Il Defr 21-24, il documento economico e finanziario triennale della Regione, che la presidente Tesei ha presentato alle parti sociali, non piace alla Cgil. Che lamenta l’assenza di concertazione – anche rispetto alla piattaforma unitaria presentata dai sindacati – e il merito di alcune scelte, in particolare sulle politiche per il lavoro.
La maggiore criticità del Defr, secondo la Cgil, sta proprio nella “mancanza di un progetto complessivo di sviluppo per l’Umbria che chiarisca la vocazione strategica della nostra regione dopo la pandemia”.
“Intanto – osserva ancora la confederazione – nell’analisi del quadro macroeconomico è necessario porre una maggior attenzione agli effetti “strutturali” della pandemia, soprattutto in termini di allargamento delle disuguaglianze sociali ed economiche. Il minor calo del Pil umbro nel 2020 rispetto alla media nazionale, che viene rimarcato, difficilmente può essere valutato come un indicatore di maggior resilienza e robustezza del sistema produttivo regionale: si osservi, infatti, come tra le regioni che mostrano un calo più accentuato dell’Umbria, ritroviamo Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, cioè le regioni più dinamiche del Paese. Mentre tra quelle che avrebbero fatto “meglio” abbiamo Sicilia, Campania, Puglia e Molise”.
Per quanto riguarda la promozione dello sviluppo economico, nel Defr si parla di un piano di investimenti – presentato come innovativo e di entità senza precedenti – che in realtà, al di là della ridenominazione in inglese delle misure, “consiste – osserva la Cgil – in interventi in piena continuità con il passato e con le linee strategiche dei Programmi europei (Fesr ed Fse) dai quali provengono le risorse”.
Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è poi trattato in modo abbastanza rapido, ammettendo che “appare evidente – come si legge nel testo della Regione – che l’intendimento del Governo centrale sia quello di destinare le risorse attraverso grandi progetti governativi di respiro nazionale e bandi cui possono partecipare aziende di stato ed amministrazioni locali” e che quindi, “appare ancora ipotetica l’assegnazione su progetti diretti o un riparto, anche parziale, dei fondi su base regionale”. “Tale constatazione – osserva ancora la Cgil – era palese anche la primavera scorsa, quando, invece, si presentava con gran clamore mediatico un PRRR umbro, basato su un ipotetico riparto di ben 3,1 miliardi, riparto del quale non si trovava traccia alcuna nel PNRR approvato dal Governo. Ci permettiamo di ricordare che lo facemmo notare allora, ma fummo purtroppo una voce fuori dal coro, inascoltata”.
Per quanto riguarda la Programmazione europea 2021-2027, cioè quello che è di gran lunga il principale e più concreto strumento a disposizione della Regione per attuare le proprie politiche di sviluppo, balza agli occhi “la mancanza di una roadmap in merito al percorso ed ai tempi di predisposizione delle proposte di Programma”.
Permane poi il problema, per il sindacato, della erogazione “a pioggia dei finanziamenti”, senza un progetto complessivo. Fatto che appare evidente in particolare in riferimento ai bandi per la promozione territoriale dei Comuni e per quanto concerne SmartAttack SMALL e MEDIUM, che prevede piccoli finanziamenti da 25.000 a 150.000 euro.
Infine, la Cgil sottolinea la mancanza nel testo di elementi chiari su una delle principali missioni del DEFR, fin da quando si chiamava DAP, ovvero quella di individuare risorse aggiuntive regionali per cofinanziare i Programmi europei 2021-2027.