Coronavirus, perché è più pericoloso in certi individui e meno pericoloso in altri? E perché alcuni si ammalano o muoiono più facilmente ed altri di meno? Sono queste le risposte che si sono posti anche i cardiologi dell’ospedale di Perugia. Le risposte, sulla base dei malati transitati all’ospedale di Perugia, sono negli studi sul Covid-19 che i medici perugini hanno pubblicato in due prestigiose riviste internazionali (European Journal of Internal Medicine e Hypertension).
Nello specifico, la ricerca è concentrata appunto sul “perché il Coronavirus è più pericoloso in certi individui e meno pericoloso in altri, o perché alcuni si ammalano o muoiono più facilmente ed altri di meno“, come sottolinea il dottor Paolo Verdecchia, presidente della Fondazione Umbra Cuore e Ipertensione, coautore degli studi con il direttore della struttura complessa di Cardiologia, dottor Claudio Cavallini.
Nello studio, la cardiologia perugina ha ricevuto piena collaborazione anche dai colleghi dell’Università Insubria di Varese e della Fondazione Maugeri di Pavia: “Abbiamo messo a disposizione della comunità scientifica internazionale l’esperienza accumulata in tanti anni di attività sul ‘sistema ‘renina-angiotensina’ – sottolinea il dottor Verdecchia – . Si tratta di una catena di montaggio biologica presente nelle cellule che produce sostanze importanti per la sopravvivenza. Il Coronavirus – precisa l’esperto– entra nelle cellule del nostro organismo attraverso particolari porte di ingresso (‘recettori’) che fanno parte del ‘sistema renina-angiotensina’ ; entrando nell’organismo, il virus tende ad annullare questi recettori, che, di conseguenza riducono le loro funzioni, e da qui sfociano in polmoniti e trombosi diffuse“.
Le ipotesi scientifiche proposte dallo studio sono state accolte favorevolmente dalla comunità scientifica : “Le nostre analisi sono frutto di una lunga attività assistenziale al letto del paziente – sottolinea il dottor Cavallini – e ci permettono di capire perché alcune terapie per le infezioni da Coronavirus si stanno concentrando proprio su aspetti di natura cardiovascolare. Nello studio che abbiamo presentato, viene ipotizzato come nuove molecole possono riaccendere quella luce che il virus ha spento e mi riferisco al cosiddetto ‘ACE2 ricombinante’, all’angiotensina1-7 esogena ed agli inibitori del sistema renina-angiotensina“.
Lo studio dopo un periodo di embargo è stato pubblicato proprio in questi giorni dalle due riviste scientifiche tra le più accreditate a livello internazionale.
Un contributo importante, da Perugia, nella conoscenza e nella lotta al Coronavirus.