Macchine di impiego generale per 182 milioni di euro. Articoli di abbigliamento per 121 milioni. Macchine per l’agricoltura e la silvicoltura per 43milioni. Sono i principali prodotti che nel 2023 dall’Umbria sono stati venduti negli Stati Uniti.
Con l’annuncio del presidente Trump di dazi del 30% dal primo agosto sui beni importati dall’Unione Europea, ogni economia locale cerca di capire le possibili ripercussioni, per un mercato che per l’Italia vale 67.166 milioni di euro (dato definitivo nel 2023, circa 65mila milioni nel 2024, per il quale si attende l’attestazione definitiva).
La Banca d’Italia ricorda che il 43% delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono costituite da prodotti di qualità alta e un altro 49% di qualità media. Pertanto, sono prodotti che, verosimilmente, sono diretti ad acquirenti (persone fisiche o imprese) ad elevato reddito che potrebbero rimanere indifferenti ad un aumento del prezzo causato dall’introduzione di nuove barriere doganali.
Inoltre, il potenziale calo della domanda statunitense legato all’incremento dei prezzi dei prodotti finali potrebbe essere assorbito
dalle nostre imprese attraverso una contrazione dei propri margini di profitto.
Tuttavia le ripercussioni saranno pesanti, nel complesso. Anche se peseranno in modo differente sulle aree del Paese e sulle singole imprese. Soprattutto quelle che hanno diversificato i propri mercati. La Cgia evidenzia che gli Usa rappresentano il secondo mercato di sbocco per
le esportazioni italiane. In particolare, le categorie merceologiche maggiormente esportate negli USA includono i prodotti chimici/farmaceutici, gli autoveicoli, le navi/imbarcazioni e le macchine di impiego generale. Voci che incidono per oltre il 40% delle vendite
totali nel mercato statunitense. Il numero degli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti è relativamente contenuto, ammontando
a poco meno di 44mila unità; a questo dato si devono aggiungere le imprese dell’indotto non contabilizzate nelle statistiche Istat.
Secondo la Cgia, i dazi voluti dall’amministrazione Trump potrebbero penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno. A differenza del resto del Paese, infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri.
Le possibili ripercussioni in Umbria
L’Umbria ha comunque un buon livello di diversificazione della propria produzione destinata all’export: su un totale di 5.905 milioni di euro di beni esportati, i primi dieci prodotti pesano per il 61,9%. E questo mette l’economia regionale in parte al riparo dalle frenata su alcuni settori. Con le esportazioni dei beni di lusso che dovrebbero risentire di meno dei dazi e quindi dell’aumento dei prezzi.
Nel caso dell’economia ternana, pesano le particolari fibrillazioni legate ai dazi su acciaio e alluminio. Nell’ultimo anno, dalla provincia di Terni è partito lo 0,1% dei beni italiani diretti negli Usa, per un valore di 56,7 milioni di euro, con una flessone del 7,7% rispetto al 2023.
La provincia di Perugia ha prodotto l’1% dell’export italiano verso il mercato statunitense. Per un valore di 677,2 milioni di euro nell’ultimo anno (+11,5% rispetto al 2023).