La pioggia non ha fermato la manifestazione a Roma dei terremotati del centro Italia che dopo quasi 3 anni da quelle terribili scosse che hanno portato la devastazione in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo (con circa 300 morti) sono alle prese con una ricostruzione che non c’è e tanti problemi irrisolti. Tra le centinaia di terremotati arrivati appositamente con i pullman nella Capitale per protestare sotto piazza Montecitorio c’era anche una delegazione di cittadini della Valnerina, da Norcia in primis.
Tra le situazioni assurde evidenziate anche quella di Castelluccio di Norcia, al centro di più di un cartellone con scritto “0 abitanti 17 ristoranti”. Perché nel tetto dei Sibillini, come spiegato dai castellucciani presenti, ad oggi non c’è nemmeno un’abitazione agibile né Sae: le 8 casette emergenziali previste sono in costruzione in queste settimane, dopo oltre 2 anni e mezzo dal sisma. Mentre sono stati riaperti od ospitati in strutture provvisorie (come il contestato Deltaplano) numerosi ristoranti e locali per i turisti.
I terremotati del Centro Italia scendono in piazza per protesta
Dopo tre commissari straordinari nominati dai Governi che si sono susseguiti in questi ultimi anni la ricostruzione rimane ferma, la gestione dell’emergenza ha mostrato varie falle e la burocrazia imperversa. Mentre di promesse ce ne sono state tante, dai tanti politici che si sono visti in questi anni nel cratere del sisma, anche in Valnerina. E più volte è stato ribadito come la manifestazione dei terremotati – promossa dal coordinamento dei Comitati del centro Italia nati ad hoc dopo il 2016 – è apartitica e di fatto contro tutti. Perché finora nessun partito ha saputo dare tutte le risposte che vengono chieste. E nemmeno il Decreto Sblocca Cantieri che dovrà essere convertito in legge risolve i problemi esistenti, anche se rappresenta un piccolo tassello in avanti.
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Tra le richieste avanzate dai comitati oltre a far partire finalmente la ricostruzione c’è quella di sostenere con misure mirate la popolazione del cratere, evitando lo spopolamento di queste zone già a rischio prima del sisma. Ad esempio trasformando il contributo di autonoma sistemazione in una misura differente, che sia di sostegno al reddito. Ma anche con politiche diverse sulle opere pubbliche da ricostruire con i fondi pubblici. Senza dimenticare i familiari delle vittime e chi necessita di un supporto psicologico per il trauma subito per colpa del terremoto.