Alle 17,30 Giacomo Leoneli ha lasciato Palazzo Cesaroni, dove era ancora in corso la riunione di maggioranza per cercare una linea comune in vista del voto di sabato sulle dimissioni della presidente Catiuscia Marini. Tanto lui la propria posizione l’aveva chiarita sin dall’inizio dell’inchiesta sulla Sanitopoli perugina che ha decimato i vertici del partito. Ribadita anche mercoledì pomeriggio: va bene il documento in cui si rivendichino le cose fatte in questa legislatura, ma di proseguire a oltranza, fino alla primavera del 2020, impallinati ogni giorno dalle opposizioni e ormai da ampie fette del proprio partito, proprio non se ne parla. Perché per Leonelli, la rotta tracciata dagli irriducibili è un po’ come andare contromano in autostrada. Ed a lui, di schiantarsi con loro, proprio non va. Considerando anche che molte delle fermate di quel bus a guida Marini a Leonelli da mesi, ancora prima dunque dello scandalo Sanitopoli, non piacevano proprio.
La riunione di maggioranza è però proseguita per cercare di convincere almeno il vice presidente Fabio Paparelli, renziano deluso molto impegnato nel sostegno al segretario nazionale Nicola Zingaretti. Che domenica pomeriggio (ore 18,30 alla Sala dei Notari) sarà proprio a Perugia. Zingaretti non aveva preventivato, quando ha programmato il suo giro in Umbria ad una settimana esatta dal voto, di ritrovarsi ancora in agenda il “caso Marini”.
Eppure se lo ritroverà, comunque vada la seduta di sabato, vista l’ambiguità con cui il Pd e molti dei protagonisti stanno gestendo questa vicenda. Ecco perché qualcuno si aspetta che il segretario ne torni a parlare ancora, prima di sabato. In fondo, basta solo rispondere alla domanda di un qualche giornalista, come avvenne l’altra volta…
La presidente Porzi, che sta provando a serrare le fila, si è rivolta principalmente all’assessore Paparelli quando ha detto che non si può prima impegnarsi a votare il respingimento delle dimissioni della Marini e poi fare delle dichiarazioni contrarie alla linea comune. Perché “la gente non ci sta capendo niente“. Solo che una linea comune, al momento, non c’è. Se per “comune” si intende la linea del partito. Che ancora si divide su tante strade, molte delle quali vanno in direzioni opposte. Perché c’è la linea del partito nazionale (portata avanti dal commissario umbro Verini) che già “vede” il voto in autunno. Poi c’è la linea della maggioranza del gruppo dem a Palazzo Cesaroni, che a sua volta si divide tra chi vuole almeno traguardare il voto imminente e chi punta direttamente a restare in sella fino al termine naturale della legislatura. Una posizione, questa, portata avanti con forza dal capogruppo Chiacchieroni, oltre che dalla Porzi, da Guasticchi, da Smacchi e Cecchini (entrambi assenti mercoledì perché a Gubbio per i Ceri) e dalla Casciari.
Proprio la strenua resistenza di quest’ultima, entrata in Consiglio con l’appoggio di Catiuscia Marini (con la quale ha condiviso anche anni di esperienza a Palazzo Donini) fanno ipotizzare a qualcuno che a dettare la linea possa esserci anche la governatrice dimissionaria. La quale l’8 maggio con il suo discorso in Aula ha presentato una terza via, il cui capolinea, pur con i distinguo di percorso, potrebbe essere sia quello auspicato da Verini (dimissioni), sia quello sperato dagli irriducibili (andare avanti). Perché Marini ha ribadito che le sue dimissioni sono “irrevocabili“, nel senso che non sarebbe stata lei a ritirarle. Ma ha anche sottolineato che non sono per fatto personale, ma per ragioni “politiche“. E quindi, un chiarimento politico potrebbe portarla a restare al suo posto qualora la maggioranza del Consiglio lo chieda con un atto convincente. In questo senso vengono anche interpretate le parole sull’ “autonomia” dell’Aula e sul “rispetto” del dibattito al suo interno, unico luogo legittimato a discutere del prosieguo di questa legislatura.
Poi, però, sulle decisioni di Marini conseguenti ad un eventuale respingimento delle sue dimissioni peseranno anche le valutazioni personali, in accordo con il proprio legale, vista la caparbietà con cui i pm che stanno indagando sulla Sanitopoli perugina continuano a chiedere ai giudici di non mettere i politici coinvolti nelle condizioni di inquinare le prove. Il fatto che l’Iphone della governatrice sia stato sequestrato il giorno prima del suo intervento in Aula, alla ricerca di messaggi e conversazioni sfuggite alla copia del contenuto inizialmente fatta, appare un messaggio chiaro.
