Casamonica, don Formenton "parroco doveva impedire"

Don Formenton su funerali Casamonica, “parroco doveva impedire”

Carlo Ceraso

Don Formenton su funerali Casamonica, “parroco doveva impedire”

Il parroco su Facebook cita Impastato “Mafia è una montagna di merda…si tratta di stabilire il ‘prezzo’ che si è disposti a pagare””
Ven, 21/08/2015 - 17:14

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Don Gianfranco Formenton, il parroco ‘ribelle’ di Spoleto che ricordando il Vangelo pochi giorni fa aveva invitato i razzisti a non entrare nella “Casa del popolo di Dio” scatenando un clamore anche fuori i confini italiani, non ha digerito le parole di don Giancarlo Manieri, il salesiano titolare della parrocchia di San Giovanni Bosco a Roma (quartiere di Cinecittà) dove, sul sagrato della basilica si è consumato un vero e proprio attacco allo Stato e alla stessa Chiesa: il funerale di Vittorio Casamonica, capo dell’omonimo clan coinvolto in tante inchieste tra cui la recente ‘Mafia Capitale’, che il clan ha voluto salutare per l’ultima volta con uno show degno di Hollywood. Con tanto di carrozza con cavalli identica a quella che accompagnò le spoglie del boss Lucky Luciano, Rolls Royce, Jaguar e Maserati al seguito, gigantografie che ritraevano il padrino vestito da Papa con scritto a caratteri cubitali “Re di Roma”. Persino la banda musicale ad intonare le note de “Il padrino”. E addirittura un elicottero a sorvolare la chiesa lanciando petali di rose. A dimostrazione che chiunque, indisturbato, non solo può compiere scorribande lungo le vie della Capitale, ma può sorvolarne anche lo spazio aereo, libero di gettare qualunque cosa. In un video si notano anche due vigili urbani, il cui comando è finito nella bufera se è vero – come anticipato da Il Messaggero – che la polizia municipale avrebbe addirittura ‘scortato’ il corteo.

La difesa del parroco – don Manieri si è giustificato con la stampa dicendo di “non sapere nulla. Non ero stato informato. E comunque si è svolto tutto fuori dalla chiesa”. E’ quel ‘comunque’ che stona. Come pure di non essersi accorto delle gigantografie appese sin dalla mattina sul sagrato (“Non ci hanno chiesto il permesso e la mattina quando ho aperto le porte non ho controllato la facciata”) e che, comunque, se anche fosse stato informato “ciò che avviene fuori dalla chiesa non è di mia competenza, non sono un vigile urbano”. Se non ha problemi di vista, don Manieri potrebbe averne di udito, se non ha neanche sentito la banda musicale di 6 fiati che intonava le note del celebre brano di Nino Rota che accompagna il film cult sulla mafia.

Il j’accuse del don – indubbiamente a don Formenton le parole del ‘collega’ non sono andate giù; così da qualche ora, sul suo profilo facebook, la sua ‘parrocchia virtuale’ come la definisce, compare un post che sembra una vera e propria denuncia nei confronti di quei ‘don Abbondio’ che animano la Chiesa. L’incipit, citando una frase di Peppino Impastato, è durissimo “La mafia è una montagna di merda”, scritto tutto in maiuscolo. Non di meno il commento a seguire: “…e quando uomini di Chiesa si prestano ad essere palcoscenico a questi vergognosi spettacoli con i loro ‘distinguo’, con i loro ‘non era possibile impedire’, ‘non potevamo opporci’…con tutta la secolare ‘prudenza’ che calcola con il diritto canonico in mano il ‘border line’ tra ‘lecito e illecito’ e i confini tra ‘sagrato’ e ‘sagrestia’…e le convenienze e l’opportunità di essere profeti o cappellani di corte…quando l’ultimo parroco di periferia non ha la perfetta coscienza della forza dirompente che hanno i suoi ‘’ e i suoi ‘no’, i suoi ‘certificati di idoneità’ per i ‘padrini’ (sic) concessi o negati, i suoi sì e no ai matrimoni holliwoodiani o ai funerali corleonesi…costi quel che costi…”. Poi l’affondo: “Non è vero che un prete ‘non può’ mettersi di traverso…L’hanno fatto i martiri della mafia come don Diana, don Puglisi, e gli altri…don Mazzolari, don Milani, martiri del quotidiano, don Minzoni, martire del fascismo…non è vero che un prete non può impedire questi scempi…Si tratta solo di stabilire il ‘prezzo’ che si è disposti a pagare se e vero o no che…”ciò che è fatto su una zolla di terra è fatto su tutta la terra”…e prima o poi il mondo se ne accorge…”. Parole pesantissime che confermano come don Gianfranco, accusato da certa politica di difendere a priori la Chiesa, resta invece un prete libero, un parroco di frontiera sullo stile di don Gallo, capace di dire la propria con coraggio.

“Chiesa denunci” – parole che vanno ad aggiungersi a quelle, più moderate per la verità, di don Ciotti: “Le scene viste fuori dalla chiesa non possono lasciarci indifferenti” scrive il presidente di Libera “non è qui ovviamente in discussione il diritto di una famiglia di celebrare i funerali di un suo membro e la partecipazione di amici e conoscenti” che punta però il dito contro la “grave” ed “evidente strumentalizzazione di un rito religioso per rafforzare prestigio e posizioni di potere. Sappiamo che le mafie non hanno mai mancato di ostentare una religiosità di facciata, ‘foglia di fico’ delle loro imprese criminali“. C’è un ‘ovviamente’ di troppo, se Papa Francesco, è più volte tornato sul tema della mafia ribadendo che “i mafiosi, coloro che nella vita hanno questa strada di male, sono scomunicati”.

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