Domenica 24 febbraio, alle 21, al Teatro Nuovo di Spoleto e giovedì 28 febbraio, alle 21, al Teatro Mengoni di Magione, Gioele Dix veste i panni dell'eroe dei due mondi in Tutta colpa di Garibaldi. Un divertente spettacolo che lo straordinario attore ha messo in scena insieme a Nicola Fano e Sergio Fantoni, interpretato insieme a Edmarcia De Andrade e Matteo Malvasi. “Perché Tutta colpa di Garibaldi? A duecento anni dalla nascita di Garibaldi, – dicono gli autori – il suo mito vive e resiste nel nostro Paese rimanendo in bilico fra beatificazione e dannazione, fra partecipazione emotiva e ignorante indifferenza. Non esiste personaggio in Italia al quale siano dedicati più monumenti, obelischi, targhe e celebrazioni; eppure la memoria su Garibaldi è lacunosa e controversa. Molti se ne appropriano e se ne sono appropriati, ma pochi -quasi nessuno, oggi – paiono averne colto in pieno lo spirito. Soprattutto, nessuno parrebbe in grado di metterne in pratica gli insegnamenti.
Naturalmente, questo avvenne anche quando Garibaldi era vivo e in piena attività.
Garibaldi era uomo d'azione, convinto che le persone si qualifichino per ciò che fanno, non era tipo da chiacchiere da salotto. Era l'uomo dell'esempio in prima persona. Forse per questo – oltre che per il suo innegabile straordinario carisma – era molto amato dalla gente e invece, tendenzialmente, mal sopportato dai centri di potere.
C'è sempre un momento critico, un punto di rottura assoluto nella vita di ciascuno. Noi raccontiamo quello di Ettore, regista, attore, intellettuale: abbastanza di successo, abbastanza vezzeggiato dai poteri, abbastanza amato dalla sua compagna, abbastanza tollerato dalla vita. Un uomo incompleto, insomma; un uomo abbastanza uomo. Ettore forse ha un grande progetto, forse non sa se davvero voglia realizzarlo, ma sa che deve continuare a inseguirlo per poter tuonare contro la società che non lo accetta e non gli dà la possibilità risolutiva della sua vita.
Noi lo incontriamo nel momento egli ritiene che la “possibilità risolutiva della sua vita” sia legata alla realizzazione di una scombinata serata di commemorazione ufficiale di Garibaldi. Egli sa che per ottenere la possibilità di realizzare lo spettacolo della sua vita, non può declinare l'invito a celebrare Garibaldi. E dunque accetta. D'altra parte, Ettore è giunto a quel crocevia della vita quando il quadro generale ormai è più che chiaro, dove lo scarto tra ciò che si è fatto e ciò che si sarebbe voluto fare si mostra in tutta la sua crudeltà. Da un po' di tempo si interroga se non sia giunto il momento di decidere, una buona volta, se continuare la ricerca (infruttuosa) di una soddisfazione (effimera) conquistata a suon di compromessi, sacrificando la parte più sincera, più personale, del suo cuore e della sua intelligenza, oppure “disobbedire” alle sciocche lusinghe, alle frustanti “attese”, e “esporsi” integralmente per ciò che è, per quello che è diventato, nel bene e nel male.
Ma affrontando il mito di Garibaldi – ha dovuto pur studiarlo, per commemorarlo correttamente! – Ettore scopre tutti i chiaroscuri di quel personaggio e della sua incompiutezza. Egli comprende bene, fino in fondo, le umiliazione subite dall'eroe alla difesa di Roma, la sua profonda amarezza a Teano a fronte del non riconoscimento dell'opera sua e dei suoi garibaldini, il dolore per la perdita dell'unica donna rimasta vicino a lui “solo” per amore… Egli comprende bene come per volontà di tutti – cosciente da parte del potere politico, acquiescente da parte dell'opinione pubblica – Garibaldi sia stato trasformato in statua, ingombrante, ma innocuo. E comprende bene, infine, perché Garibaldi oggi sia in bilico fra retorica e folclore: l'eroe dei due mondi, la camicia rossa, Anita, Obbedisco, Garibaldi fu ferito. Insomma, o un po' troppo santo o un po' troppo macchietta. Un ruolo che lo stesso Ettore, uomo e artista incompiuto, ha ricoperto spesso, sia in pubblico sia in privato. Ed è per ciò che, in questa improvvisa schiarita, attraverso questi “riconoscimenti”, Ettore alla fine trova la spenta per cercare di ribellarsi e rifiutare tutto ciò che aveva accettato fino ad allora.
È vero: è una favola, soltanto una bella favola, ma crediamo che il teatro questo debba fare: raccontare, attraverso la realtà, anche la più amara, favole, sogni, che solo lui può rendere, sia pure per un attimo, veri e possibili.”
Per informazioni e prenotazioni ci si può rivolgere telefonicamente, fino al giorno precedente lo spettacolo, presso il Botteghino Telefonico Regionale del Teatro Stabile dell'Umbria, tutti i giorni feriali, dal lunedì al sabato, dalle 16 alle 19, al n°075/57542222. E' possibile acquistare i biglietti on-line sul sito del Teatro Stabile dell'Umbria http://www.teatrostabile.umbria.it/.