Detto di Leonelli, e con Paparelli che prima della nuova riunione fissata per venerdì si confronterà con il nazionale, gli irriducibili hanno cercato garanzie anche da parte degli alleati Rometti e Solinas. L’esponente socialista chiede che la presidente Marini abbia un atteggiamento non ambiguo: inutile respingere le sue dimissioni se poi lei le riconferma immediatamente, facendo la parte della martire e lasciando ai consiglieri i panni di quelli attaccati ad ogni costo alla poltrona.
Attilio Solinas è arrivato alla riunione di maggioranza con le mani libere, avendo poco prima riconsegnato la tessera di Mdp. Un gesto le cui ragioni sono state spiegate personalmente a Pierluigi Bersani, che in serata ha partecipato a Perugia ad un incontro con il candidato sindaco Giuliano Giubilei. “Ho l’istinto di andare dove c’è una traversia” ha detto Bersani. Che ha aggiunto: “Siamo un po’ ammaccati, se c’è il morale basso bisogna tirarlo su, non è che possiamo stare lì a pettinare le bambole“.
Non vuole pettinare le bambole Solinas, che all’inizio di questa vicenda era un convinto sostenitore della necessità di consentire al Consiglio di portare a termine alcune importanti pratiche, anche per riconquistare consensi tra l’opinione pubblica umbra. La sua idea era però quella di condividere una road map, con un programma ben preciso da comunicare anche all’esterno. Anche se ora inizia a valutare che possa essere tardi… Se il Pd troverà la quadra, comunque, non farà mancare il suo voto.
Con un gruppo dem dietro le barricate, tanto gli irriducibili quanto i fautori del “voltare subito pagina” cercano rinforzi. Questo il senso delle Assemblee provinciali di oggi, organismi che non sono stati mai convocati (e che secondo molti non avrebbero voce in capitolo su una vicenda regionale). Lì, la maggioranza è quella nata sull’asse d’autunno Bocci-Marini, che aveva portato l’ex sottosegretario a guidare il partito regionale. Ma proprio tra i delfini di Bocci si è alzata una pesante voce a chiedere il ritorno alle urne, quella del sindaco di Corciano Betti. Che si unisce a quelle, soprattutto a Perugia, di chi è impegnato nella campagna elettorale per le amministrative, per la carica di sindaco (come Giubilei) o per un posto in Consiglio (come Giacopetti).
“Voltare pagina” è lo slogan che circola soprattutto tra i giovani dem. Un appello fatto, giorni fa, dai giovani dem a Bastia Umbra. E ripetuto dai Giovani democratici della federazione provinciale di Perugia, per i quali le dimissioni non dovevano essere necessariamente rassegnate (da qui il loro garantismo), ma visto il punto a cui si è arrivati non si può ora tornare indietro (il realismo).
Visti i numeri risicati (la spallata di Leonelli potrebbe bastare a rimandare tutti a casa) gli irriducibili cercano qualche sponda tra i banchi dell’opposizione. Contatti ce ne sono stati, con in mano l’elenco delle “tante cose da fare“. Che però, visti anche gli atti approvati in queste settimane dalla Giunta, non è che siano piaciute così tanto.
Incerta anche la possibilità di ricorrere al voto segreto. Se le dimissioni di Marini sono state rassegnate per ragioni politiche potrebbe non sussistere il fatto “personale” tale da giustificare la segretezza. Più difficile, allora, convincere qualcuno dell’opposizione – anche quelli il cui destino politico appare segnato – a metterci la faccia per salvare il centrosinistra.
Si prepara alla mobilitazione il Movimento 5 stelle. Che in questa vicenda è stato insolitamente cauto, salvo poi avere uno scatto di orgoglio di tutto il partito quando anche a livello nazionale si sono accorti che l’inchiesta era partita da un esposto di Andrea Liberati, che aveva ricevuto una missiva dal “Corvo”. Di Maio, nelle due volte in cui è stato recentemente a Perugia, ha messo in guardia dalla “melina” tentata dal centrosinistra ed ha chiesto il voto subito.
Il parlamentare pentastellato Filippo Gallinella annuncia che il 18 mattina sarà davanti a Palazzo Cesaroni “per attendere la buona notizia“, cioè la fine della legislatura umbra. “Basta rinvii“, scrive. Perché nel Palazzo corre voce che, in caso di mancato accordo venerdì, la maggioranza possa tentare l’ultima carta, quella di un documento che provi ancora a spostare di qualche giorno il voto sulle dimissioni di Catiuscia Marini.