di Vanda Scarpelli, Segretaria generale FP-CGIL Umbria
Non è un primato da andare orgogliosi quello riguardante il numero delle consulenze attivate nel 2011 dalla Regione Umbria che, secondo i dati pubblicati dai quotidiani nazionali e locali, vede addirittura la nostra regione al primo posto tra le regioni italiane per la percentuale di aumento delle consulenze rispetto al 2010. Certo, bisognerà verificare se il dato del 2010 come numero di consulenze era significativo ed importante, ma non si può sfuggire ad un evidenza, e cioè che mentre quasi tutte le regioni hanno ridotto il numero delle consulenze la Regione Umbria l'ha, invece, aumentate in misura significativa.
La FPCGIL dell'Umbria, certo non da sola, ha da sempre denunciato questa situazione, trovando un muro di gomma come risposta. Quasi mai è stato possibile ottenere un tavolo di trattativa dove le organizzazioni sindacali avrebbero potuto porre questa semplice domanda: all'interno del vostro ente, non ci sono dipendenti che hanno quelle professionalità che voi cercate fuori? Noi siamo convinti che nella stragrande maggioranza dei casi la risposta sarebbe stata positiva, ottenendo un risparmio e valorizzando le professionalità interne.
Nè peraltro è stato mai possibile in maniera trasparente e chiaro capire all'interno dei vari enti il numero delle consulenze attivate. Certo, non è mai troppo tardi, anche per avere le carte in regola di fronte ad un'azione del governo che nelle prossime settimane concentrerà la propria azione su tutta la spesa pubblica con esiti che potranno essere preoccupanti: questi sì, gravi per la coesione sociale e i diritti di cittadinanza. Ridurre le consulenze, che in alcuni casi appaiono davvero fantasiose, e magari promuovere opere di stabilizzazione di un precariato significativo che ancora investe la pubblica amministrazione nella nostra regione, a partire da quei lavoratori che assunti con la legge sul terremoto 1997 ancora oggi si trovano in situazione di precarietà, o garantire risorse utili per il mantenimento di servizi sociali quali per esempio i servizi educativi all'infanzia, questo significherebbe per i governanti delle pubbliche amministrazioni della nostra regione fare “quella buona politica” che i cittadini si aspettano.