La pandemia è già costata, nei primi 9 mesi del 2020, la perdita di 465mila occupati, di cui 6 mila in Umbria. “Ma è solo la punta dell’iceberg – ricorda Giuseppe Castellini, direttore di Mediacom043 che ha elaborato il nuovo rapporto sugli effetti occupazionali del Covid – se si considera che è in atto il blocco dei licenziamenti, con il contemporaneo esplodere dei numeri della Cassa integrazione, e anche che un certo numero di lavoratori autonomi resta attivo solo formalmente, cercando di ottenere le provvidenze pubbliche ma sa che sarà costretto a cessare l’attività“.
Mediacom043 ha predisposto un quadro sintetico dell’andamento del mercato del lavoro in tutte le circoscrizioni e regioni italiane nei primi 9 mesi del 2020, mettendoli a confronto con quelli dei primi 9 mesi del 2019. In sostanza, si tratta di un primo bilancio del prezzo pagato dal mondo del lavoro alla pandemia da Covid-19.
I cali maggiore del numero degli occupati in Calabria, Sardegna, Campania, Lazio e Valle d’Aosta.
Si allarga il gap occupazionale di genere. La percentuale del calo dell’occupazione femminile è esattamente il doppio di quella maschile. I divari più ampi tra la flessione degli occupati e quella delle occupate (in altre parole la penalizzazione delle donne) si registrano in Campania, Sicilia, Abruzzo e Toscana.
Ci sono però regioni (Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Umbria e Molise) dove, invece, l’occupazione maschile cala più di quella femminile, con il Molise che evidenzia un gap a sfavore degli uomini di ben 6,2 punti percentuali.
Lavoro dipendente e autonomo: il secondo registra una flessione percentuale quasi doppia rispetto al primo. I ristori del Governo non hanno impedito la chiusura delle attività di 162mila lavoratori autonomi. Le cadute più forti in Valle d’Aosta, Calabria, Veneto, Marche e Piemonte, mentre in Sardegna gli occupati indipendenti crescono del 10,8%, ma il dato fa da contraltare alla moria dei dipendenti (-8,7%).
In Umbria, rispetto ai primi nove mesi del 2019, sono stati persi circa 6 mila posti di lavoro, pari all’1,8%. Una situazione che pone l’Umbria in una situazione leggermente migliore rispetto alla media nazionale (2%). Il 2,2% degli occupati uomini umbri ha perso il lavoro, contro l’1,2% delle donne.
La maggior parte del posto di lavoro (5 mila unità) è stato perso dai dipendenti, ed anche questo è un dato che pone l’Umbria in controtendenza rispetto a quanto osservato nel resto del Paese.