Anche Carlo Calandri sarebbe ad un passo dall’uscire dalla Margherita, il partito ormai confluito nel PD. Non c’è ancora nessuna conferma ufficiale a questa notizia che, a cinque giorni dall’abbandono del presidente del consiglio comunale Giovanni Maria Castellana, rischia di mettere in ginocchio il secondo partito del centro sinistra cittadino. Calandri, raggiunto al telefono da TO®, non ha in alcun modo voluto commentare l’indiscrezione che avrebbe maturato in questi ultimi mesi. Nessun cambio di partito, comunque, tanto che il noto politico locale starebbe pensando di approdare sulle sponde del Gruppo Misto. In attesa delle prossime elezioni amministrative del 2009. Che il verace Calandri non fosse proprio in linea con la segreteria, non era una novità. Anche ieri sera, durante il direttivo, ci sarebbero stati dei momenti di tensione. Il vertice della Margherita si era riunito anche per discutere dell’abbandono di Vanni Castellana e sembra che non siano mancate le frecciatine a Calandri, ‘reo’ di aver partecipato alla conferenza stampa che lo Sdi aveva tenuto per ufficializzare il passaggio del presidente del consiglio comunale. Fra le più incisive la sempre verde Vilma Fiata, recentemente protagonista dell’affaire di ‘polentopoli’. Il direttivo di ieri avrebbe anche ipotizzato di richiedere a Castellana le immediate dimissioni dalla carica ricoperta in consiglio. Bisognerà ora vedere chi porterà avanti questa iniziativa. Ma torniamo al musicista Calandri che alla PFM potrebbe preferire oggi il PGM: il partito del gruppo misto che fino a pochi giorni fa vedeva la presenza anche di Lisci e Colangeli. Se il vitalissimo Carlo (secondo degli eletti alle ultime elezioni, dietro il vicesindaco Daniele Benedetti) dovesse confermare la sua scelta, la prima a farne le spese potrebbe essere la segretaria Margherita Lezi: due defezioni in appena cinque giorni sarebbero davvero troppe e molto, molto difficili da giustificare agli alleati della quercia. Che a breve, fra poco più di un'ora, dovrebbero incontrare per discutere delle 'finanze' del piddi. Un altro nodo difficile da sciogliere e sul quale trovare un accordo: a cominciare dalle indennità che politici e amministratori dovranno sborsare al nuovo partito; fin qui un po' più pesanti quelle dei diesse (30% dell'emolumento), un po' più leggere quelle dei margheritini (10%). E poi dove versare i soldi e, sopratutto, chi sarà il tesoriere. Ma questa è un'altra storia. Ora c'è il rischio che la maggioranza che si era stretta intorno a Brunini si stia sfaldando di ora in ora.
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