Il coronavirus in Umbria potrebbe aver colpito oltre il 30% della popolazione. Lo indica uno studio di Meleam, una Spa pugliese di proprietà mista (italiana e americana) che si occupa di sicurezza sul lavoro e commercializza kit di sangue per il rilevamento degli anticorpi Igm-Igg al coronavirus. La Meleam ha ‘assoldato’ una equipe di 13 medici legali e ricercatori per collaborare (a vario titolo) nello studio sulla diffusione del Covid 19.
La diffusione del Coronavirus in Italia e in Umbria: come è stato effettuato
Il team, finanziato senza fini di lucro, ha effettuato 7.038 visite mediche, con rappresentanza di tutte le regioni italiane, compresa la Repubblica di San Marino, per studiare come si è diffuso il Codiv 19 in Italia e in Umbria, dove sono stati testati 242 persone. Da sottolineare che la scelta del campione è stata però ‘dettata’ dalle aziende che hanno chiesto alla Meleam di mettere in sicurezza il loro personale.
Dipendenti in buona salute, e che al massimo in alcuni casi presentavano dei blandi sintomi influenzali, comunque non in grado di inficiare la capacità lavorativa. Insomma lo studio non è definitivo, ma si propone di fornire dati utili alla più vasta ricerca che dovrà mettere a punto terapie efficaci e infine il vaccino.
“Il nostro staff medico, capitanato dal nostro A.D. Prof. Pasquale Bacco – spiega Gaetano Delfino, responsabile amministrativo della Meleam – ha rilevato come a prima vista la penetrazione del virus appaia più ampia rispetto ai primi studi effettuati in molte regioni. Su 1113 uomini e 618 donne suddivise in 9 diverse regioni, sottoposti a test tra il 25 febbraio e il 2 aprile, le persone entrate in contatto con il virus sono state il 38 percento. In questa ricerca quasi una persona su due ha sviluppato gli anticorpi poi riconosciuti dai nostri kit sierologici, sia quelli messi a punto per la fase iniziale che quelli che dimostrano una reazione dell’organismo, annunciando guarigione e immunità“.
Coronavirus in Umbria: analizzati 242 dipendenti
I dati della diffusione del Coronavirus in Umbria secondo i 242 soggetti esaminati sono i seguenti: Terni: uomini 62 (16 positivi, circa 27%) – donne 37 (12 positivi, circa 31%); Perugia: uomini 84 (27 positivi, circa 32%) – donne 59 (17 positivi, circa 30%). “Del nostro studio – spiega il dottor Bacco – si è scritto molto all’estero e ci hanno richiesto lo studio Strutture Ospedaliere ed Università, quali l’Università degli Studi di Milano, di Napoli e di Bari. Abbiamo già ricevuto il finanziamento per effettuare, ulteriori circa 7.000 visite mediche con ricerca degli anticorpi anti-covid, per studiare prevalentemente come si ‘muove’ il virus con le alte temperature e la sua capacità patogena, in condizioni non agevoli per il virus stesso, sui soggetti con patologie concomitanti“.
La diffusione del Covid 19: le conclusioni dello studio
Lo studio arriva a 14 conclusioni. In sintesi, oltre mostrare la possibile diffusione del coronavirus in Umbria, arriva a stimare che oltre il 30% della popolazione è entrata in contatto con il Covid 19 sviluppando gli anticorpi, ritiene che il coronavirus possa essere influenzato dal clima, manifestandosi “sempre in maniera più incisiva nelle zone più fredde d’Italia“. Tra l’altro si stima che “quasi il 90% dei positivi non ha manifestato nessuno dei sintomi riconducibili al coronavirus”, la cui mortalità – sempre secondo lo studio – non sarebbe “superiore al 2%. Se non si considera la fascia d’età superiore a 55 anni, l’incidenza – si legge nelle conclusioni – scende al di sotto dell’1%“.
Ad aiutare la diffusione della pandemia sarebbero stati “i soggetti fino ai 30 anni“, che secondo lo studio “presentano un’incidenza di positività agli anticorpi più che doppia rispetto alle fasce più anziane, che invece sono quelle che quasi unicamente manifestano i sintomi“. I dati infine “negano una maggiore esposizione al virus dei soggetti vaccinati“, e fumo e abitudini alimentari non sarebbero direttamente collegati alla malattia o alla sua prevenzione.