Emergenza casa, l'edilizia residenziale pubblica non basta più - Tuttoggi.info

Emergenza casa, l’edilizia residenziale pubblica non basta più

Redazione

Emergenza casa, l’edilizia residenziale pubblica non basta più

L'allarme lanciato dal presidente dell'Ater Umbria Alessandro Almadori | Lo studio Nomisma sottolinea come il 54% delle richieste di case popolari proviene da italiani
Lun, 21/03/2016 - 18:35

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L’attuale disagio abitativo, rispetto agli anni novanta, è cresciuto in maniera esponenziale. Per questo c’è bisogno di un Nuovo Piano casa di edilizia residenziale pubblica”. A parlare è il presidente di Ater Umbria Alessandro Almadori facendo riferimento allo studio che Federcasa ha commissionato a Nomisma e che è stato presentato a Roma, presso la Sala Monumentale di Palazzo Chigi, alla presenza del Presidente Luca Talluri e di Luca Dondi, Direttore Generale di Nomisma. Il dato che emerge è che l’edilizia residenziale pubblica non basta a dare risposte a chi vive situazioni di disagio abitativo e in Italia risulta sufficiente per 700mila famiglie, appena 1/3 di chi ne ha veramente bisogno. Il bilancio potrebbe aggravarsi visto che per oltre 1,7 milioni di famiglie che hanno un contratto di affitto (il 41,8% del totale), il canone supera il 30% del reddito familiare, correndo quindi il rischio di rientrare nelle fasce sociali di chi è in disagio abitativo.

Si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera piuttosto omogenea. “Dire che con la crisi aumenta il bisogno di case popolari non è uno slogan. E’ l’effettiva realtà. Per questo è necessario un intervento governativo. I concetti di disagio abitativo e disagio sociale sono strettamente connessi. Ritengo che il diritto alla casa sia un’operazione di welfare che debba essere sostenuta, altrimenti rischiamo di lasciare indietro intere fasce della popolazione con conseguenza negative dal punto di vista economico e sociale”.

La maggior parte di coloro che fanno richiesta per ottenere un alloggio è di cittadinanza italiana (54,4%), mentre il restante 45,6% è straniero (8,2% appartenente alla UE, 37,3% extracomunitario).

Secondo Federcasa, a fronte della vastità del problema, le risposte pubbliche sono state fino qui complessivamente inadeguate. Tra le proposte avanzate nel corso dell’incontro a Roma: quella di riportare la Delega al Ministero, ricomporre il quadro delle competenze e rivisitare il processo di attribuzione delle stesse, avviate negli anni Settanta dopo l’istituzione delle Regioni e completato con il decreto legislativo 112/1998 e successivamente, agli inizi degli anni 2000, con la nuova stesura del titolo V della Costituzione; le Regioni dovranno operare al fine di creare un modello di operatore/gestore uniforme avviando conseguenti processi di riforme conformi, anche nella denominazione, per tutte le aziende che attualmente operano nel settore; occorre garantire un flusso costante e certo di risorse con una fiscalità di scopo e intercettare risorse per incrementare l’edilizia pubblica e migliorarne la gestione, nelle azioni della Programmazione Comunitaria volte a promuovere l’inclusione sociale. Federcasa ritiene essenziale la complementarietà tra le politiche abitative e quelle di inclusione sociale, questo perché il problema della casa si può’ risolvere anche senza fornire l’alloggio ma intervenendo su gli altri disagi. Ultima necessità è la costituzione di un Osservatorio sulla condizione abitativa strutturato attraverso il coinvolgimento operativo delle Aziende.

Siamo di fronte ad un disagio abitativo di tali dimensioni – ha commentato Luca Talluri – che per tornare alla situazione degli anni ’90 ci vorranno tempi molto lunghi, sperando che non vi siano ulteriori crisi economiche. Se allora in Itala la necessità di case si attestava intorno alle 650.000 unità, adesso il fabbisogno è oltremodo raddoppiato, sfiorando il milione e seicento”.

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