Carlo Ceraso
E’ destinato a sollevare non poche polemiche il libro “Non ho colpa” scritto dall’avvocato Giuseppe La Spina, legale di Giorgio Del Papa, unico imputato per la strage di Campello sul Clitunno costata la vita a 4 operai che saltarono in aria per l’esplosione dei sili della Umbria Olii. Un testo che non è possibile reperire in libreria (non compare infatti casa editrice, tipografia, data e neanche Isbn) perché sta girando solo fra conoscenti e amici dell’imprenditore. Qualcuno sembra averne qualche copia in più ed è disposta a regalarla in giro. Una copia finisce anche sul tavolo di Tuttoggi.info. Difficile capire i motivi di questa iniziativa, varata a ridosso della sentenza annunciata entro la fine dell’anno. Per quella data saranno comunque già passati 5 anni da quel maledetto 25 novembre, quando l’Umbria e l’Italia intera si fermarono davanti a quella tragedia.
In attesa di capire se si tratti di un inusuale “promemoria” o di una bozza di libro in attesa del varo ufficiale, il documento (137 pagine, copertina semirigida e prefazione della professoressa Serenella Pieroni) ripercorre la verità della difesa, ben distante da quella della pubblica accusa. Dal giorno dell’esplosione fino a metà settembre di quest’anno. Fra tecnicismi giuridici, perizie, controperizie, nuove verità e tanti dialoghi, davvero tanti. Un resoconto fin troppo dettagliato degli incontri dell’imputato con il proprio difensore. Quasi La Spina avesse registrato il proprio cliente, che da questo libro esce innocente. Ma le verità giudiziarie non si formano sui giornali come nei talk show e neanche nei libri. La Spina lo sa bene. Anche Del Papa, nonostante nel documento denunci più volte di esser bersaglio di tutti, dai periti dell’accusa ai media. Nel primo Capitolo l’avvocato ripercorre brevemente la propria vita: dopo la prematura perdita del padre, sostiene di aver avuto “molteplici problemi” da cui ne esce “solo perché figlio prediletto del Signore”. Alla fine del testo i “figli prediletti del Signore” saranno due, lui e Del Papa. Leggiamo cosa scrive a pag. 136: “Tu però sei stato fortunato” dice La Spina al cliente “perché la scoperta della verità nel tuo caso è avvenuta subito da parte di Massimo (Bardazza, uno dei periti di Del Papa, n.d.r.) quel pomeriggio di sabato. Ritenevo di essere io l’unico figlio prediletto del Signore. Devo però ricredermi: anche tu lo sei, perché anche tu hai avuto come me la dimostrazione di quanto ti vogliono bene le stelle, ma soprattutto il Signore”.
I dialoghi, ecco: quelli fra gli avvocati della difesa e ancora di questi con il cliente, i periti di parte, persino con l’autista di Del Papa che è “uno del popolo”. L’autore, ovvero la difesa, pare puntare sulla narrazione di ciò che avviene nel proprio studio, fra un caffè e l’altro, per dimostrare al lettore (che ben difficilmente ha seguito il processo) che la verità è una sola e non è quella degli inquirenti, tanto meno di quei periti che “li hanno indotti in errore”. Nel libro però mancano alcuni passaggi importanti ed è forse facile intuire il perché: uno per tutti il maxirisarcimento di 35 milioni di euro che Del Papa chiese ai familiari delle vittime e all’unico sopravvissuto; una azione che, come si ricorderà, fece indignare l’intero Paese e che si infranse sul tavolo del giudice che la respinse. Come non una sola riga è dedicata per ricordare le vittime (Giuseppe Coletti, Tullio Mottini e Vladimir Thode. Maurizio Manili viene più volte citato quale titolare dell’impresa che lavorava presso la Umbria Olii), se non in un passaggio del capo di imputazione contestato a Del Papa.
Pagina dopo pagina si intuisce la grande esperienza di La Spina e che questo libro forse, forse nasconde qualche messaggio, al momento ancora incomprensibile.
A proposito dei familiari dei 4 operai della ditta Manili, dalla lettura emerge anche un’altra notizia rimasta fin qui sconosciuta. Uno di loro, a quanto si legge, avrebbe riconosciuto l’innocenza di Del Papa. Leggiamo il primo capoverso di pagina 97: “Tra i familiari – dice Del Papa – qualcuno si è già, però, ravveduto. Sono stato, infatti, dopo l’udienza in cui sono stati proiettati i filmati, avvicinato da una delle persone offese la quale mi ha detto “ho capito finalmente che lei che lei non è responsabile: mi dispiace per quello che le sta accadendo. Io sono dalla sua parte”. L’autore non svela chi è il familiare che non solo si è ravveduto ma che è pronto a difenderlo. Non c’è motivo per mettere in dubbio il racconto dell’imputato, certo è però che fino ad ora i parenti delle vittime hanno fatto sempre quadrato fra di loro. Fra poche ore però se ne potrebbe sapere di più: alle 10 di domani (oggi, martedì), riprenderà il processo con la requisitoria del pubblico ministero, la dottoressa Federica Albano. In aula, a quanto trapela, ci sarà anche il procuratore capo Gianfranco Riggio, fra i primi ad arrivare nel 2006 sul luogo della tragedia. Ma dall’altra parte delle transenne, nello spazio riservato al pubblico, ci saranno ancora una volta i familiari dei quattro morti sul lavoro. Solo domani sapremo se sono ancora uniti o se fra loro c’è chi ha deciso di “stare dalla parte” di Del Papa.
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