L'Associazione “Donne contro la guerra”, con una nota stampa, sottolinea l'incremento registrato negli ultimi mesi dei casi di violenza, domestica e non. Sottolinea, altresì, l'improrogabile necessità di istituire “un luogo di riferimento, fornito dal Comune” in grado di accogliere ed accompagnare le donne in un difficile percorso. A tal proposito vale la pena ricordare che l'amministrazione comunale trevana, sempre molto attenta alle questioni sociali, tra le varie iniziative in materia vanta uno sportello ad hoc creato circa un anno fa (clicca qui ) e che ha registrato numerose richieste da parte di donne con complicate situazioni familiari. Pare evidente dunque l'urgente necessità di istituire anche nel comprensorio spoletino uno sportello che possa seguire e aiutare le donne nel “processo di cambiamento e rinascita”.
Ecco la nota:
“Anche questa estate la cronaca ha registrato numerosi casi di violenza sulle donne, nella maggior parte perpetrati in ambito domestico.
Abbiamo ritenuto necessario fare alcune considerazioni e sottolineare degli argomenti rispetto a come prevenire e curare il fenomeno.
L'importanza della prevenzione e quindi dell'apertura di un punto di ascolto cioè un luogo di riferimento, uno spazio fornito dal Comune e gestito dalle associazioni motivate e preparate sul tema specifico dell'approccio alla violenza sulle donne.
Questo deve essere diverso dall'ambito dei servizi sociali, verso i quali le donne nutrono diffidenza, essendo convinte di poter perdere la tutela dei figli.
E' altresì importante che il famoso protocollo d'intesa (firmato il 6 marzo 2008 e approvato dal Comune di Spoleto, dalla ASL, dai Comuni di Ambito e cioè Castel Ritaldi, Giano dell'Umbria, Campello,e le Associazioni) sia in breve ridiscusso per apportare alcune modifiche in procinto di essere richieste dall'associazione Donne contro la guerra in collaborazione con La Voce della Donne e reso operativo.
Bisogna mettere le donne vittime di violenza nelle condizioni di poter elaborare il loro vissuto e quindi di reagire non giustificando più per cultura, per vergogna, per paura del giudizio, per sensi di colpa e ripetiamo per paura di perdere la tutela dei figli, i maltrattamenti e le sevizie fisiche e mentali subite.
Il punto d'ascolto deve garantire l'anonimato e indirizzare le vittime al personale specializzato sulla violenza alle donne ( psicologhe, avvocate, collegamenti con i servizi sociali, forze dell'ordine, consulenze di orientamento al lavoro).
Ottenere la denuncia delle violenze subite è importante ma non basta.
Le donne devono essere aiutate a intraprendere un percorso che le porti a ricostruire la propria identità e a recuperare l'autostima e l'indipendenza mentale.
Solo così si attuerà il processo di cambiamento e di “rinascita” iniziato con la denuncia.
Solo così si potrà cambiare una cultura che non ha in sostanza assimilato la “parità nella diversità”.
Solo così si potranno evitare o perlomeno contenere i reati di violenza sulle donne”.