Danni e gestione cinghiali, le squadre non ci stanno. E replicano alle accuse sulla gestione della fauna selvatica, accusando la politica. Dopo la mobilitazione della Coldiretti, che chiama in causa la Regione e gli Atc di fronte all’aumento dei danni provocati dai cinghiali, il Coordinamento regionale umbro squadre cinghialiste rivendica l’esperienza pluriennale nella gestione dei danni e della specie.
“Ricordiamo che l’Umbria grazie a buone leggi, sempre migliorabili, agli Atc e a tutto il comparto venatorio – affermano i cinghialisti – è una delle migliori regioni italiane nella gestione di questa specie, come dimostrato dai dati in possesso della Regione in fatto di abbattimenti e danni per kmq su terreni coltivabili”.
“Detto ciò non riusciamo a capire, e lo contestiamo fortemente – scrivono – perché la Regione si stia spostando da questo modello andando nella direzione delle altre regioni italiane, dove la situazione cinghiale è fuori controllo da anni, vedi Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Liguria e tante altre”.
A febbraio 2019 l’autorevole rivista “Caccio e Tiro”, in un articolo a firma di un tecnico faunistico di fama internazionale quale Mazzoni della Stella, consigliava tutti gli Atc italiani a prendere da esempio la gestione dell’Atc Pg2 con l’ausilio delle squadre.
“Ricordiamo alle istituzioni – prosegue il Comitato – la funzione sociale gratuita che svolgono i cacciatori di cinghiale iscritti alle squadre nel territorio umbro: abbattimenti selettivi, girate di contenimento, montaggio di recinzioni elettrificate, completamento dei piani di abbattimento, monitoraggio sanitario, smaltimento delle carcasse”.
“Consigliamo di verificare i piani d’abbattimento di alcuni nostri Atc privi di stime verosimili come R.R. determina redatti senza alcun criterio e atti solo ad attingere nelle tasche dei cacciatori al fine di far quadrare i conti. Intanto – scrive il Comitato – vi invitiamo a guardare tutte le quote spese per essere in regola come squadra a partire dalla quota iscrizione sempre in aumento, visita veterinaria per i 3 mesi di caccia più 50 euro per gli abbattimenti di contenimento fuori dal calendario venatorio, a cui vanno aggiunti altri 50 euro da corrispondere ai mattatoi per lo smaltimento dei residui analizzati, costo forfettario a una ditta per lo smaltimento delle carcasse, obbligatorio solo per le squadre – come se i resti dei singoli e dei selettori fossero costituiti da materia diversa e non inquinante -, adeguamento delle case di caccia con funzione da mattatoi e relativi scarichi”.
Eppure la “politica appena insediata” pare ascoltare “una sola campana”, lamentano le squadre dei cinghialisti umbri, al tavolo di concertazione. “Tutti i fondi a disposizione per i danni – ricordano – provengono dai cacciatori che pagano profumatamente le tasse regionali, nazionali e quote Atc per il mantenimento del porto d’armi per uso venatorio; anche noi cacciatori siamo cittadini, anzi prima di essere cacciatori siamo cittadini”.
Le squadre riconoscono comunque che anche in Umbria esista un problema cinghiali. Che presto, prevedono, sarà affiancato dal problema cervidi e lupo oltre che, in misura minore, piccione, storno, gazza e cornacchia. Problemi di fronte ai quali va migliorata la gestione dell specie per garantire i giusti frutti “agli amici agricoltori”.
“Purtroppo, da sempre – lamentano i cinghialisti – tutti i nostri suggerimenti cadono nel vuoto, trovando come unica soluzione l’aumento delle tasse per i cacciatori”.
Da anni le squadre ribadiscono che il vero problema cinghiale in Umbria, sia come densità sia come danni, è concentrato dentro e a ridosso dei parchi regionali, delle oasi, dei centri allevamenti e delle riserve private. “Tutti sono a conoscenza – scrive il Comitato – che i 7 parchi regionali sono allevamenti a cielo aperto, così come le oasi e le riserve private ed è qui che avvengono il 60/70% dei danni e degli incidenti stradali, ma nessuno se ne occupa, anzi evitano di verificare questi dati certificati dalle perizie degli agronomi della Regione e degli Atc (dati perizie per danni dei 3 Atc e perizie regioni per incidenti stradali). Da qui si evince una gestione poco corretta e un mancato dialogo tra le parti, basti pensare a cosa si fa per prevenire il danno”.
Per questo le squadre cinghialiste hanno mandato documenti alle associazioni venatorie e agricole, oltre che alle istituzioni, per confrontarsi su un modello di gestione che abbia come primo obbiettivo la prevenzione. “Ma nulla si è mai mosso in questa direzione – spiegano – non tenendo conto che, nel tempo, i cacciatori diminuiranno di numero e, di conseguenza, le risorse economiche porteranno a quote minori per il risarcimento e un conseguente aumento della specie e dei danni”.
Come prevenzione i cinghialisti hanno chiesto un fondo regionale dedicato, al fine di istituire delle recinzioni fisse elettrosaldate a corpo per le colture di pregio (vedi le recinzioni dei vigneti del Chianti in Toscana), come l’ortofrutta del Trasimeno o i vigneti doc dell’Orvietano e altro ancora. Ma tutto ciò è finito nel solito dimenticatoio.
Sempre in merito alla gestione e prevenzione il Comitato suggerisce di uniformare i regolamenti interni dei 3 Atc e controllare l’operato mensilmente. “Perché non è possibile – scrivono a questo proposito – che su un Atc, e precisamente il 2, la situazione economica sia florida mentre negli altri due ogni anno ci si inventano tasse nuove d’iscrizione per i cacciatori di cinghiale”.
Inoltre propongono di istituire una filiera pubblica gestita e controllata dalla Regione con i capi da prelevare nelle aree protette, il cui ricavato venga impiegato per la gestione, dividendolo in tre parti uguali: prevenzione; fondo colture a perdere dentro le aree protette; immissione di piccola e media selvaggina stanziale nelle aree protette.
“Consigliamo alla politica, prima di intraprendere iniziative avventate – prosegue il Comitato – di documentarsi sull’andamento dei danni da cinghiale nella regione ove troveranno evidente che dal 2007 ad oggi, grazie ad una gestione del territorio attraverso distretti e settori assegnai alle squadre, i risarcimenti sono stati ridotti del 50% o addirittura del 65% in uno dei tre Atc”.
Pertanto le squadre evidenziano la necessità di mantenere tale modello di gestione, delegando alle squadre l’intera gestione dei settori assegnati almeno per 5 anni.
Il Comitato umbro delle squadre dei cinghialisti chiude con una “nota dolente” sul Calendario venatorio: “Ci si ostina di far cacciare i singoli, che poi singoli non sono perché sono tutte mini-squadre che arrivano anche alle 15 e più unità, forti dei mancati controlli dentro ai settori assegnati alle squadre. Mettendo in serio rischio i piani d’abbattimento delle squadre con conseguente pericolo di mandare al diavolo la buona gestione della nostra regione”.