di comparti dominanti. Nella classifica umbra ben 5 compagini su 10 top risultano operanti nel settore del commercio e della grande distribuzione. Mentre nelle Marche la grande distribuzione è presente con 3 società fra le prime 10 per volumi di affari.
Così 25 anni fa
Curiosità: 25 anni fa in Umbria svettavano per dimensione gli istituti di credito, con in testa la Cassa di Risparmio di Perugia, poi confluita dopo diversi passaggi di mano al Gruppo Unicredit, il Mediocredito dell’Umbria e l’industria Petrini.
Nelle Marche la classifica del 2003 riportava in vetta la Indesit Company, seguita dalla Esaleasing e da Banca delle Marche. Quindi anche nella regione ‘blue’ il peso del comparto bancario era davvero rilevante.
Lo scenario di oggi
Oggi tutto questo è venuto meno. In 15 anni il peso dominante del credito locale e quindi della vicinanza al tessuto imprenditoriale ha contribuito all’indebolimento delle economie. Ci si può domandare se è una causa o piuttosto un effetto. Difficile dare una risposta. Certo è che il tessuto delle Pmi continua a soffrire la mancanza di supporto del credito. Gli istituti locali evidentemente non erano più in grado di operare in solitudine e quindi hanno preso la strada dell’aggregazione e/o della cessione del comando ai big nazionali. Unicredit, Intesa, Ubi, Desio.
Il commento di Giovanni Giorgetti
“I due territori, quindi, possono e devono a parer mio fare più sistema – commenta Giovanni Giorgetti di ESG89 che a novembre ha organizzato la seconda edizione del Bilaterale Umbria-Marche – al fine di creare quella massa critica economica, sociale e formativa che possa diventare maggiormente interessante per i player nazionali e internazionali. Poter contare su 2.500.000 di abitanti e su un Pil complessivo di 63/64 miliardi può essere un punto di partenza importante per attivare nuovi strumenti di sviluppo economico contemporaneo. E’ necessario lasciarsi alle spalle quell’inutile e talvolta dannoso campanilismo e guardare a questa ‘alleanza’ di idee e proposte con maggiore interesse per fare sistema e per condividere scelte di carattere strategico. A partire dalle Università, dalle infrastrutture, dalle promozioni turistiche condivise, dall’offerta artistico-culturale, dai poli di attrazione industriali e da tanto altro…“.