Il colonnello tifernate fu ucciso a Nanto (Vi) il 17 luglio del 2009, la commovente lettera del collega Ferdinando Scala
“Il coraggio, il rispetto dei valori dell’Arma e lo spirito di servizio alla comunità: sono i punti fermi della vita del colonnello Valerio Gildoni, che parlano al cuore di ognuno di noi e ci sono d’esempio”.
E’ quanto sottolineato stamattina (17 luglio) dal vicesindaco Luca Secondi a margine della cerimonia pubblica al cimitero monumentale di Città di Castello per la commemorazione del 12° anniversario della morte del colonnello Valerio Gildoni – medaglia d’oro al valor militare – avvenuta nell’esercizio del proprio compito di tutore della legge a Bosco di Nanto (Vi), il 17 luglio del 2009.
Alla presenza del fratello don Alberto Gildoni con alcuni familiari, del comandante provinciale dei Carabinieri Stefano Romano, del comandante di Città di Castello Giovanni Palermo, del comandante della stazione tifernate Fabrizio Capalti, del comandante della Polizia Stradale di Città di Castello Lucio Stazi, dei rappresentanti dell’Associazione Nazionale dei Carabinieri, è stato il cappellano militare don Aldo Nigro a impartire la benedizione, ricordando la figura esemplare del colonnello Gildoni, sottolineata anche dal comandante provinciale Romano, che ha condiviso con lui lo stesso percorso di formazione e servizio nell’Arma e si è stretto al fratello Alberto nel comune dolore per la perdita di un uomo valoroso.
La toccante lettera-ricordo del collega
Particolarmente toccante è stata la declamazione della lettera-ricordo inviata alla famiglia Gildoni con cui il collega Ferdinando Scala ha ripercorso i momenti vissuti da allievi della Scuola Militare Nunziatella di Napoli. “Valerio era nato Carabiniere, aveva un carattere competitivo, serio e determinato, che lo portava ad affrontare con decisione le sfide di ogni giorno”, ha scritto Scala, rammentando in particolare la foto che li ritraeva insieme durante una partita di pallavolo. “Valerio era seduto su una panca ai bordi del campo, a osservare l’azione, pronto ad entrare nella partita quando ci fosse stato bisogno di lui: un’immagine simbolica di quella che sarebbe stata la sua vita e insieme di un mondo di speranze e di sogni in cui non c’erano né gradi né medaglie, ma solo noi, che eravamo soldati e giovani”.
“A noi compagni di corso la notizia della sua morte è giunta come un fulmine a ciel sereno e ci ha lasciati increduli e attoniti. Quello che è venuto dopo, la medaglia d’oro, le intitolazioni di piazze e caserme, sono cose importanti, ma che hanno per noi un valore relativo. Avremmo preferito di gran lunga incontrarlo in uno dei nostri raduni annuali, i capelli ormai grigi, tre o più stelle ad accompagnare la greca da generale, e vederlo finalmente sciogliersi in un sorriso per aver realizzato il sogno della sua vita”, ha testimoniato Scala.